Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Si può rilevare prima l'Alzheimer ... con i Greebles?

Si può rilevare prima l'Alzheimer ... con i Greebles?Quale Greeble è diverso? (Fonte: Michael J. Tarr / Carnegie Mellon University)

Dei caratteri grafici unici chiamati 'Greebles' possono rivelarsi preziosi strumenti nel rilevare i segni di Alzheimer decenni prima che diventino evidenti i sintomi.


In un articolo pubblicato online la scorsa settimana sul Journal of Alzheimer's Disease, Emily Mason PhD, post-dottorato associata al Dipartimento di Neurochirurgia dell'Università di Louisville, ha riferito di una ricerca che dimostra che le persone cognitivamente normali, che hanno una predisposizione genetica per l'Alzheimer (AD), hanno più difficoltà a distinguere tra le nuove figure chiamate 'Greebles', rispetto agli individui senza predisposizione genetica.


L'AD è una malattia neurodegenerativa progressiva irreversibile caratterizzata da declino delle memoria, della cognizione e del comportamento. L'AD è la forma più diffusa di demenza, colpisce circa 5,5 milioni di persone negli Stati Uniti e rappresenta dal 60 all'80 per cento dei casi di demenza. La capacità di rilevare precocemente la malattia può consentire ai ricercatori di sviluppare terapie per combatterla.


"In questo momento, quando possiamo diagnosticare la malattia è molto difficile ripristinare le funzioni perché c'è già molto danno nel cervello", ha detto la Mason. "Dobbiamo essere in grado di vedere molto presto i cambiamenti davvero sottili che sono in atto nel cervello. Un modo per farlo è con i test cognitivi diretti a una specifica area del cervello".


L'AD è caratterizzato dalla presenza di placche di amiloide-beta e grovigli neurofibrillari tau nel cervello. Si può prevedere che i grovigli tau si sviluppano prima nella corteccia peririnale e entorinale del cervello, le aree che hanno un ruolo nel riconoscimento visivo e nella memoria. La Mason e i suoi colleghi hanno sviluppato test cognitivi destinati a rilevare carenze sottili in queste funzioni cognitive. Speravano di capire se i cambiamenti in queste funzioni possono indicare la presenza di grovigli tau prima che fossero rilevati mediante scansioni o test cognitivi generali.


Lavorando nella sua posizione precedente alla Vanderbilt University, la Mason ha individuato soggetti per il test da 40 a 60 anni di età, considerati a rischio di AD avendo almeno un genitore biologico con la malattia. Ha testato anche un gruppo di controllo di coetanei con una storia familiare immediata senza AD.


I soggetti hanno completato una serie di attività tipo "trova l'intruso", per cui vedevano gruppi di quattro immagini raffiguranti oggetti del mondo reale, volti umani, scene e Greebles in cui una sola delle immagini era leggermente diversa dalle altre tre, che i soggetti dovevano identificare.


I gruppi a rischio e di controllo hanno ottenuto risultati simili per gli oggetti, i volti e le scene. Per i Greebles, tuttavia, il gruppo a rischio ha avuto punteggi più bassi nell'identificare le differenze tra le immagini: l'hanno fatto correttamente nel 78% dei casi, contro l'87% del gruppo di controllo.


"La maggior parte delle persone non ha mai visto un Greeble, e i Greebles sono molto simili, per cui sono gli oggetti di gran lunga più difficili da differenziare", ha detto la Mason. "Quello che abbiamo scoperto è che con questa attività si può trovare una differenza significativa tra il gruppo a rischio e il gruppo di controllo. Entrambi i gruppi sono andati meglio con la pratica, ma il gruppo a rischio è rimasto indietro rispetto al gruppo di controllo in tutto il processo".


La Mason vorrebbe vedere ulteriori ricerche per determinare se gli individui che sono andati male sul test svilupperanno veramente l'AD in futuro. "La cosa migliore è somministrare questo test tra i 40 e i 50 anni di età, e monitorarli nei successivi 10/20 anni per vedere chi alla fine sviluppa la malattia e chi no".


Negli ultimi anni, molta ricerca si è concentrata sull'identificazione di biomarcatori precoci dell'Alzheimer. Tuttavia, non tutti coloro che hanno un biomarcatore individuale alla fine sviluppano la malattia. Brandon Ally PhD, assistente professore di chirurgia neurologica alla UofL e autore senior della pubblicazione, ha detto che i test con i Greebles sono un modo economicamente efficace per identificare individui che possono essere nelle prime fasi dell'AD, e uno strumento per seguirli nel tempo.


"Non stiamo proponendo che l'identificazione di oggetti innovativi, come i Greebles, sia un marcatore definitivo della malattia, ma abbinata ad alcuni dei nuovi biomarcatori e a una solida storia clinica, può migliorare il nostro acume diagnostico nei soggetti ad alto rischio iniziale", ha dichiarato Ally. "Con la futura disponibilità di metodi di prevenzione, vaccini o farmaci modificanti la malattia, i marcatori come la rivelazione di nuovi oggetti possono aiutare a identificare i candidati ad alta priorità".


Robert P. Friedland MD, professore e docente di Neurologia alla UofL, sta studiando da 35 anni i problemi clinici e biologici dell'Alzheimer e dei disturbi collegati. Egli ritiene che la diagnosi precoce aumenterà la capacità dei pazienti e dei medici di impiegare interventi di stile di vita e terapeutici.


"Questo lavoro mostra che gli effetti dell'Alzheimer sulla cognizione possono essere misurati decenni prima della comparsa della demenza", ha detto Friedland. "Il fatto che la malattia richieda così tanto tempo per svilupparsi ci fornisce l'opportunità di rallentare la sua progressione attraverso l'attenzione ai tanti fattori che sono collegati alla malattia, come ad esempio vita sedentaria, dieta ricca di grassi, obesità, trauma cranico, fumo, e la mancanza di impegno mentale e sociale".

 

 

 


Fonte: University of Louisville via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Emily J. Mason, Erin P. Hussey, Robert J. Molitor, Philip C. Ko, Manus J. Donahue, Brandon A. Ally. Family History of Alzheimer’s Disease is Associated with Impaired Perceptual Discrimination of Novel Objects. Journal of Alzheimer's Disease, Volume 57, Number 3, IN PRESS.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Il ciclo dell'urea astrocitica nel cervello controlla la lesione della me…

30.06.2022 | Ricerche

Nuove scoperte rivelano che il ciclo dell'urea negli astrociti lega l'accumulo di amiloide-beta e la...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

3 modi per trasformare l'auto-critica in auto-compassione

14.08.2018 | Esperienze & Opinioni

Hai mai sentito una vocina parlare nella tua testa, riempiendoti di insicurezza? Forse l...

Accumulo di proteine sulle gocce di grasso implicato nell'Alzheimer ad es…

21.02.2024 | Ricerche

In uno studio durato 5 anni, Sarah Cohen PhD, biologa cellulare della UNC e Ian Windham della Rockef...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

Il gas da uova marce potrebbe proteggere dall'Alzheimer

15.01.2021 | Ricerche

La reputazione dell'[[acido solfidrico]] (o idrogeno solforato), di solito considerato v...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

Gas xeno potrebbe proteggere dall'Alzheimer, almeno nei topi; previsti te…

30.01.2025 | Ricerche

Molti dei trattamenti perseguiti oggi per proteggere dal morbo di Alzheimer (MA) sono co...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Acetil-L-carnitina può aiutare la memoria, anche insieme a Vinpocetina e Huper…

27.03.2020 | Esperienze & Opinioni

Demenza grave, neuropatie (nervi dolorosi), disturbi dell'umore, deficit di attenzione e...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.