Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Featured

Ricercatori del MIT recuperano con la luce i ricordi 'persi'

I ricordi che sono stati "persi" a causa di un'amnesia possono essere richiamati attivando le cellule cerebrali con la luce.


In un articolo pubblicato sulla rivista Science, i ricercatori del MIT rivelano che sono stati in grado di riattivare ricordi che non avrebbero potuto altrimenti essere recuperati, con una tecnologia chiamata «optogenetica».


La scoperta risponde a una domanda ferocemente dibattuta nelle neuroscienze circa la natura dell'amnesia, secondo Susumu Tonegawa, professore del Dipartimento di Biologia del MIT e direttore del RIKEN-MIT Center del Picower Institute for Learning and Memory, che ha diretto la ricerca dei primi autori Tomas Ryan, Dheeraj Roy e Michelle Pignatelli.


I ricercatori di neuroscienze stanno dibattendo da molti anni se l'amnesia retrograda - derivante da infortuni traumatici, stress o malattie come l'Alzheimer - è causata da danni a specifiche cellule cerebrali (implicando che il ricordo non può essere memorizzato), o se è in qualche modo bloccato l'accesso a quel ricordo, impedendone il richiamo. "La maggior parte dei ricercatori sono per la teoria del [mancato] immagazzinamento, ma abbiamo dimostrato in questo lavoro che questa teoria maggioritaria probabilmente è sbagliata", spiega Tonegawa. "L'amnesia è un problema di deterioramento del recupero".


I ricercatori della memoria hanno già ipotizzato che da qualche parte nella rete del cervello ci sia una popolazione di neuroni che sono attivati ​​durante il processo di acquisizione di un ricordo, provocando cambiamenti fisici o chimici duraturi.


Se questi gruppi di neuroni sono riattivati in seguito da un innesco, come una particolare immagine o odore per esempio, viene richiamato l'intero ricordo. Questi neuroni sono conosciute come «cellule engram della memoria».

 

Fare luce

Nel 2012 il gruppo di Tonegawa ha usato l'optogenetica (aggiunta di proteine ​ai neuroni per consentire loro di essere attivati dalla luce) dimostrando per la prima volta che una tale popolazione di neuroni esiste realmente in un'area del cervello chiamata ippocampo.


Tuttavia, finora nessuno è riuscito a dimostrare che questi gruppi di neuroni subiscono cambiamenti chimici duraturi, il processo chiamato «consolidamento della memoria». Uno di questi cambiamenti, noto come «potenziamento a lungo termine» (LTP), coinvolge il rafforzamento delle sinapsi, le strutture che permettono a gruppi di neuroni di inviare segnali l'uno con l'altro, come risultato di apprendimento e di esperienza.


Per scoprire se questi cambiamenti chimici avvengono effettivamente, i ricercatori sono partiti identificando un gruppo di cellule engram nell'ippocampo che, quando è attivato con strumenti optogenetici, riescono ad esprimere un ricordo. Quando hanno poi registrato l'attività di questo particolare gruppo di cellule, hanno scoperto che le sinapsi che le collegano erano state rafforzate. "Siamo riusciti a dimostrare per la prima volta che queste cellule specifiche - un piccolo gruppo di cellule nell'ippocampo - avevano subito questo aumento della forza sinaptica", spiega Tonegawa.


I ricercatori hanno poi cercato di scoprire cosa accade ai ricordi senza questo processo di consolidamento: somministrando il composto anisomicina, che blocca la sintesi proteica all'interno dei neuroni, subito dopo che i topi avevano formato un nuovo ricordo, i ricercatori hanno potuto impedire alle sinapsi di rafforzarsi. Quando il giorno sopo hanno cercato di riattivare il ricordo con uno scatenante emotivo, non ne hanno trovato più alcuna traccia. "Perciò, anche se le cellule engram ci sono, senza sintesi proteica quelle sinapsi cellulari non sono rinforzate, e il ricordo si perde", spiega Tonegawa.


Ma è sorprendente che, quando i ricercatori hanno poi riattivato le cellule engram con sintesi proteica bloccata (usando strumenti optogenetici), hanno scoperto che i topi esibivano in pieno tutti i segni del richiamo del ricordo. "Se si prova a richiamare la memoria con inneschi di richiamo naturali in un animale trattato con anisomicina, diventerà amnesico, non si può indurre il richiamo del ricordo", spiega Tonegawa. "Ma se si va direttamente alle cellule putative di supporto engram e si attivano con la luce, è possibile ripristinare il ricordo, nonostante il fatto che non c'è stato alcun LTP".

 

"Ricerca innovativa"

Ulteriori studi svolti dal gruppo di Tonegawa hanno dimostrato che i ricordi non sono memorizzati nelle sinapsi rinforzate per sintesi proteica in cellule engram singole, ma in un circuito, o «percorso» di più gruppi di cellule engram e dalle connessioni tra di loro.


"Stiamo proponendo un nuovo concetto, in cui c'è un percorso di insieme di cellule engram, o circuito, per ogni ricordo", dice. "Questo circuito comprende diverse aree cerebrali e le formazioni cellulari engram in queste aree sono collegate specificamente a un particolare ricordo".


La ricerca dissocia i meccanismi usati nell'immagazzinamento della memoria da quelli del recupero della memoria, secondo Ryan. "Il rafforzamento delle sinapsi engram è cruciale per la capacità del cervello di accedere o recuperare i ricordi specifici, mentre i percorsi di connettività tra le cellule engram permettono la codifica e la memorizzazione delle informazioni della memoria stessa", dice.


I cambiamenti nella forza sinaptica e delle proprietà delle spine dendritiche sono stati a lungo associati con l'apprendimento e la memoria, secondo Alcino Silva, direttore del Centro Integrativo per l'apprendimento e la memoria dell'Università della California di Los Angeles. "Questo documento innovativo suggerisce che questi cambiamenti potrebbero non essere così critici per la memoria come si pensava, dato che, a determinate condizioni, sembra che sia possibile interrompere questi cambiamenti e conservare comunque la memoria", dice. "Invece, sembra che questi cambiamenti siano necessari per il recupero della memoria, un processo misterioso che ha finora eluso i neuroscienziati".

 

 

 

 

 


Fonte: Helen Knight in  Massachusetts Institute of Technology (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Tomás J. Ryan, Dheeraj S. Roy, Michele Pignatelli, Autumn Arons, and Susumu Tonegawa. Engram cells retain memory under retrograde amnesia. Science, 29 May 2015: 1007-1013 DOI: 10.1126/science.aaa5542

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Ritmi cerebrali non sincronizzati nel sonno fanno dimenticare gli anziani

18.12.2017 | Ricerche

Come l'oscillazione della racchetta da tennis durante il lancio della palla per servire un ace, l...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

La consapevolezza di perdere la memoria può svanire 2-3 anni prima della compa…

27.08.2015 | Ricerche

Le persone che svilupperanno una demenza possono cominciare a perdere la consapevolezza dei propr...

Il girovita può predire il rischio di demenza?

6.11.2019 | Ricerche

Il primo studio di coorte su larga scala di questo tipo ha esaminato il legame tra il girovita in...

Svolta per l'Alzheimer? Confermato collegamento genetico con i disturbi i…

26.07.2022 | Ricerche

Uno studio eseguito in Australia alla Edith Cowan University (ECU) ha confermato il legame tra Alzhe...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Identificazione dei primi segnali dell'Alzheimer

7.03.2022 | Ricerche

Un team multidisciplinare di ricerca, composto da ricercatori del progetto ARAMIS, dell...

Aumentano le evidenze di origini alternative delle placche di Alzheimer

13.06.2022 | Ricerche

I risultati di uno studio potrebbero spiegare perché i farmaci progettati per rimuovere i depositi d...

Invertita per la prima volta la perdita di memoria associata all'Alzheime…

1.10.2014 | Ricerche

La paziente uno aveva avuto due anni di perdita progressiva di memoria...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

L'Alzheimer è composto da quattro sottotipi distinti

4.05.2021 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato dall'accumulo anomale e dalla diffusione del...

A 18 come a 80 anni, lo stile di vita è più importante dell'età per il ri…

22.07.2022 | Ricerche

Gli individui senza fattori di rischio per la demenza, come fumo, diabete o perdita dell...

Paesi asiatici assistono gli anziani in modo diverso: ecco cosa possiamo impar…

28.10.2020 | Esperienze & Opinioni

A differenza dei paesi occidentali, le culture tradizionali asiatiche mettono un forte a...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Scoperto il punto esatto del cervello dove nasce l'Alzheimer: non è l…

17.02.2016 | Ricerche

Una regione cruciale ma vulnerabile del cervello sembra essere il primo posto colpito da...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.