Alcuni dicono che il cervello umano è la cosa più complessa dell'universo, ma quant'è difficile capire infine come funziona?
Se lo guardiamo solo dal punto di vista anatomico, i numeri diventano un po' scoraggianti. Il cervello è costituito da circa cento miliardi di neuroni, 100 trilioni (migliaia di miliardi - in USA) di connessioni (sinapsi), e 100 miliardi di cellule non neuronali (glia).
La nostra conoscenza del cervello umano è talmente scarsa che anche questi numeri devono essere presi con le pinze. Tutto questo senza parlare di quello che succede all'interno delle cellule, con i loro diversi neurotrasmettitori, vescicole sinaptiche, proteine di trasporto e il numero incredibile di altre proteine che permettono ai neuroni di funzionare normalmente.
Questa complessità è ciò che guida la ricerca neuroscientifica e fa capire perché le terapie per le malattie neurologiche come l'Alzheimer o la schizofrenia sono così in ritardo rispetto ad altre condizioni: senza sapere come è cablato il cervello normale non potremo mai sapere cosa c'è di sbagliato. La pura e semplice scala, complicazione e complessità del cervello è uno dei motivi principali per cui le grandi iniziative come la BRAIN INITIATIVE della Casa Bianca sono così importanti; ma l'enormità del compito in questione può essere scoraggiante.
Uno studio recente, condotto da ricercatori della Harvard University, dimostra quanto è complicato, densamente stipato e intricato il cervello dei mammiferi, ma ci dà la speranza che questi problemi un giorno potrebbero diventare trattabili. Il laboratorio di Lichtman ha preso un'area della neocorteccia di topo, la parte di più recente evoluzione e probabilmente più complessa del cervello, che misura solo 1500 micron cubi (0,0000015 mm cubi) e ha deciso di ricostruire ogni oggetto tridimensionale in questo settore.
Per effettuare questa operazione, il pezzo di tessuto è stato tagliato in sezioni incredibilmente sottili che misuravano 29 nanometri. Per capire l'ordine di grandezza, un foglio di carta standard è spesso circa 100 micron (0,1 millimetri), e si deve tagliare quel foglio in circa 3.448 strati per ottenere fettine dello stesso spessore. Ognuna di queste sezioni di cervello è stata poi ripresa con un microscopio elettronico a scansione, che spara un fascio di elettroni sulle sezioni per misurare come vengono disperse quando entrano in contatto con il campione.
2.250 sezioni dopo, il piccolo pezzo di cervello di topo è stato ricostruito digitalmente. Per questa ricostruzione gli autori hanno dovuto progettare nuovi modi per analizzare i dati di scansione, e hanno messo gratuitamente a disposizione queste tecniche per altri ricercatori. Questo significa che altri gruppi saranno ora in grado di affrontare problemi simili su scala più ampia.
Questo non vuol dire che questo fosse una studio meramente prova-di-principio, e nemmeno il capire una piccola area ci può dare informazioni importanti su come funziona il cervello. Solo guardando i circa 1.600 frammenti di neuroni e i 1.700 collegamenti, sono riusciti a risolvere un problema fondamentale di neuroanatomia: essi hanno dimostrato che quando i neuroni formano connessioni uno con l'altro, non entrano in contatto solo con il loro vicino, ma possono ignorare le cellule più vicine e cercare un socio di collegamento più appropriato da qualche altra parte.
Quindi che dire della mappatura dell'intero cervello, è tutto perduto, è un compito semplicemente troppo grande e complicato da affrontare? In effetti ci vorrebbe moltissimo tempo per ricostruire un intero cervello di topo - ci sono voluti sei anni per questo piccolo frammento, e il cervello del topo è ovviamente molto più piccolo di quello umano. Ma ci sono diversi motivi di speranza.
Innanzitutto, la tecnologia impiegata in questo studio continua ad avanzare sempre, il che significa che le indagini future potranno procedere più rapidamente. In secondo luogo, e forse più importante, probabilmente non è necessario ricostruire l'intero cervello a tale livello di dettaglio.
I principi delle caratteristiche strutturali e di connettività che questo studio ha svelato probabilmente saranno applicabili a molte altre parti del cervello; il che significa che gli studi futuri possono dare uno sguardo più ampio alla neuroanatomia.
Anche se sono solo 1.500 micron cubici, rappresentano una grande entità di progressi nella comprensione delle connessioni cerebrali.
Referenze
- Abbott, A. (2015). Crumb of mouse brain reconstructed in full detail.Nature, 524 (7563), 17-17 DOI: 10.1038/nature.2015.18105
- Kasthuri, N., Hayworth, K., Berger, D., Schalek, R., Conchello, J., Knowles-Barley, S., Lee, D., Vázquez-Reina, A., Kaynig, V., Jones, T., Roberts, M., Morgan, J., Tapia, J., Seung, H., Roncal, W., Vogelstein, J., Burns, R., Sussman, D., Priebe, C., Pfister, H., & Lichtman, J. (2015). Saturated Reconstruction of a Volume of Neocortex.Cell, 162 (3), 648-661 DOI: 10.1016/j.cell.2015.06.054
- Ostroff, L., & Zeng, H. (2015). Electron Microscopy at Scale.Cell, 162 (3), 474-475 DOI: 10.1016/j.cell.2015.07.031
Fonte: Andrew Murray PhD, è ricercatore alla Columbia University di New York City. Andy si è laureato e ha acquisito il dottorato di ricerca in neuroscienze all'Università di Aberdeen nel Regno Unito. E' ricercatore attivo da oltre 10 anni studiando il modo in cui i circuiti neurali generano il comportamento.
Pubblicato in BrainBlogger (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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