Neuroscienziati del MIT hanno dimostrato che un enzima sovrapprodotto nel cervello dei malati di Alzheimer crea un blocco che spegne i geni necessari per formare nuovi ricordi.
Inoltre, inibendo questo enzima nei topi, i ricercatori sono stati in grado di invertire i sintomi di Alzheimer.
La scoperta suggerisce che farmaci che puntano l'enzima, noto come HDAC2, potrebbero essere un nuovo e promettente approccio al trattamento della malattia, che colpisce 5,4 milioni di americani. Il numero di vittime di Alzheimer in tutto il mondo è destinato a raddoppiare ogni 20 anni, e il presidente Barack Obama ha recentemente fissato come obiettivo la data del 2025 per trovare un trattamento efficace.
Li-Huei Tsai, capo del team di ricerca (foto), dice che gli inibitori HDAC2 potrebbero contribuire a raggiungere questo obiettivo, anche se probabilmente ci vorranno almeno 10 anni per sviluppare e testare questi farmaci. "Vorrei sostenere davvero con forza un programma attivo per lo sviluppo di agenti che possono contenere l'attività del HDAC2", spiega Tsai, direttore del Picower Institute for Learning and Memory del MIT. "La malattia è così devastante e colpisce tante persone, quindi vorrei incoraggiare più persone a riflettere su questo".
La Tsai e i suoi colleghi riportano i risultati nell'edizione on line del 29 febbraio di Nature. Autore principale del documento è Johannes Graff, postdottorato dell'Istituto Picower.
Modifica del genoma
Le istone deacetilasi (HDAC) sono una famiglia di 11 enzimi che controllano la regolazione genica modificando gli istoni, proteine intorno al quale si avvolge il DNA, formando una struttura chiamata cromatina. Quando gli HDACs modificano un'istone attraverso un processo chiamato deacetilazione, la cromatina si impacchetta più strettamente, riducendo ai geni in quella regione la probabilità di espressione. Gli inibitori HDAC sono in grado di invertire questo effetto, aprendo il DNA e permettendogli di essere trascritto.
In studi precedenti, la Tsai aveva dimostrato che l'HDAC2 è un regolatore fondamentale dell'apprendimento e della memoria. Nel nuovo studio, il suo team ha scoperto che l'inibizione dell'HDAC2 può invertire i sintomi dell'Alzheimer nei topi. I ricercatori hanno scoperto che nei topi con sintomi di Alzheimer, l'HDAC2 (ma non altri HDAC) sono troppo abbondanti nell'ippocampo, dove si formano i nuovi ricordi. L'HDAC2 di solito si trova in generale aggrappato ai geni implicati nella plasticità sinaptica - la capacità del cervello di rafforzare e indebolire le connessioni tra i neuroni in risposta a nuove informazioni, che è fondamentale per la formazione dei ricordi.
In un modello di topo di Alzheimer (destra), i livelli di HDAC2 nell'ippocampo sono più alti di quelli dell'ippocampo di un topo normale (sinistra). |
Nei topi malati, quei geni avevano anche livelli molto più bassi di acetilazione e di espressione. "Non sono solo uno o due geni, è un gruppo di geni che lavorano di concerto per controllare le diverse fasi della formazione della memoria", ha detto la Tsai. "Con un tale blocco, il cervello perde davvero la capacità di rispondere velocemente agli stimoli. Si può immaginare che questo crea un problema enorme in termini di funzioni di apprendimento e di memoria, e forse di altre funzioni cognitive".
I ricercatori hanno poi spento l'HDAC2 nell'ippocampo di topi con sintomi di Alzheimer, utilizzando una molecola chiamata RNA a forcina corta (short hairpin), che può essere progettata per legarsi al RNA messaggero - la molecola che trasporta istruzioni genetiche dal DNA al resto della cellula. Con una ridotta attività dell'HDAC2, è ripresa l'acetilazione degli istoni, consentendo l'espressione ai geni necessari per la plasticità sinaptica e agli altri processi di apprendimento e di memoria. Nei topi trattati, la densità sinaptica è notevolmente aumentata e i topi hanno ripreso la normale funzione cognitiva. "Questo risultato sostiene proprio il concetto della grande utilità di un agente che può deregolare selettivamente l'HDAC2", ha detto la Tsai.
I ricercatori hanno anche analizzato post-mortem il cervellodi di pazienti affetti da Alzheimer e hanno scoperto livelli elevati di HDAC2 nell'ippocampo e nella corteccia entorinale, che svolgono un ruolo importante nella memoria di archiviazione. "La cosa veramente importante è che [Tsai] ha identificato quale HDAC è coinvolto, così come ha delineato il percorso che porta ai problemi di memoria. E' uno studio molto completo e ben eseguito", dice Brett Langley, direttore di epigenetica neuronale al Burke Rehabilitation Center e professore Associato di Neurologia alla Weill Cornell Medical School, che non è coinvolto in questa ricerca.
Invertire il blocco
"I risultati possono spiegare perché i farmaci che eliminano le proteine beta-amiloide dal cervello di pazienti affetti da Alzheimer hanno offerto solo miglioramenti modesti, se ce n'erano, negli studi clinici", ha detto la Tsai. Sappiamo che le proteine beta-amiloidi si raggruppano nel cervello dei malati di Alzheimer, interferendo con un tipo di recettore della cellula necessario per la plasticità sinaptica. Il nuovo studio mostra che il beta amiloide stimola anche la produzione di HDAC2, iniziando probabilmente il blocco dei geni dell'apprendimento e della memoria. "Pensiamo che una volta che avviene questo blocco epigenetico dell'espressione genica, l'eliminazione di beta amiloide può non essere sufficiente a ripristinare la configurazione attiva della cromatina", ha detto la Tsai.
Gli inibitori HDAC2, dice la Tsai, sono interessanti perchè, concettualmente, potrebbero invertire i sintomi anche dopo che il blocco è consolidato. Tuttavia, si devono sviluppare altri farmaci prima che tale composto possa entrare in studi clinici. "E' davvero difficile da prevedere", ha detto Tsai. "Gli studi clinici potrebbero iniziare probabilmente tra cinque anni. E se tutto va bene, almeno altri 10 anni per diventare un farmaco approvato, probabilmente".
Alcuni inibitori generici dell'HDAC, non specifici per l'HDAC2, sono stati testati in studi clinici come farmaci contro il cancro. Tuttavia è necessario un approccio più selettivo per trattare l'Alzheimer, ha detto la Tsai. "Serve qualcosa il più selettivo possibile, e il più sicuro possibile", dice.
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Pubblicato da Anne Trafton su MIT News il 1 marzo 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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