Negli ultimi dieci anni gli scienziati hanno lanciato numerosi studi clinici su larga scala per quelli che erano considerati promettenti nuovi farmaci per curare l'Alzheimer. Ma a tutt'oggi ancora non c'è nulla sul mercato che interrompa o addirittura rallenti la progressione dell'Alzheimer nei pazienti.
Alcuni di questi studi sono stati interrotti precocemente a causa delle morti dei pazienti o di pericolosi effetti collaterali. Altri studi hanno fallito perché i farmaci sono stati considerati del tutto inefficaci.
La maggior parte degli studi si focalizzava sulle terapie che riducono l'amiloide nel cervello, una proteina che si accumula nel cervello dei malati di Alzheimer e provoca danni al cervello.
'Mi rendo conto di essere una cavia'
Devora Corman è una paziente di Alzheimer di 77 anni che sta attualmente testando un farmaco anti-amiloide. Non è passato molto tempo, dopo avere avuto la diagnosi, che Corman, pittrice, ha smesso di praticare la sua arte. "Mi manca la mia pittura", dice. "Ma io rimanevo frustrata così mi sono fermata". Il primo test sperimentale su cui si era impegnata la stava aiutando, secondo la figlia, Julie Corman. "Mi ricordo che, quando prendeva quel farmaco, mi diceva che avrebbe avuto giorni meno nuvolosi", dice.
Nuovi test diagnostici stanno rivoluzionando la ricerca di Alzheimer. Test di laboratorio possono ora determinare se le persone che non hanno sintomi del tutto possono sviluppare la malattia più avanti. Ma la Corman ha smesso di prendere quel farmaco, perché diverse persone nello studio sono morte. Comunque ciò non l'ha scoraggiata dall'iscriversi in un altro studio sperimentale, ed è ora iscritta in un altro studio di un farmaco anti-amiloide.
"Mi rendo conto che di essere una cavia, ma penso che sia una buona cosa", dice. "Mi aiuta e aiuta il resto del mondo". In molti modi, Corman - una donna anziana con l'Alzheimer - è un soggetto tipico da studio. Ma questo potrebbe cambiare.
Verso 'Studi di Prevenzione'
Molti scienziati ritengono che una delle ragioni per cui le precedenti sperimentazioni dei farmaci sono stati inefficaci è perché i pazienti esaminati avevano già troppi danni al cervello per averne un beneficio. "Nel momento in cui le persone hanno demenza da lieve a moderata hanno perso il 50 o il 70 percento delle cellule nervose chiave nel cervello, critiche per la memoria", dice la Dssa Reisa Sperling, direttrice del Centro per la Ricerca ed il trattamento dell'Alzheimer all'ospedale Brigham and Women's di Boston.
"Quindi, anche se siamo in grado di risucchiare con successo tutto l'amiloide dal cervello è improbabile che possiamo far ricrescere le cellule nervose e le connessioni per farle diventare ciò che erano cinque o 20 anni prima", dice. Gli scienziati una volta credevano che una diagnosi di Alzheimer fosse fatta quando un paziente aveva i sintomi. Ora si pensa che, come il cancro e le malattie cardiache, l'Alzheimer si sviluppi decenni prima che una persona sperimenti la perdita di memoria o altri problemi.
Le nuove linee guida nazionali (PDF), introdotte la scorsa estate, sottolineano la diagnosi e il trattamento precoce dell'Alzheimer. Con questo in mente, gli scienziati stanno reclutando pazienti che non mostrano ancora i segni della malattia, ma hanno segni di amiloide nel cervello. E nuovi test diagnostici stanno rivoluzionando la ricerca di Alzheimer. Test di laboratorio possono ora determinare se le persone che non hanno sintomi del tutto possono sviluppare la malattia in seguito. [...]
Altre ricerche
Un'altra nuova frontiera è la ricerca sulla tau, un'altra proteina che si accumula nel cervello delle persone affette da Alzheimer e che può aiutare l'amiloide a causare maggiore distruzione, secondo Selkoe. "La tau è molto importante perchè l'amiloide faccia il suo sporco lavoro: se la tau si abbassa o viene rimosso in qualche modo non c'è più danno dal beta amiloide", dice. Finora gli studi sulla tau sono stati piuttosto preliminari, ma Selkoe crede che le sperimentazioni umane cominceranno presto.
Molti scienziati stanno anche studiando il ruolo dell'infiammazione nell'Alzheimer e se il diabete e il colesterolo sono fattori di rischio per la malattia.
Altri ricercatori stanno studiando quali geni possono causare sintomi nei malati di Alzheimer e come capire questi geni può portare a nuovi trattamenti.
Il dottor Li-Huei Tsai, direttore del MIT Picower Institute for Memory and Learning, studia i topi con sintomi dell'Alzheimer. Tsai dice che ha messo a punto un composto che può ripristinare la capacità dei topi di ricordare. "Questa sostanza chimica può in qualche modo migliorare l'espressione di tutti i geni necessari per l'apprendimento e la memoria", dice. Il prossimo passo è la sperimentazione umana, che Tsai spera di iniziare nel corso dei prossimi anni.
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce?
Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
Pubblicato in Wbur.org il 18 ottobre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti: |