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Perché il cervello di Alzheimer diventa resistente all'insulina?

insulin resistance

Con l'invecchiamento della popolazione, aumenta il numero di persone con malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer (MA). Circa 75.000 canadesi ricevono ogni anno la diagnosi del MA e sperimentano un declino delle loro capacità cognitive. Il calvario di solito dura diversi anni mentre i loro familiari guardano impotenti.


Le malattie neurodegenerative sono caratterizzate da proteinopatie, accumuli anormali di proteine nel cervello che compromettono il funzionamento dei neuroni. L'approccio terapeutico più studiato allo sviluppo di farmaci per il MA è cercare di ridurre l'aggregazione del peptide amiloide-beta e della proteina tau nei neuroni.


Tuttavia, per raggiungere i loro obiettivi, i farmaci devono prima attraversare la barriera emato-encefalica (BBB, brain-blood barrier), passando dal sangue al cervello. Questo perché le cellule endoteliali, le cellule che foderano i vasi sanguigni più piccoli nel cervello, regolano lo scambio tra sangue e cervello. Mantengono un equilibrio che consente l'accesso a molecole essenziali come il glucosio, ma limitano il passaggio della maggior parte dei prodotti farmaceutici, incluso il nuovo e molto reclamato lecanemab.


Quando queste cellule endoteliali cerebrali si ammalano, l'equilibrio ne è sconvolto. Il cervello lotta per riportare in circolazione le sostanze di cui ha bisogno e rifiuta quelle che potrebbero danneggiarlo. Il cervello e gli altri organi del corpo sono quindi in costante comunicazione, sia in salute che in malattia. Come esperti di malattie neurodegenerative e BBB, abbiamo condotto uno studio sulla disfunzione del recettore dell'insulina nel MA.

 

Insulina e cervello

L'insulina è un ormone essenziale per la vita. È nota soprattutto per il suo effetto sulla regolazione della glicemia e rimane una parte essenziale del trattamento farmaceutico del diabete. Negli ultimi decenni, i ricercatori hanno notato anomalie vascolari e metaboliche in una percentuale elevata di pazienti con demenza.


In effetti, il diabete di tipo 2, caratterizzato nelle fasi avanzate da insulino-resistenza, è un fattore di rischio importante per il MA. Ci sono alcune prove che suggeriscono che il cervello con MA è meno sensibile all'insulina. Al contrario, degli studi hanno dimostrato che l'insulina può migliorare la memoria, spingendo lo sviluppo di studi clinici sull'effetto dell'insulina sul MA.


Tuttavia, non sappiamo ancora quali tipi di cellule e meccanismi siano coinvolti nell'azione, e nella perdita di azione, dell'insulina nel cervello. La stragrande maggioranza dell'insulina è prodotta dal pancreas e secreta nel flusso sanguigno. Pertanto, per influenzare il cervello, l'insulina deve prima interagire con la BBB e le sue cellule endoteliali, che sono in contatto con il sangue e possono assumere insulina attraverso i recettori.

 

MA e recettore dell'insulina

Al fine di misurare la quantità di questi recettori dell'insulina nel cervello, abbiamo eseguito analisi direttamente nei tessuti umani. Questi campioni provenivano da una coorte di oltre un migliaio di persone che avevano accettato di donare il cervello dopo la morte. Abbiamo accesso a loro attraverso una partnership con ricercatori della Rush University di Chicago.


Abbiamo scoperto che il recettore legante l'insulina si trova prevalentemente nei microvasi, quindi all'interno della BBB stessa. Inoltre, c'è una quantità ridotta di questo recettore nei pazienti di MA. Questa diminuzione potrebbe portare alla perdita di risposta all'insulina nel cervello di MA.

 

Disfunzione del recettore dell'insulina

Per controllare meglio le variabili sperimentali e misurare la risposta del recettore dell'insulina, abbiamo quindi testato le nostre ipotesi nei topi. La tecnica di perfusione cerebrale in situ consiste nell'iniettare insulina direttamente nell'arteria carotide (situata nel collo) in modo che raggiunga il cervello nella sua interezza. Abbiamo dimostrato che l'insulina circolante attiva principalmente i recettori situati sui microvasi cerebrali.


Sebbene sia generalmente accettato che l'insulina attraversa la BBB per raggiungere le cellule (come i neuroni) più in profondità nel tessuto cerebrale, i nostri risultati mostrano che la proporzione di insulina che attraversa la BBB è bassa. Queste due osservazioni confermano quindi che la maggior parte dell'insulina deve interagire con le cellule nella BBB prima che possa esercitare un'azione sul cervello.


Abbiamo perciò applicato lo stesso metodo a dei topi transgenici, che sono stati geneticamente modificati per modellare il MA. Abbiamo scoperto che la risposta all'insulina nella BBB era disfunzionale, senza alcuna attivazione del recettore dell'insulina in questi topi malati. Pertanto, sia nell'uomo che nei roditori, il recettore dell'insulina cerebrale si trova principalmente sulla BBB e nel MA la sua capacità di rispondere all'insulina nel sangue è compromessa.

 

Una svolta significativa

In sintesi, i nostri risultati suggeriscono che alterazioni del numero, della struttura e della funzione dei recettori dell'insulina a livello delle cellule endoteliali della BBB possono contribuire alla resistenza all'insulina cerebrale osservata nel MA.


Gli sforzi di ricerca sul MA sono attualmente focalizzati su farmaci che, per raggiungere il loro obiettivo terapeutico (i neuroni), devono prima attraversare la BBB, il che limita grandemente il loro passaggio. Puntando invece la disfunzione metabolica del cervello, proponiamo un'alternativa di ricerca che ha due vantaggi importanti.


Il primo è che possiamo usare trattamenti che non devono attraversare la barriera BBB, poiché sono le stesse cellule endoteliali che diventano il bersaglio terapeutico. Il secondo prevede il 'riutilizzo di farmaci", che consiste nel trarre vantaggio dall'arsenale terapeutico fenomenale già approvato per combattere il diabete e l'obesità, usandolo nel contesto del MA.


Va ricordato che i pochi farmaci disponibili per il MA danno solo un modesto miglioramento dei sintomi. La lotta alla resistenza all'insulina nel cervello consentirebbe di rompere il circolo vizioso tra neuropatologia (malattia che colpisce il cervello) e diabete e in teoria rallentare la progressione della malattia.

 

Il lavoro non è finito

Dal punto di vista della ricerca di base, continueremo a studiare i meccanismi a valle dei microvasi per capire l'azione dell'insulina sugli strati profondi del cervello. Speriamo che la ricerca clinica segua l'esempio con studi sull'uomo che riutilizzano farmaci che puntano determinate malattie metaboliche, come il diabete, per combattere il MA.


Nel frattempo, in attesa di soluzioni farmaceutiche, ognuno di noi farebbe bene ad adottare il cocktail preventivo che tutti conosciamo bene: una dieta sana combinata con esercizio fisico e mentale frequente.

 

 

 


Fonte: Frederic Calon (professore), Manon Leclerc (dottoranda) e Vincent Emond (ricercatore), Université Laval/Canada

Pubblicato in The Conversation (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 



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