Ricercatori dell'Istituto Salk hanno scoperto che le cellule a forma di stella chiamate astrociti aiutano il cervello a stabilire ricordi duraturi. Il nuovo lavoro aumenta il crescente numero di prove che gli astrociti, a lungo considerati semplicemente cellule di supporto nel cervello, potrebbero avere un ruolo più importante.
Lo studio, pubblicato il 26 luglio 2019 sulla rivista GLIA, potrebbe informare le terapie per i disturbi in cui la memoria a lungo termine è compromessa, come le lesioni cerebrali traumatiche o la demenza.
"Questo indica che queste cellule stanno facendo molto di più che aiutare i neuroni a mantenere la loro attività", afferma il professor Terrence Sejnowski, capo del laboratorio di neurobiologia computazionale del Salk e autore senior del nuovo lavoro. "Ciò suggerisce che hanno effettivamente un ruolo importante nel modo in cui le informazioni vengono trasmesse e archiviate nel cervello".
I neuroni del cervello si basano su segnali elettrici veloci per comunicare in tutto il cervello, e rilasciano neurotrasmettitori, ma gli astrociti generano invece segnali di calcio e rilasciano sostanze note come gliotrasmettitori, alcuni dei quali sono chimicamente simili ai neurotrasmettitori.
La visione classica era che la funzione degli astrociti era principalmente quella di fornire supporto ai neuroni più attivi, aiutando il trasporto di nutrienti, ripulendo i detriti molecolari e mantenendo in posizione i neuroni. Solo più recentemente, i ricercatori hanno scoperto che potrebbero avere altri ruoli più attivi nel cervello attraverso il rilascio di gliotrasmettitori, ma questi rimangono in gran parte misteriosi.
Nel 2014, Sejnowski, il ricercatore post dottorato António Pinto-Duarte e i loro colleghi, hanno dimostrato che, disabilitando il rilascio di gliotrasmettitori negli astrociti, si spegne un tipo di ritmo elettrico chiamato 'oscillazione gamma', importante per le capacità cognitive. In quello studio, quando i ricercatori hanno testato le capacità di apprendimento e di memoria dei topi con astrociti disabilitati, hanno scoperto dei deficit, limitati alla loro capacità di discriminare le novità.
Nel nuovo studio, il team di Sejnowski ha guardato per la prima volta la memoria a lungo termine dei topi con astrociti distrutti. Hanno usato animali geneticamente modificati privi di un recettore chiamato inositolo 1,4,5-trisfosfato di tipo 2 (IP3R2), al quale gli astrociti si affidano per rilasciare calcio per la comunicazione.
I ricercatori hanno testato i topi con tre diversi tipi di sfide di apprendimento e memoria, che comprendevano l'interazione con un nuovo oggetto e la ricerca dell'uscita da un labirinto. In ogni caso, i topi privi di IP3R2 hanno mostrato la stessa capacità di apprendimento dei topi normali. Inoltre, quando testati nelle 24-48 ore dopo ogni processo di apprendimento iniziale, i topi con astrociti distrutti potevano ancora conservare le informazioni, trovando la strada nel labirinto, per esempio. I risultati erano in linea con quanto visto negli studi precedenti.
Tuttavia, quando il gruppo ha aspettato 2/4 settimane e ritestato i topi addestrati, hanno visto grandi differenze; i topi mancanti del recettore si sono comportati molto peggio, facendo più del doppio degli errori durante il completamento del labirinto.
"Alcune settimane dopo, i topi normali si sono comportati meglio di quanto non facessero subito dopo l'allenamento, perché il loro cervello aveva subito un processo di consolidamento della memoria", spiega Pinto-Duarte, primo autore del nuovo studio. "I topi privi del recettore IP3R2 hanno ottenuto risultati molto peggiori".
Il risultato è che, per la prima volta, i difetti negli astrociti sono collegati a difetti nel consolidamento della memoria o nella memoria remota.
È noto che il processo di consolidamento della memoria nel cervello coinvolge diversi meccanismi che influenzano i neuroni. Si ritiene che uno di questi meccanismi si basi su un adattamento ottimale della forza della comunicazione tra i neuroni attraverso il potenziamento a lungo termine, attraverso il quale tale forza aumenta e la depressione a lungo termine, con la quale alcune di queste connessioni si indeboliscono.
Sejnowski e Pinto-Duarte hanno dimostrato che, sebbene i topi senza IP3R2 e con una attività ridotta degli astrociti, non abbiano avuto problemi con il primo (potenziamento), hanno mostrato deficit significativi nel secondo (depressione), suggerendo che gli astrociti potrebbero avere un ruolo specifico nella depressione a lungo termine delle connessioni tra neuroni.
"Il meccanismo della depressione a lungo termine dei neuroni non è così ben studiato o compreso", afferma Sejnowski. "E questo ci dice che dovremmo guardare a come gli astrociti sono collegati all'indebolimento di queste connessioni neurali".
I ricercatori stanno già pianificando studi futuri per comprendere meglio i percorsi attraverso i quali gli astrociti influenzano la depressione a lungo termine della comunicazione neuronale e della memoria in generale.
"Il dividendo a lungo termine qui è che se comprendiamo meglio questi percorsi, potremmoriuscire a sviluppare dei modi per manipolare il consolidamento della memoria con i farmaci", afferma Sejnowski.
Fonte: Salk Institute (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: António Pinto‐Duarte, Amanda J. Roberts, Kunfu Ouyang, Terrence J. Sejnowski. Impairments in remote memory caused by the lack of Type 2 IP3 receptors. Glia, 26 July 2019, DOI
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