Anche se inizia in modo abbastanza convenzionale, questo film molto fine e stimolante dimostra subito di essere di gran lunga più inventivo (e intenso) di quanto si possa immaginare.
Questo dipende in gran parte dal cast intelligente, dalla fotografia intuitiva e da un espediente robusto di apertura che imposta in modo succinto l'azione per quello che segue.
Julianne Moore è straordinaria come dotto professore di linguistica che deve non solo affrontare l'insorgenza precoce dell'Alzheimer, ma deve anche dire alla sua famiglia che è di origine genetica. Una, se non tutte le sue tre figlie, potrebbero trasmettere la malattia ai propri figli.
Alec Baldwin interpreta in modo piuttosto efficace il marito ossessionato dal lavoro (dopo che ci si abitua all'idea che lo sta interpretando correttamente). Kate Bosworth e una Kristen Stewart opportunamente scontrosa, offrono entrambe un forte sostegno.
Glatzer e Westmoreland, una coppia sposata, conoscono bene la materia (Glatzer soffre di una malattia non molto diversa), e mostrano una empatia inerente al materiale, che si rivela sia toccante che disperatamente triste.
La Moore, una dei favoriti all'Oscar per il suo ottimo lavoro qui, non ha paura di apparire proprio com'è sullo schermo, senza trucco, con il suo modo personale di leggere questo ruolo molto impegnativo (l'obiettivo del direttore della fotografia Denis Loir non può fare a meno di adorarla, a prescindere).
La condizione del suo personaggio è straziante quando il suo medico la informa che le sue abilità accademiche, di fatto, non faranno che peggiorare la velocità del declino. Sei mesi dopo, riesce a malapena a parlare.
Il tema dell'Alzheimer potrebbe essere sentito molto agli Oscar di quest'anno (il film «I’m Not Gonna Miss You» del malato Glen Campbell ha avuto la nomination per la miglior canzone), ma non si dovrebbe vedere tutto questo in una luce cinica. Hollywood ama raccogliersi attorno ad una giusta causa, naturalmente, e a volte può sembrare così apertamente seria da rovinare il momento. Questa volta, però, è davvero personale.
Fonte: Daily Telegraph (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
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