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Alzheimer, realizzato il primo neurone artificiale su microchip

bionic brain

Realizzato, anche grazie a ricercatori italiani, un neurone artificiale su microchip che potrebbe battere Alzheimer e demenza. Come per le coronarie, infatti, per le sinapsi cerebrali il chip fungerà da bypass sostituendo le funzioni perse a seguito della morte delle cellule cerebrali.


I risultati raggiunti e le prospettive future del neurone bionico saranno presentati e discussi in una lettura ad invito promossa dall'Associazione per la ricerca sulle demenze (Ard Onlus) durante il XVI congresso Sin-Dem che si terrà a Firenze dal 25 al 27 novembre.


"I neuroni su chip - spiega Claude Kanah, docente e ricercatore di informatica e cibernetica, - sono già una realtà. Oggi i microchip sono quadratini di 5 millimetri quadrati di superficie; in futuro potranno essere rimpiccioliti fino al diametro di un capello per essere impiantati nel cervello umano. Ad oggi questi neuroni artificiali sono stati testati in vitro, su neuroni in coltura, e in vivo, su ratti nei quali sono stati impiantati in aree critiche come l'ippocampo, una zona del cervello fondamentale per i processi di memoria, la cui funzionalità viene meno in caso di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer".

"Gli esperimenti condotti finora - sottolinea il ricercatore, - hanno dimostrato che questi neuroni di silicio (quindi artificiali) si comportano come quelli biologici: rispondono cioè alle variazioni delle correnti elettriche cerebrali, il mezzo con cui 'dialogano' i neuroni, e possono trasmettere ad altri neuroni queste informazioni sotto forma di impulsi elettrici''.


 I neuroni su chip potrebbero perciò funzionare come un 'ponte' che ripari una comunicazione interrotta o danneggiata. I test finora condotti sugli animali da Alain Nogaret dell'Università di Bath, Elisa Donati e Giacomo Indiveri dell'Università di Zurigo e altri ricercatori delle Università di Bristol e Auckland, mostrano che questi neuroni a stato solido (Ssn) sono capaci di comportarsi come i neuroni biologici, rispondendo in maniera quasi completamente identica a seguito di numerosi e differenti stimoli.


I neuroni bionici, inoltre, hanno bisogno di pochissima potenza per funzionare, appena 140 nanoWatt ovvero circa un miliardesimo del fabbisogno energetico di un microprocessore standard.


"Significa che sono impianti semplici da gestire perché
- osserva Claudio Mariani, presidente Ard Onlus, già professore di neurologia all'ospedale Sacco di Milano, - possono sfruttare le piccole correnti generate continuamente e fisiologicamente dai neuroni biologici per funzionare”


“E’ plausibile - prevede Leonardo Pantoni, direttore dell'Unità Complessa di Neurologia del Sacco di Milano, - che entro i prossimi cinque-dieci anni avremo non solo un neurone artificiale funzionante una volta innestato nel cervello umano, ma perfino reti di neuroni artificiali che potranno essere impiantate per esempio in aree colpite dall'Alzheimer o da altre patologie degenerative, per lavorare in parallelo con i circuiti rimasti e aiutare i neuroni biologici a continuare a svolgere i loro compiti".

 

 

 


Fonte: Ard Onlus

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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