Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Stile di vita può rallentare la demenza frontotemporale, anche se di origine genetica

Uno stile di vita attivo fisicamente e mentalmente conferisce  resilienza alla demenza frontotemporale (FTD), anche nelle persone il cui profilo genetico rende praticamente inevitabile lo sviluppo finale della malattia, secondo una nuova ricerca condotta da scienziati della University of California di San Francisco.


La ricerca è coerente con scoperte precedenti che l'esercizio fisico e la forma cognitiva sono uno dei modi migliori per prevenire o rallentare il morbo di Alzheimer, ma è il primo studio a dimostrare che gli stessi tipi di comportamento possono dare benefici alle persone con FTD, che è causata da un forma diversa di degenerazione cerebrale.


La FTD è una malattia neurodegenerativa che può disturbare la personalità, il processo decisionale, il linguaggio o la capacità di movimento, e di solito inizia tra i 45 e 65 anni. È la forma più comune di demenza nelle persone sotto i 65 anni, costituendo il 5/15% dei casi complessivi di demenza, e in genere si traduce in un rapido declino cognitivo e fisico e nella morte in meno di 10 anni. Al momento non ci sono farmaci per trattare la FTD, anche se alla UCSF e altrove sono in corso numerosi studi clinici sulla malattia.


“La FTD è una malattia devastante senza buoni trattamenti medici, ma i nostri risultati suggeriscono che anche le persone con una predisposizione genetica alla FTD possono comunque intraprendere azioni per aumentare le loro possibilità di vivere una vita lunga e produttiva. Il loro destino può non essere scolpito sulla pietra“, ha detto Kaitlin Casaletto PhD, assistente professoressa di neurologia alla UCSF e autrice senior del nuovo studio, pubblicato oggi 8 Gennaio 2020 su Alzheimer's and Dementia.

 

"Se questo fosse un farmaco, lo daremmo a tutti i nostri pazienti"

Circa 40 persone su 100 con FTD hanno una storia familiare della malattia, e gli scienziati hanno identificato mutazioni genetiche dominanti specifiche che guidano lo sviluppo della malattia in circa la metà di questi casi. Ma anche in questi soggetti, la malattia può avere decorsi e gravità molto diversi.


“C'è un'incredibile variabilità nella FTD, anche tra le persone con le stesse mutazioni genetiche che guidano la loro malattia. Alcune persone sono semplicemente più resilienti di altre per ragioni che ancora non capiamo“, ha detto la Casaletto. “La nostra ipotesi era che le attività in cui le persone si impegnano ogni giorno della loro vita possono contribuire alle traiettorie molto diverse che vediamo in clinica, compreso quando si sviluppa la malattia e come progredisce”.


Per verificare questa ipotesi, la Casaletto e i colleghi hanno studiato come le differenze di stile di vita hanno influenzato la progressione della FTD in 105 persone con mutazioni genetiche dominanti causa della malattia, che erano per lo più asintomatiche o avevano solo sintomi lievi, iniziali. I partecipanti alla ricerca sono stati presi da due grandi studi multisito, chiamati ARTFL e LEFFTDS (recentemente combinati nello studio ALLFTD), guidati dai coautori Adam Boxer MD/PhD e Howie Rosen MD, anch'essi della UCSF.


Nell'ambito di questi studi più ampi, tutti i partecipanti sono stati sottoposti a scansioni MRI iniziali per misurare il grado di degenerazione cerebrale causata dalla malattia, a test di pensiero e di memoria, e hanno riferito sulle loro attuali livelli di attività cognitiva e fisica nella loro vita quotidiana (ad esempio, leggere, passare il tempo con gli amici, jogging). Allo stesso tempo, i loro familiari hanno fornito una valutazione periodica standard del modo in cui stavano funzionando i partecipanti allo studio nella loro vita: come gestivano le finanze, i farmaci, la propria igiene, e così via. Tutte queste misurazioni sono state ripetute durante le visite annuali successive per monitorare la progressione a lungo termine della malattia.


Anche dopo solo due o tre visite (da uno a due anni dall'inizio dello studio in corso), la Casaletto e il suo team hanno iniziato già a vedere differenze significative nella velocità e nella gravità della FTD tra gli individui più e meno attivi mentalmente e fisicamente nello studio: gli stili di vita mentalmente e fisicamente attivi avevano effetti simili tra tutti i partecipanti.


In particolare, i ricercatori hanno scoperto che il declino funzionale, valutato dai familiari dei partecipanti, era più lento del 55% nel 25% più attivo dei partecipanti, rispetto al 5% meno attivo. “È stato notevole vedere questo effetto così presto”, ha detto la Casaletto. “Se questo fosse un farmaco, lo daremmo a tutti i nostri pazienti”.


I ricercatori hanno scoperto che gli stili di vita dei partecipanti non hanno alterato significativamente la degenerazione inesorabile del tessuto cerebrale associata alla FTD, misurata con la risonanza magnetica dopo un anno di studio. Ma anche tra i partecipanti le cui scansioni ​del cervello hanno rivelato segni di atrofia, i partecipanti più attivi mentalmente e fisicamente hanno continuato a ottenere nei test cognitivi punteggi doppi rispetto a quelli meno attivi. Questi risultati suggeriscono che gli stili di vita attivi possono rallentare i sintomi della FTD, fornendo una qualche forma di resilienza cognitiva alle conseguenze della degenerazione cerebrale.

 

I risultati potrebbero spiegare la biologia della resilienza cerebrale tra le varie demenze

Come lo studio ALLFTD continua a seguire questi partecipanti nel corso del tempo, i ricercatori prevedono di vedere differenze ancora più grandi nel declino cognitivo tra i gruppi più o meno attivi. “Abbiamo visto tali effetti significativi solo nel primo anno o due, in pazienti con malattia molto lieve; se questi risultati persistono, possiamo vedere che uno stile di vita attivo mette gli individui su una traiettoria diversa per gli anni successivi”, ha detto la Casaletto.


Il prossimo passo per la ricerca è includere valutazioni più dettagliate e obiettive dell'attività fisica e mentale dei partecipanti - come dotarli di sensori di attività Fitbit indossabili - per cominciare a stimare esattamente quanta attività è necessaria per promuovere la capacità di recupero cognitivo.


La Casaletto avverte che i risultati, anche se entusiasmanti, finora segnalano solo una correlazione: “È possibile che alcuni partecipanti abbiano stili di vita meno attivi perché hanno una forma più grave o aggressiva di FTD, che ha già un impatto sulla loro capacità di essere attivi. Per dimostrare che i cambiamenti dello stile di vita possono alterare il decorso della malattia sono necessari studi clinici che manipolano i livelli di attività cognitiva e fisica nelle persone con mutazioni FTD”.


Con questo avvertimento in mente, la Casaletto spera che i risultati non solo incoraggino i team di assistenza e gli individui con storie familiari di FTD ad adottare cambiamenti dello stile di vita che potrebbero dare anni più produttivi alla vita, ma anche che lo studio in corso porti ad una migliore comprensione biologica dei fattori che guidano la resilienza nella FTD.


“Possiamo vedere che le differenze di stile di vita hanno un impatto sulla resilienza delle persone alla FTD, nonostante la genetica molto penetrante, così ora possiamo iniziare a fare domande più fondamentali, tipo come questi comportamenti influenzano realmente la biologia del cervello per conferire quella resilienza”, ha detto la Casaletto. “Quell'effetto biologico è qualcosa che potremmo replicare farmacologicamente per aiutare a rallentare la progressione di questa malattia terribile per chiunque?”

 

 

 


Fonte: Nicholas Weiler in University of California San Francisco (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Kaitlin Casaletto, Adam Staffaroni, Amy Wolf, Fanny Elahi, Jamie Fong, Hilary Heuer, John Kornak, Joel Kramer, Bruce Miller, ..., Adam Boxer, Howie Rosen, Kristine Yaffe, Active lifestyles moderate clinical outcomes in autosomal dominant frontotemporal degeneration. Alzheimer's & Dementia, 8 Jan 2020, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

I possibili collegamenti tra sonno e demenza evidenziati dagli studi

24.11.2017 | Ricerche

Caro Dottore: leggo che non dormire abbastanza può aumentare il rischio di Alzheimer. Ho avuto pr...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Il Protocollo Bredesen: si può invertire la perdita di memoria dell'Alzhe…

16.06.2016 | Annunci & info

I risultati della risonanza magnetica quantitativa e i test neuropsicologici hanno dimostrato dei...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Dott. Perlmutter: Sì, l'Alzheimer può essere invertito!

6.12.2018 | Ricerche

Sono spesso citato affermare che non esiste un approccio farmaceutico che abbia un'effic...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Scoperto nuovo colpevole del declino cognitivo nell'Alzheimer

7.02.2019 | Ricerche

È noto da tempo che i pazienti con morbo di Alzheimer (MA) hanno anomalie nella vasta re...

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Studio cinese: 'Metti spezie nel tuo cibo per tenere a bada l'Alzhei…

13.01.2022 | Ricerche

Proprio come 'una mela al giorno toglie il medico di torno', sono ben noti i benefici di...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

Alzheimer e le sue proteine: bisogna essere in due per ballare il tango

21.04.2016 | Ricerche

Per anni, i neuroscienziati si sono chiesti come fanno le due proteine ​​anomale amiloid...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

Nuovo sensore nel cervello offre risposte all'Alzheimer

12.03.2021 | Ricerche

Scienziati della Università della Virginia (UVA) hanno sviluppato uno strumento per moni...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)