I geni che causano una forma rara di malattia di Alzheimer non rischiano di provocare la forma più comune, ad esordio tardivo, dicono i ricercatori.
Un team di scienziati della Cardiff University (CU) ha esaminato i tre geni APP, PSEN1 e PSEN2 noti per causare forme poco comuni di Alzheimer ad esordio precoce.
Il team ha cercato di stabilire se una comune variazione genetica all'interno di questi geni costituisca un rischio per la forma più frequente di Alzheimer, che si verifica nelle persone di età superiore ai 65 anni. Amy Gerrish, che ha guidato la ricerca, dice: "Abbiamo testato i polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs) di APP, PSEN1, PSEN2, così come del MAPT, un gene legato alla patologia di Alzheimer, in termini di associazione con l'Alzheimer comune in un grande campione controllato, costituito da 3,940 casi e 13.373 controlli. "Lo studio fornisce la prova che la variazione comune nei geni APP, PSEN1 e PSEN2, che causano l'Alzheimer ad esordio precoce, così come il MAPT, non dà probabilmente un forte contributo all forma comune di Alzheimer".
I risultati, pubblicati nel Journal of Alzheimer Disease, si aggiungono al crescente corpo di prove che mettono insieme i fattori genetici, ambientali e sociali che peggiorano il rischio di sviluppare l'Alzheimer. Una precedente ricerca alla CU ha individuato ulteriori otto nuovi geni, portando a dieci il numero totale di geni che aumentano il rischio di sviluppare Alzheimer. La scoperta di questi nuovi geni ha permesso al team di individuare le differenze nelle risposte delle persone con la malattia. In particolare, sono in grado di implicare una serie di fattori di rischio tra cui: il sistema immunitario del malato, i modi in cui il cervello elabora colesterolo e lipidi, e per la prima volta, un processo chiamato endocitosi che, nel normale cervello sano, rimuove la proteina tossica beta amiloide.
Gerrish aggiunge: "La nostra ricerca suggerisce che la causa dell'Alzheimer comune è più complessa di quella dell'Alzheimer ad esordio precoce, coinvolgendo diversi geni di rischio, nonchè fattori ambientali e di stile di vita. Questo studio, oltre che i nostri studi precedenti, significa che stiamo cominciando a mettere insieme il puzzle e ad acquisire una nuova comprensione. Abbiamo ancora una lunga strada da percorrere, ma il puzzle sta cominciando ad essere composto".
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
Riferimento: DOI: 10.3233/JAD-2011-11082
Pubblicato in Futurity.org il 8 febbraio 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari - Foto Credit: luchschen / Shutterstock
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X.
I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare a informarti. Clicca qui a destra: |