La ricercatrice norvegese Gro Amdam è riuscita a invertire il processo di invecchiamento nel cervello di api, una scoperta che lei ritiene possa portare una speranza alle persone con demenza.
"Nessuno crede veramente che esista la fontana della giovinezza", dice il professor Amdam. "Noi accettiamo il fatto che, invecchiando, la nostra salute e l'acutezza mentale diminuiscono. Ma i risultati più recenti indicano che l'invecchiamento non deve essere sinonimo di declino".
I soggetti di ricerca della professoressa Amdam sono le api, che hanno un cervello che funziona con cellule sorprendentemente simili alle nostre, come lei spiega. Così, scoprire i segreti dietro al funzionamento del cervello dell'ape, ci dà una conoscenza da applicare anche agli esseri umani.
Nuovi compiti con effetto positivo
Oltre alla cattedra dell'Arizona State University negli Stati Uniti, il professor Amdam fa anche ricerca part-time presso l'Università Norvegese di Scienze della Vita di Ås in Norvegia. Fino al 2010 la sua ricerca sulle funzioni cerebrali delle api è stata in parte finanziata da una sovvenzione nell'ambito del Programma nazionale per la ricerca in Genomica Funzionale del Consiglio di Ricerca in Norvegia (FUGE).
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Insieme al suo gruppo di ricerca, il professor Amdam ha studiato le prestazioni delle api più anziane nell'apprendimento e nei test di memoria. Le sue api sono state sottoposte a un di test di apprendimento in laboratorio, in cui a loro è stato chiesto di combinare una impressione (un profumo) con un premio e poi ricordare quella relazione in seguito.
I risultati indicano che le api che imparano bene capiscono il rapporto immediatamente, proprio come i bambini imparano a comportarsi bene quando ricevono la promessa di una torta al cioccolato come ricompensa. Mentre le api anziane eseguono il collegamento meno velocemente rispetto a quelle più giovani, le api con sintomi simili alla demenza non capiscono mai il rapporto o lo dimenticano subito. "Questi problemi nelle api sono simili a ciò che vediamo nelle persone anziane: sia in termini di memoria a breve termine che di declino nella capacità di imparare", riassume il professore.
Cambiando l'ordine sociale della comunità delle api, però, i ricercatori si sono trovati risultati che stanno generando mormorio nel mondo della ricerca. La divisione del lavoro tra le api di solito è tale per cui le api anziane raccolgono cibo al di fuori dell'alveare, mentre le più giovani tendono alla larva. Quando le api più anziane sono state messe a fare i compiti delle api più giovani, la metà di loro ha migliorato la capacità di apprendimento e memoria.
Proteine per cervelli flessibili
"La ricerca sugli anziani mostra che la stimolazione sociale può avere effetti positivi sulla salute e sul funzionamento del cervello," dice il professor Amdam. "Anche le api sembrano riflettere alcuni di questi concetti". Le proteine del cervello potrebbero avere un ruolo chiave. Quando i ricercatori hanno analizzato il cervello delle api che erano migliorate rispetto a quelle che non lo erano, sono state trovate grandi differenze nei livelli di otto proteine coinvolte nella crescita, riparazione e mantenimento delle cellule cerebrali. Molte di queste proteine si trovano anche negli esseri umani. Nelle api il cui apprendimento era migliorato, i livelli di due di queste proteine erano due volte più elevati che nella altre api. Il cervello delle api con questi alti livelli di proteine sembra semplicemente biù bravo a riparare i danni e assicurare che i processi funzionino come si deve. "Questa è la prova di una certa flessibilità nel cervello delle api, e non è escluso che i cervelli di altri animali e degli esseri umani possano avere un potenziale simile. Se è così, il punto è capire come attingere a questa flessibilità. Un altro approccio potrebbe essere quello di cercare di capire come le proteine in questione lavorano nell'ape, e quindi creare le sostanze che scatenano effetti simili".
Collaborazione con gli esperti di proteine
Ora il professor Amdam sta pianificando come portare questi risultati a un punto ulteriore. "Ho bisogno della collaborazione di altri ricercatori per capire il modo migliore per continuare da questo punto in poi. Una nuova ricerca sicuramente coinvolgerà nuovi soci, compresi esperti di proteine del tipo che abbiamo scoperto. Sarà emozionante portare i nostri 10 anni di ricerca di base al livello successivo e vedere dove ci dirigono".
Fonte: Research Council of Norway, AlphaGalileo Foundation.
Pubblicato su Medical News Today il 22 Mar 2011 Traduzione di Franco Pellizzari.
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