Oggi la undicesima giornata mondiale dedicata alla malattia: 600 mila persone colpite nel nostro Paese. Test della memoria gratuiti nelle piazze italiane
Soldi. Farmaci. Assistenza a casa. Centri diurni. Centri residenziali. E dottori specializzati.
Prima di sedersi a parlare e fare il punto sull' emergenza Alzheimer nella Giornata mondiale della malattia, le associazioni che rappresentano i malati e loro famiglie hanno presentato un conto che vorrebbero chiudere al più presto.
Ad aspettare ci sono i seicentomila pazienti italiani colpiti dalla «malattia silente», quelli che all' inizio sono come noi, magari un po' più vaghi e smemorati ma al capolinea della malattia ci arrivano da «non autosufficienti» e il percorso che attraversano è fatto di sofferenza, umiliazioni, difficoltà e solitudine.
Tempo venticinque anni e saranno un milione i nostri genitori, nonni, vicini di casa, piegati dalla più diffusa forma di demenza.
Il bilancio di un secolo di malattia (il neurologo tedesco Alois Alzheimer la descrisse per primo nel 1907) è desolante: in Italia la malattia avanza con 80mila nuovi casi all' anno, i pazienti e le loro famiglie sono alle corde. In otto casi su dieci l' anziano vive in famiglia quindi il problema resta, ed esplode, in casa. Serve qualcuno che gli stia accanto, un figlio o un nipote, più spesso c' è una badante da mille euro al mese più i contributi.
Secondo una recente indagine (Censis) in 7 casi su 10 il familiare che accudisce il malato è costretto a lasciare il lavoro, il 7% mantiene un impiego part-time. Le famiglie spendono mediamente 36mila euro all' anno per curare un paziente di Alzheimer, esclusa la spesa per badanti o infermieri.
Migliaia di persone fanno sacrifici enormi per assistere genitori o nonni che arrivano a non riconoscerli nemmeno più, che non possono andare a fare una passeggiata al parco perché non troverebbero la strada di casa, che non sono in grado di vestirsi, lavarsi, prepararsi una tazza di tè: l' Alzheimer colpisce le cellule del sistema nervoso centrale nelle aree del cervello deputate alla memoria (87%), al linguaggio (82%), alla capacità di orientarsi nello spazio e nel tempo (45%).
«I parenti pagano con le loro vite e con i loro soldi. Non c' è una rete di servizi adeguata. A partire dall' inizio, cioè dalla diagnosi, che spesso non è affatto tempestiva, per arrivare alle cure, all' accesso ai farmaci - dice la presidente dell' Aima, Patrizia Spadin -. In Francia hanno varato un piano triennale con un investimento di 120 milioni di euro, l' Alzheimer è stato riconosciuto come malattia cronica e il paziente viene preso in carico al 100%. L' Italia è ferma al progetto "Cronos", che fa acqua da tutte le parti e che fra l' altro sarebbe anche scaduto».
Il progetto Cronos, partito quattro anni fa, si basa sull' istituzione dei centri Uva (unità di valutazione per la malattia), ce ne sono 503 in tutto il Paese: lì viene fatta la diagnosi, lì vengono prescritti i farmaci e soltanto passando da questi centri la spesa per le medicine si riduce a 80 euro al mese. «Il problema è la distribuzione sul territorio degli Uva, in Lombardia ce ne sono una sessantina ma in Sardegna, Puglia o Calabria è diverso - spiega Spadin -. Ci sono migliaia di famiglie che hanno il centro più vicino a cento chilometri di distanza. E poi le competenze variano molto da centro a centro».
Di fatto il progetto prevedeva cure gratis per centomila pazienti ma a due anni dal via erano arrivate a non più di 35mila persone.
Questo è il bilancio in Italia tracciato in occasione dell' XI Giornata mondiale dell' Alzheimer, istituita dall' Organizzazione mondiale della Sanità e dall' Alzheimer's disease International (Adi).
Oggi nelle piazze delle principali città neurologi e geriatri faranno test gratuiti sulla memoria a centinaia di ultracinquantenni, perché è a quell' età che val la pena «misurare» la capacità di ricordare, primo campanello d' allarme della malattia.
L' incidenza a sessant'anni è del 2 o 3% ma a ottanta è già del 20% e molti arrivano tardi alla diagnosi: lo screening di oggi serve anche a questo.
Le associazioni dei familiari sono mobilitate, la Federazione Alzheimer Italia ha lanciato un appello chiedendo un incontro urgente con il ministro della Salute Girolamo Sirchia. L' Adi ha scritto ai responsabili della Sanità di 66 Paesi perché la demenza (la forma più diffusa - sei casi su 10 - è Alzheimer) sia riconosciuta come «emergenza sanitaria». Oggi nel mondo i malati sono 18 milioni, fra 25 anni saranno il doppio.
Articolo di Federica Cavadini, Corriere della sera, 21 settembre 2004, Archivio storico.