I ricercatori della University of California San Diego e del Veterans Affairs San Diego Healthcare System hanno dimostrato che l'elevata pressione pulsatoria può aumentare il rischio di malattia cerebrovascolare (CVD) negli anziani con Alzheimer (AD).
Lo studio è stato anticipato on line sul Journal of Alzheimer Disease rispetto alla pubblicazione su carta prevista per il 5 giugno.
I risultati potrebbero avere implicazioni sul trattamento, dal momento che alcuni farmaci antipertensivi puntano in modo specifico la componente pulsatile della pressione arteriosa. La pressione del polso (PP) - la differenza tra pressione sistolica e diastolica - è una misura della componente pulsatile della pressione arteriosa. La PP aumenta notevolmente con l'età, in parte a causa dell'indurimento delle arterie.
L'ipertensione è un fattore di rischio comune per l'AD, ma l'uso di farmaci antipertensivi per prevenire la demenza ha avuto risultati contrastanti. La maggior parte degli studi che hanno esaminato gli effetti della pressione sanguigna sul rischio di AD si sono concentrati su misure standard della pressione del sangue, le letture sistoliche e diastoliche. Tuttavia, gli scienziati hanno teorizzato che l'aumento della PP può compromettere l'eliminazione dell'amiloide beta (una caratteristica dell'AD) dal cervello. Altri studi hanno suggerito che una PP elevata può contribuire al rischio di AD indirettamente, aumentando il rischio di CVD.
I ricercatori, guidati da Mark W. Bondi (foto sx), PhD, della VA San Diego Healthcare System e dell'UC San Diego Department of Psychiatry, hanno esaminato 65 pazienti che in seguito hanno soddisfatto i criteri dell'AD durante l'autopsia. A questi pazienti sono stati esaminati, prima della morte, i rapporti tra pressione sanguigna e marcatori neuropatologici e a più della metà di loro è stata trovata la CVD, durante l'autopsia. "L'associazione tra PP e CVD era indipendente dalla gravità della demenza e dalla presenza di altri fattori di rischio vascolare", ha detto Bondi. "È interessante notare che le misure standard di pressione sanguigna non erano risultate significativamente associate alla presenza di CVD".
Lo studio suggerisce diverse conclusioni:
- che la pressione sanguigna elevata negli anziani con Alzheimer è legata alla CVD, ma non alla patologia di AD,
- che la CVD può essere associata più strettamente con la PP che non alla pressione sistolica o diastolica, e
- che, nei pazienti con AD, l'elevazione della PP può influenzare la cognizione attraverso gli effetti sulla malattia cardiovascolare.
Il primo autore dello studio, Daniel A. Nation, PhD, del VA San Diego Healthcare System, ha concluso che i risultati offrono possibili implicazioni sui trattamenti. "I trattamenti anti-ipertensivi che puntano la componente pulsatile della pressione arteriosa possono ridurre il contributo vascolare al decadimento cognitivo nei pazienti con AD o negli individui a rischio di AD".
Hanno contribuito allo studio Lisa Delano-Wood, PhD, Christina E. Wierenga, PhD e Amy J. Jak, PhD, del VA San Diego and UC San Diego Department of Psychiatry; Katherine J. Bangen, PhD, dell'UC San Diego Department of Psychiatry; Lawrence A. Hansen, MD, dell'UC San Diego Departments of Neurosciences and Pathology; Douglas R. Galasko, MD, del VA San Diego and UC San Diego Department of Neurosciences; e David P. Salmon, PhD, dell'UC San Diego Department of Neurosciences. Lo studio è stato finanziato dall'Alzheimer's Association e dal National Institute of Health.
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Fonte: University of California, San Diego Health Sciences
Pubblicato in NewsWise il 6 Aprile 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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