Un nuovo candidato farmaco può essere il primo in grado di arrestare il declino mentale devastante dell'Alzheimer, sulla base dei risultati di uno studio pubblicato oggi su PLoS ONE.
Somministrato a topi con l'Alzheimer, il farmaco, noto come J147, migliora la memoria e previene danni al cervello causati dalla malattia. Il nuovo composto, sviluppato da scienziati del Salk Institute for Biological Studies, potrebbe essere testato per il trattamento della malattia negli esseri umani in un prossimo futuro.
"Il J147 migliora la memoria sia nei topi normali che in quelli con Alzheimer e protegge il cervello dalla perdita delle connessioni sinaptiche", dice David Schubert, il capo del Salk Cellular Neurobiology Laboratory, (foto a sinistra) il cui team ha sviluppato il nuovo farmaco. "Nessun farmaco per l'Alzheimer sul mercato ha entrambe queste caratteristiche". Anche se non si sa ancora se il composto si dimostrerà sicuro ed efficace negli esseri umani, i ricercatori del Salk dicono che i loro risultati suggeriscono che il farmaco ha il potenziale per curare le persone affette da Alzheimer.
Ben 5,4 milioni di americani soffrono di Alzheimer, secondo il National Institutes of Health. Oltre 16 milioni avranno la malattia per il 2050, secondo le stime dell'Alzheimer Association, con conseguente spese mediche di oltre 1.000 miliardi di dollari all'anno. La malattia provoca un declino costante e irreversibile delle funzioni cerebrali, cancellando la memoria e la capacità di pensare con chiarezza fino a che non si è più in grado di svolgere compiti semplici, come mangiare e parlare, e alla fine è fatale.
L'Alzheimer è legato all'invecchiamento e si manifesta dopo i 60 anni, anche se una piccola percentuale di famiglie porta un rischio genetico per un esordio più precoce. Tra le prime dieci cause di morte, l'Alzheimer è l'unica che non può essere prevenuta, curata o rallentata nella sua progressione. Gli scienziati non conoscono le cause della malattia, che sembra emergere da un complesso mix di genetica, ambiente e stile di vita. Finora, i farmaci sviluppati per curare la malattia, come Aricept, Razadyne e Exelon, producono solo labili miglioramenti della memoria e non fanno nulla per rallentare il decorso complessivo della malattia.
Per trovare un nuovo tipo di farmaco, Schubert e i suoi colleghi hanno ribaltato il trend nel settore farmaceutico di concentrarsi esclusivamente sulle vie biologiche coinvolte nella formazione delle placche amiloidi, i depositi densi di proteine che caratterizzano la malattia. Ad oggi, dice Schubert, tutti i farmaci a base amiloide hanno fallito negli studi clinici. Al contrario, il team di Salk ha sviluppato metodi per utilizzare i neuroni viventi coltivati in piastrine di laboratorio per provare se anche nuovi composti sintetici siano efficaci nel proteggere le cellule del cervello contro le varie patologie associate all'invecchiamento cerebrale. Sulla base dei risultati del test di ogni iterazione chimica del composto principale (originariamente sviluppato per il trattamento di lesioni cerebrali traumatiche e ictus) sono stati in grado di alterare la struttura chimica facendone un farmaco di Alzheimer molto più potente.
"L'Alzheimer è una malattia complessa, ma lo sviluppo della maggior parte dei farmaci nel mondo farmaceutico si è concentrata su un singolo aspetto della malattia - il percorso amiloide", dice Marguerite Prior, ricercatrice associata nel laboratorio di Schubert, che ha guidato il progetto insieme a Qi Chen , un ex ricercatore post-dottorato del Salk. "Al contrario, testando questi composti in colture di cellule viventi, siamo in grado di determinare ciò che fanno in relazione a una serie di problemi legati all'età e selezionare il miglior candidato che affronta molteplici aspetti della malattia, non solo uno".
Con un composto promettente in mano, i ricercatori hanno impostato un test del J147 come farmaco per via orale nei topi. Lavorando con Amanda Roberts, professore di neuroscienze molecolari dello Scripps Research Institute, hanno condotto una serie di test comportamentali che hanno dimostrato che il farmaco migliora la memoria nei roditori normali.
I ricercatori del Salk hanno continuato dimostrando che il farmaco impedisce il declino cognitivo negli animali con Alzheimer e che i topi trattati con il farmaco producono maggiori proteine chiamate fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF), una molecola che protegge i neuroni da offese tossiche, aiuta i nuovi neuroni a crescere e a collegarsi ad altre cellule cerebrali, ed è coinvolta nella formazione della memoria.
In funzione dell'ampia capacità del J147 di proteggere le cellule nervose, i ricercatori ritengono che possa essere efficace anche nel trattamento di altri disturbi neurologici come il morbo di Parkinson, la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), così come l'ictus.
La ricerca è stata finanziata dalla B. Fritz Burns Foundation, dai National Institutes of Health, dalla Bundy Foundation e dall'Alzheimer's Association.
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Pubblicato in Alzheimer's Reading Room del 14 dicembre 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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