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In che modo l'esercizio fisico può 'pulire' il cervello di Alzheimer?

Per i 50 milioni di persone in tutto il mondo con morbo di Alzheimer (MA), gli annunci fatti dai giganti farmaceutici dell'inizio di quest'anno, che fermeranno la ricerca sulle terapie, sono stati devastanti. La notizia è ancora peggiore se consideriamo le proiezioni secondo le quali 100 milioni di persone avranno la diagnosi di MA nel mondo entro il 2050, tutte potenzialmente senza mezzi medici per migliorare la loro qualità di vita.


Come accade, però, la ricerca di una terapia terapeutica ha avuto un salvagente. Una nuova ricerca mostra che l'esercizio fisico può 'ripulire' gli ambienti ostili nel cervello dei topi di MA, facendo nascere nuove cellule nervose nell'ippocampo, la struttura del cervello coinvolta nella memoria e nell'apprendimento, per dare miglioramenti cognitivi.


Questi risultati suggeriscono che gli agenti farmacologici che arricchiscono l'ambiente ippocampale, per aumentare la crescita e la sopravvivenza delle cellule, potrebbero essere efficaci per recuperare la salute del cervello e funzionare nei pazienti con MA.


Il cervello di un individuo con MA è un luogo duro pieno di accumuli di cellule spazzatura nocive (placche amiloidi e grovigli neurofibrillari) e una drammatica perdita di cellule nervose e connessioni che accompagnano un grave declino cognitivo, come la perdita di memoria.


Puntare e rompere questa spazzatura dannosa, in particolare le placche amiloidi, per ripristinare la funzione cerebrale, è stato l'obiettivo di molti studi clinici falliti. Questa futilità ha portato a ridiscutere l'ipotesi amiloide, il dogma centrale per la patologia del MA basato sull'accumulo tossico di placche amiloidi.


Allo stesso tempo, ci sono state tracce di prove che l'esercizio ha un ruolo nel prevenire il MA, ma ancora non sappiamo esattamente come questo avviene e come sfruttarlo terapeuticamente. È stato dimostrato che l'esercizio fisico crea cambiamenti biochimici che fertilizzano l'ambiente cerebrale per riparare la salute delle cellule nervose. Inoltre, l'esercizio fisico induce cambiamenti riparativi rilevanti per la patologia del MA con una crescita migliore delle cellule nervose e della connettività nell'ippocampo, un processo chiamato neurogenesi dell'ippocampo adulto.


Per questi motivi, gli autori Choi et al. hanno cercato di capire se gli effetti indotti dall'esercizio e la crescita delle cellule nervose dell'ippocampo potrebbero essere usati a fini terapeutici nel MA per ripristinare la funzione cerebrale. 


I ricercatori hanno scoperto che gli animali allenati di un topo modello di MA avevano una memoria notevolmente migliore rispetto a quelli sedentari, grazie alla migliore neurogenesi dell'ippocampo adulto e all'aumento delle quantità di una specifica molecola che promuove la crescita delle cellule cerebrali, chiamata BDNF. È importante sottolineare che hanno potuto recuperare la funzione cerebrale, in particolare la memoria, nei topi con MA, ma senza esercizio, aumentando la crescita delle cellule ippocampali e i livelli di BDNF con una combinazione di mezzi di iniezione genetica e di virus.


Dall'altra parte, bloccando la neurogenesi dell'ippocampo nella fase precoce del MA, la salute delle cellule nervose è peggiorata gradualmente, portando alla degenerazione dell'ippocampo e, successivamente, della funzione della memoria. Ciò fornisce una prova preclinica del concetto che una combinazione di farmaci che aumentano la neurogenesi dell'ippocampo adulto e i livelli di BDNF potrebbe essere modificante la malattia o prevenire del tutto il MA.


Con questo lavoro, le cose non sembrano promettenti per l'ipotesi amiloide, che postula che il MA è causato dalla deposizione di placche amiloidi. In questo studio, è stato dimostrato che l'eliminazione delle placche di amiloide non era necessaria per migliorare i difetti di memoria, il che è coerente con l'evidenza che le placche possono esserci anche nel cervello di individui sani. Al contrario, potremmo considerare una nuova e migliore teoria fondamentale per il MA quella basata sulla promozione di un ambiente più sano del cervello e della neurogenesi dell'ippocampo adulto.


Tuttavia, questa notizia interessante dovrebbe essere presa con un importante avvertimento: sappiamo che i risultati ottenuti sui topi modello di MA non si trasferiscono agli umani, così che i trattamenti che hanno funzionato per porre rimedio ai topi sono falliti negli umani. Inoltre, anche se questi risultati si traducessero negli esseri umani, potrebbero applicarsi alla frazione di individui con MA che hanno componenti genetiche rilevanti per il modello di topo usato. Gli studi futuri dovranno replicare questi risultati in topi modello che emulano la gamma di ambienti genetici conosciuti nel MA e, cosa più importante, dimostrare la rilevanza medica per la malattia umana.


Prima di tradurre questi risultati nei pazienti umani, rimane da fare una ricerca significativa per stabilire se un farmaco può simulare gli effetti dell'esercizio fisico, 'ripulendo' il cervello con il BDNF e stimolando la neurogenesi per combattere il MA. Attualmente, il metodo per somministrare BDNF agli animali in laboratorio - mediante iniezione diretta nel cervello - non è l'ideale per le persone e non c'è ancora un composto che stimola la neurogenesi dell'ippocampo.


I futuri tentativi di generare mezzi farmacologici per imitare e accrescere i benefici dell'esercizio per aumentare la neurogenesi dell'ippocampo adulto oltre al BDNF potrebbero un giorno fornire un mezzo efficace per migliorare la cognizione nelle persone con MA. Inoltre, l'aumento della neurogenesi nei primi stadi della malattia può proteggere dalla morte le cellule neuronali più avanti nella malattia, fornendo una strategia di trattamento potenzialmente potente per modificare la malattia.

 

 

 


Fonte: Jonathan D. Grinstein PhD, ricercatore biomedico diventato scrittore scientifico, che esplora l'intersezione tra neuroscienza e salute mentale.

Pubblicato su Scientific American (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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