Dagli studenti delle superiori ai chirurghi, chi ha tirato tutta la notte sa che c'è un prezzo da pagare il giorno successivo: problemi di messa a fuoco, ricordi sfocati e altri disturbi cognitivi. Ora, i ricercatori della Penn hanno trovato la parte del cervello e la base neurochimica degli effetti sulla memoria della deprivazione dal sonno.
Ha guidato il team di ricerca Ted Abel, professore di biologia alla scuola di Arti e Scienze della Penn University e direttore del programma interdisciplinare Biological Basis of Behavior dell'università; la relazione è pubblicata su The Journal of Neuroscience.
Il gruppo di Abel si proponeva di comprendere meglio il ruolo del nucleoside adenosina nell'ippocampo, la parte del cervello associata con la funzione di memoria. "Per lungo tempo, i ricercatori hanno saputo che la privazione del sonno provoca un aumento dei livelli di adenosina nel cervello, e lo fa sia nei moscerini della frutta che nei topi che negli esseri umani" ha detto Abel.
"Si stanno accumulando prove che questa adenosina è veramente la fonte di un certo numero di problemi ed effetti della privazione del sonno, tra cui la perdita di memoria e il deficit di attenzione. Una cosa che rafforza tale prova è che la caffeina è un farmaco che blocca gli effetti dell'adenosina, così noi a volte ci riferiamo a questo come 'l'esperimento Starbucks'" [ndt: catena di caffetterie].
La ricerca di Abel ha in effetti comportato due esperimenti in parallelo su topi deprivati del sonno, ideati per valutare il ruolo dell'adenosina nel deterioramento della memoria in modi diversi.
(1) Il primo esperimento ha coinvolto topi geneticamente modificati a cui mancava un gene coinvolto nella produzione di trasmettitori gliali, i segnali chimici che provengono dalle cellule gliali, le cellule cerebrali che supportano la funzione dei neuroni. Senza questi glia-trasmettitori, i topi ingegnerizzati non potevano produrre l'adenosina che, secondo i ricercatori, era ritenuta la causa degli effetti cognitivi associati alla privazione del sonno.
(2) Il secondo esperimento ha coinvolto un approccio farmacologico. I ricercatori hanno innestato una pompa nel cervello dei topi che non erano stati geneticamente modificati; la pompa immetteva un farmaco che blocca un particolare recettore dell'adenosina nell'ippocampo. Se il recettore infatti fosse coinvolto nei disturbi della memoria, i topi deprivati del sonno si sarebbero comportati come se non ci fosse stata l'adenosina supplementare nel cervello.
Per vedere se questi topi mostravano gli effetti della privazione del sonno, i ricercatori hanno utilizzato un test di riconoscimento di oggetti. Il primo giorno, i topi sono stati messi in una scatola con due oggetti e sono stati autorizzati a esplorarli mentre erano filmati. Quella notte, i ricercatori hanno svegliato alcuni dei topi dopo 6 ore su 12 di sonno normale. Il secondo giorno, i topi sono stati collocati nella scatola, dove uno dei due oggetti era stato spostato, e sono stati ancora una volta videoregistrati quando esploravano il posto, per vedere come reagivano al cambiamento. "I topi normalmente avrebbero dovuto esplorare l'oggetto che si muoveva più degli altri, ma, con la privazione del sonno, non lo hanno fatto," ha detto Abel. "Letteralmente non sapevano dove erano le cose intorno a loro". Entrambi i gruppi di topi trattati hanno esplorato l'oggetto mosso come se avessero dormito l'intera notte. "Questi topi non si rendevano conto di essere stati deprivati del sonno".
Abel e suoi colleghi hanno anche esaminato l'ippocampo dei topi, usando la corrente elettrica per misurare la loro plasticità sinaptica, o quanto forte e resistente erano le loro sinapsi che formano la memoria. I topi protetti geneticamente e farmacologicamente hanno dimostrato una maggiore plasticità sinaptica dopo essere stati privati del sonno rispetto al gruppo non trattato. Insieme, i due esperimenti coprono entrambe le due metà del percorso chimico coinvolto nella privazione del sonno. L'esperimento di ingegneria genetica mostra da dove proviene l'adenosina: il rilascio da parte dei glia di trifosfato di adenosina, o ATP, la sostanza chimica attraverso la quale le cellule trasferiscono di energia tra di loro. E l'esperimento farmacologico mostra dove va l'adenosina: al recettore A1 nell'ippocampo.
La consapevolezza che interrompere il percorso in entrambi i lati comporta che i topi non mostrano menomazioni della memoria, è un importante passo avanti nella comprensione di come gestire quelle menomazioni negli esseri umani. "Per essere in grado di invertire un particolare aspetto della privazione del sonno (il suo effetto sull'archiviazione dei ricordi) dobbiamo capire davvero le vie molecolari e gli obiettivi", ha detto Abel. "Qui, abbiamo identificato la molecola, il circuito cellulare e la regione del cervello per cui la privazione di sonno influisce sulla memorizzazione". Tali trattamenti sarebbero particolarmente allettanti, visto quanto il cervello è sensibile agli effetti della deprivazione del sonno.
"I nostri esperimenti di privazione del sonno equivalgono alla perdita di metà di una notte di sonno," ha detto Abel. "La maggior parte di noi crede che sia poco importante, ma [la ricerca] dimostra quanto sia critica la necessità di dormire per le funzioni cognitive".
Il team guidato da Abel comprendenta anche Cédrick Florian, collega postdottorato in biologia, Christopher Vecsey, studente laureato in neuroscienze, Michael M. Halassa, ricercatore del Massachusetts Institute of Technology e Philip G. Haydon della Tufts University. La ricerca è stata finanziata dai National Institutes of Health.
Fonte: Materiale della University of Pennsylvania.
Riferimento: C. Florian, CG Vecsey, MM Halassa, PG Haydon, T. Abel. Astrocyte-Derived Adenosine and A1 Receptor Activity Contribute to Sleep Loss-Induced Deficits in Hippocampal Synaptic Plasticity and Memory in Mice. Journal of Neuroscience, 2011; 31 (19): 6956 DOI: 10.1523/JNEUROSCI.5761-10.2011.
Pubblicato su ScienceDaily il 18 maggio 2011 - Traduzione di Traduzione di Franco Pellizzari.
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