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Passo avanti per svelare l'Alzheimer

Scienziati delineano nuovi metodi per comprendere meglio il collegamenti tra proteine specifiche e i rischi associati all'Alzheimer in un articolo co-scritto da ricercatori dell'Università di Alabama e in pubblicazione su Science Express.

Negli esperimenti con l'utilizzo di una serie di organismi modello, tra cui lieviti, vermi microscopici e ratti, i ricercatori mostrano come meccanismi di base all'interno delle cellule sono interrotti quando una specifica proteina umana, conosciuta come peptide beta-amiloide, non riesce a piegarsi correttamente.

Questo studio mostra anche il ruolo che una seconda proteina, denominata dagli scienziati PICALM, può svolgere nel modificare il problema.

"Utilizzando questi modelli di lievito, in combinazione con i vermi, siamo davvero fiduciosi di trovare un modo mediante il quale possiamo capire e magari lottare contro l'Alzheimer più rapidamente", ha affermato Guy Caldwell, professore di scienze biologiche all'Università di Alabama e uno dei tre autori della UA di questo articolo su Science.

La ricerca ha coinvolto scienziati di diverse università e istituti di ricerca, tra cui il Whitehead Institute e il Massachusetts Institute of Technology, a cui è affiliato l'autore principale, Dr. Sebastian Treusch. Treusch lavora nel laboratorio della Dssa Susan Lindquist, nota esperta di biologia cellulare e collaboratrice di Caldwell in una sovvenzione da parte del Howard Hughes Medical Institute che in parte finanzia questa ricerca.

Mentre i ripetuti misfoldings dei peptidi beta amiloide all'interno del cervello umano in precedenza erano noti per innescare la morte dei neuroni, con conseguente Alzheimer, Caldwell, dice che i meccanismi alla base della tossicità non erano ancora ben compresi. Le cellule che funzionano correttamente devono fornire in modo efficiente le proteine e le sostanze chimiche ad altre parti della cellula, ha detto Caldwell. Questa ricerca mostra come il peptide beta amiloide interrompe un percorso specifico cellulare chiamato endocitosi, impedendo la consegna di altre proteine che sono necessarie ad altre parti della cellula. "Capire cosa non va all'interno di una cellula, o quali percorsi o proteine potrebbero essere direttamente collegati ai meccanismi che sono coinvolti nell'Alzheimer, è in realtà una strategia molto più proficua per lo sviluppo di farmaci".

Per lo sforzo sono state importanti anche le informazioni tratte dal cervello di pazienti con Alzheimer deceduti, che in precedenza avevno donato i loro corpi alla scienza, ha detto Caldwell. I rapidi progressi nei metodi di sequenziamento del DNA umano e studi genetici sulla popolazione generano un numero enorme di strade per i ricercatori; quegli studi genetici, in associazione con gli attributi vantaggiosi di organismi semplici, possono rivelare le funzioni di base di geni e proteine e possono essere una combinazione perspicace, dice Caldwell. "Quello che mostra questo studio è che i sistemi semplici, come il lievito e i vermi, possono essere progettati per discernere i meccanismi che potrebbero essere associati a malattie umane complesse, e, per questo, possiamo accelerare il percorso di scoperta per far progredire terapie per queste malattie".

[...] In conclusione del documento, i ricercatori descrivono la rilevanza potenziale dello sviluppo alla luce delle sfide affrontate nella comprensione e nel trattamento dell'Alzheimer.

"I trattamenti disponibili per l'AD sono pochi e la loro efficacia limitata", hanno scritto gli scienziati. "Determinare il modo migliore per salvare la funzione neuronale nel contesto di tutto il cervello è un problema di proporzioni impressionanti". "A livello personale," ha detto Caldwell, "molti di noi sono stati colpiti in familiari o persone care che hanno sofferto di Alzheimer. E' un grande privilegio per noi essere in grado di contribuire nel nostro modo alla comprensione della malattia. E' una malattia devastante. Il costo sociale della malattia di Alzheimer è enorme".

 

 


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Fonte: Materiale della University of Alabama a Tuscaloosa.

Riferimento: Sebastian Treusch, Shusei Hamamichi, Jessica L. Goodman, Kent ES Matlack, Chee Yeun Chung, Valeriya Baru, Joshua M. Shulman, Antonio Parrado, Brooke J. Bevis, Julie S. Valastyan, Haesun Han, Malin Lindhagen-Persson, Eric M. Reiman, Denis A. Evans, David A. Bennett, Anders Olofsson, Philip L. Dejager, Rudolph E. Tanzi, Kim A. Caldwell, Guy A. Caldwell, Susan Lindquist. Functional Links Between Aβ Toxicity, Endocytic Trafficking, and Alzheimer's Disease Risk Factors in Yeast . Science , 2011; DOI: 10.1126/science.1213210.

Pubblicato in ScienceDaily il 27 ottobre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.

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