Anche tra le persone sane, una memoria vacillante è spesso una parte attesa dell'invecchiamento, ma non è inevitabile.
“Alcuni individui mostrano un notevole mantenimento della funzione di memoria in tutta la tarda età, mentre altri sperimentano un declino significativo della memoria. Studiare queste differenze tra gli individui è fondamentale per comprendere la complessità dell'invecchiamento cerebrale, compreso il modo di promuovere la resilienza e la longevità“, ha detto Alexandra Trelle, ricercatrice post-dottorato della Stanford University.
Basandosi su studi che si sono concentrati su popolazioni giovani, la Trelle e i colleghi stanno studiando il richiamo della memoria negli anziani sani nell'ambito dello Stanford Aging and Memory Study.
In una nuova ricerca, pubblicata il 29 maggio su eLife, questo gruppo ha trovato che i processi di richiamo della memoria nel cervello degli anziani possono sembrare molto simili a quelli precedentemente osservati nel cervello di giovani adulti. Tuttavia, per gli anziani che avevano più difficoltà a ricordare, l'evidenza di questi processi era ridotta notevolmente.
Con una migliore comprensione della funzione della memoria negli anziani, questi ricercatori sperano di giorno di permettere previsioni più precoci e precise del momento in cui fallimenti della memoria segnalano un aumento del rischio di demenza.
Una somiglianza impressionante
Quando Anthony Wagner, professore di scienze sociali di Stanford, era dottorando negli anni '90, ha diretto alcuni dei primi studi con risonanza magnetica (fMRI) sulla formazione della memoria. A quel tempo, la tecnologia delle scansioni e dell'analisi consentiva di misurare l'entità dell'attività solo in una sezione di 1,5 cm del cervello.
Al contrario, l'attuale studio ha misurato ad alta risoluzione l'attività di tutto il cervello, e le analisi non si sono focalizzate solo sull'entità dell'attività, ma anche sulle informazioni di memoria contenute in modelli di attività cerebrale.
“È entusiasmante avere strumenti scientifici di base che ci permettono di assistere al momento in cui un ricordo viene riprodotto nella mente di un individuo e trarre informazioni da questi processi neurali per spiegare il motivo per cui alcuni anziani ricordano meglio di altri”, ha detto Wagner, autore senior della ricerca. “Da dottorando, non avrei mai pututo prevedere che un giorno avremmo avuto questo tipo di scienza”.
Nell'esperimento, 100 partecipanti da 60 a 82 anni hanno avuto una scansione al cervello mentre studiavano parole accoppiate con immagini di persone e luoghi famosi. Poi, in un test della memoria allo scanner, all'udire le parole viste in precedenza, dovevano richiamare l'immagine associata. Il test della memoria è stato progettato per valutare la capacità di ricordare associazioni specifiche tra elementi di un evento, una forma di memoria che è spesso sproporzionatamente danneggiata dall'invecchiamento.
Nelle scansioni, i ricercatori hanno osservato che i processi cerebrali che supportano il ricordo negli anziani sono simili a quelli delle popolazioni più giovani: quando la persona ricorda, c'è un aumento dell'attività dell'ippocampo (una struttura del cervello conosciuta da tempo per la sua importanza per ricordare gli eventi), insieme con la reintegrazione dei modelli di attività nella corteccia che erano presenti quando l'evento è stato vissuto inizialmente. Cioè, ricordare comporta un viaggio neurale nel tempo, la riproduzione di modelli che erano stati stabiliti in precedenza nel cervello.
“È stato sorprendente riuscire a replicare, momento per momento, questa relazione tra l'attività dell'ippocampo, la riproduzione nella corteccia, e il richiamo della memoria che era stata osservata prima solo negli adulti sani più giovani”, ha detto la Trelle, la prima autrice della ricerca. “In effetti, potremmo prevedere o meno se un individuo ricorda un dato momento nel tempo sulla base delle informazioni contenute nei modelli di attività cerebrale”.
I ricercatori hanno scoperto che, in media, la capacità di richiamo cala con l'età. Comunque, a prescindere dalla propria età, è cruciale che un'attività più forte dell'ippocampo e la riproduzione nella corteccia erano legate a migliori prestazioni della memoria. Questo è risultato vero non solo per i test della memoria condotti durante le scansioni, ma anche per quelli eseguiti in un giorno diverso dello studio. Questa scoperta intrigante suggerisce che le misurazioni fMRI dell'attività cerebrale durante il richiamo della memoria attingono da differenze stabili tra gli individui, e possono fornire una finestra sulla salute del cervello.
Solo l'inizio
Questa ricerca pone le basi per molte indagini future sulla memoria degli anziani nella coorte Stanford Aging and Memory Study. Queste includeranno il lavoro per dettagliare ulteriormente il processo di creazione della memoria e il suo richiamo, studi sul cambiamento nelle prestazioni della memoria nel corso del tempo, e ricerca che confronta studi fMRI con altri tipi di dati sulla salute, come i cambiamenti nella struttura del cervello e l'accumulo di proteine nel cervello che sono legati all'Alzheimer.
L'obiettivo finale è sviluppare strumenti nuovi e sensibili per identificare gli individui che hanno un aumento del rischio di Alzheimer, prima che si verifichi un declino significativo della memoria.
“Stiamo cominciando a chiederci se le differenze individuali nella capacità di viaggiare mentalmente indietro nel tempo possono essere spiegate da una malattia asintomatica che impatta sul cervello e predice la futura diagnosi clinica”, ha detto Wagner. “Siamo fiduciosi che il nostro lavoro, che richiede collaborazioni ricche nelle varie discipline, informerà problemi clinici e farà avanzare la salute umana”.
Fonte: Taylor Kubota in Stanford University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Alexandra Trelle, Valerie Carr, ..., Geoffrey Kerchner, Anthony Wagner. Hippocampal and cortical mechanisms at retrieval explain variability in episodic remembering in older adults. eLife, 29 May 2020, DOI
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