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Grande studio collega la solitudine a un rischio di demenza più alto del 31%

man alone towards the mist pexels reneterp 25763Photo by Rene Terp via pexels.com

Una nuova ricerca guidata dalla Florida State University di Tallahassee ha quantificato l'associazione tra solitudine e demenza, analizzando i dati di oltre 600.000 persone di tutto il mondo, il più grande studio del suo genere. La meta-analisi di 21 studi longitudinali, pubblicata su Nature Mental Health, ha dimostrato che provare sentimenti di solitudine aumenta del 31% il rischio di sviluppare la demenza.


"Questi risultati non sono sorprendenti, date le crescenti evidenze che collegano la solitudine alla cattiva salute", ha affermato la prof.ssa Martina Luchetti, che ha guidato lo studio. “La demenza è uno spettro, con cambiamenti neuropatologici che iniziano decenni prima dell'insorgenza clinica. È importante continuare a studiare il legame della solitudine con diversi esiti cognitivi o sintomi in questo spettro. La solitudine - l'insoddisfazione per le relazioni sociali - può influire sulla funzione cognitiva e nella vita quotidiana".


L'analisi ha rivelato che la solitudine è un importante fattore di rischio per la compromissione cognitiva, indipendentemente dall'età o dal sesso e l'ha collegata a cause specifiche di demenza, come il morbo di Alzheimer (MA) e il deterioramento cognitivo che può apparire prima di una diagnosi.


Il lavoro del team è stato stimolato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità e dal chirurgo generale degli Stati Uniti, che ha dichiarato la solitudine una crisi di salute pubblica sulla scia della pandemia di Covid-19 e delle restrizioni sociali ad esso associate: "C'è stato molto interesse per le conseguenze della solitudine sulla salute", ha detto la Luchetti. "È importante capire perché e in quali circostanze aumenta il rischio di demenza in tarda età".


Sebbene i dati per lo studio includessero soggetti di tutto il mondo, la maggior parte proviene da persone delle culture dell'emisfero occidentale più ricche. La ricerca futura dovrebbe incorporare più dati da altri paesi, ha affermato la Luchetti: "Sappiamo che ci sono casi crescenti di demenza nei paesi a basso reddito. Gli studi futuri devono raccogliere più dati da quei paesi per valutare quali sono gli effetti della solitudine in diversi contesti nazionali e culturali".


I risultati della meta-analisi forniscono informazioni che possono guidare i futuri sforzi di prevenzione e intervento: "Ora che esistono prove solide di un'associazione, è fondamentale identificare le fonti di solitudine per prevenire o gestire la solitudine e sostenere il benessere e la salute cognitiva degli adulti che invecchiano", ha concluso la Luchetti.

 

 

 


Fonte: Bob Thomas in Florida State University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: M Luchetti, [+6], AR Sutin. A meta-analysis of loneliness and risk of dementia using longitudinal data from >600,000 individuals. Nature Mental Health, 2024, DOI

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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