Non ci sono trattamenti efficaci attualmente disponibili per la prevenzione o la cura dell'Alzheimer (AD), la forma più frequente di demenza negli anziani. I fattori di rischio più riconosciuti, l'età avanzata e l'avere il gene apolipoproteina E Ɛ4, non possono essere modificati o trattati.
Gli scienziati stanno guardando Sempre più ad altri fattori di rischio per identificare strategie preventive e terapeutiche. Molta attenzione di recente si è concentrata sulla sindrome metabolica (MetS), poichè una serie ampia e crescente di ricerche suggerisce che i disturbi metabolici e l'obesità possono giocare un ruolo nello sviluppo della demenza.
Un nuovo supplemento alla Journal of Alzheimer's Disease fornisce un'eccellente valutazione della ricerca sul legame tra sindrome metabolica e disturbi cognitivi. Il supplemento è curato da Vincenza Frisardi (foto), del Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche dell'Università di Bari e dell'unità di Geriatria e Laboratorio di Ricerca Geriatria-Gerontologia dell'IRCCS di Foggia in Italia, e Bruno P. Imbimbo, reparto Ricerca e Sviluppo della Chiesi Farmaceutici di Parma, Italia.
La prevalenza di sindrome metabolica e obesità è aumentata negli ultimi decenni. La sindrome metabolica è un insieme di fattori di rischio vascolari e metabolici tra cui obesità, ipertensione, un anormale profilo del colesterolo, e l'alterata regolazione del glucosio nel sangue. "Anche se i meccanismi molecolari alla base della relazione tra sindrome metabolica e disturbi neurologici non sono pienamente compresi, sta diventando sempre più chiaro che le alterazioni cellulari e biochimiche osservate nella MetS possono rappresentare un ponte tra la sindrome metabolica patologica e vari disturbi neurologici", spiega la Dott.ssa Frisardi. Il diabete di tipo 2 (T2D) è stato collegato alla compromissione cognitiva in un certo numero di studi. Il rischio di sviluppare sia T2D che AD aumenta proporzionalmente all'età, e prove dimostrano che gli individui con T2D hanno un rischio quasi doppio di AD rispetto agli individui non diabetici.
Paula I. Moreira, Facoltà di Medicina e Centro di Neuroscienze e Biologia Cellulare, Università di Coimbra, Portogallo, delinea alcuni dei meccanismi probabili. Sia AD che T2D evidenziano anomalie simili nei mitocondri, che svolgono un ruolo fondamentale nei processi cellulari che pregiudicano la loro capacità di regolare l'ossidazione nella cella. L'amilina umana, un peptide che forma depositi nelle cellule pancreatiche di pazienti T2D, condivide diverse proprietà con la ß-amiloide delle placche nel cervello di Alzheimer. L'insulino-resistenza è un'altra caratteristica condivisa da entrambi i disturbi. Il deterioramento della segnalazione dell'insulina è direttamente coinvolto nello sviluppo dei grovigli tau e delle placche di beta amiloide (Aß). "Capire i meccanismi fondamentali alla base di questa interazione deleteria può offrire opportunità per la progettazione di efficaci strategie terapeutiche", osserva il dottor Moreira.
In un'altro articolo, l'autore José A. Luchsinger della Divisione di Medicina Generale, Dipartimento di Medicina, della Columbia University College of Physicians and Surgeons di New York, osserva che, mentre sembra esserci poca discussione che il T2D possa causare malattie cerebrovascolari e deterioramento cognitivo vascolare, resta da stabilire che il T2D possa causare l'AD ad esordio tardivo. "Anche se l'idea è altamente speculativa, l'associazione tra T2D e deficit cognitivo potrebbe non essere causale. Molte evidenze danno forza all'idea che l'Alzheimer ad esordio tardivo potrebbe causare il T2D, o che entrambe potrebbero condividere percorsi causali", osserva. Egli passa in rassegna studi epidemiologici, di imaging, e patologici e le sperimentazioni cliniche per fornire rivelazioni. "Vista l'epidemia di T2D nel mondo, è importante determinare se l'associazione tra T2D e deficit cognitivo, particolarmente AD ad esordio tardivo, è causale e, se sì, quali sono i meccanismi alla base di esso".
La Dott.ssa Frisardi osserva che la maggior parte degli sforzi da parte dell'industria farmaceutica sono stati diretti contro la produzione e l'accumulo di ß-amiloide. "Purtroppo, questi sforzi non hanno prodotto ancora terapie efficaci, in quanto i meccanismi esatti dell'AD sono in gran parte sconosciuti. Dato che l'insorgenza dell'AD risulta molto probabilmente dall'interazione di fattori genetici e ambientali, il programma di ricerca dovrebbero prendere in considerazione nuove piattaforme di studio, andando oltre la visione monolitica di AD, sintetizzando dati epidemiologici, sperimentali e biologici in un unico modello fisiopatologico come punto di riferimento per ulteriori progressi nel settore".
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Fonte: Materiale della IOS Press, via AlphaGalileo.
Riferimento: V. Frisardi, BP Imbimbo. Metabolic-Cognitive Syndrome: Metabolic Approach for the Management of Alzheimer's Disease Risk. Journal of Alzheimer's Disease, 2012.
Pubblicato in ScienceDaily il 14 Giugno 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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