La scoperta studiando il caso di un paziente di 39 anni.
Scoprire come si eredita l' Alzheimer può anche voler dire trovare, quasi per caso, nuove cure.
Così è successo a un gruppo di ricercatori milanesi che hanno individuato un nuovo gene, o meglio la mutazione di un gene, che si eredita da genitori completamente sani e provoca forme gravi di Alzheimer.
Ecco allora come, partendo dallo studio di un solo paziente, si è arrivati, passo dopo passo, a ipotizzare nuove terapie.
Un paziente che non rientrava nei soliti schemi perché era giovane (39 anni), con una grave forma di demenza senile e senza familiarità per la malattia.
Di solito l' Alzheimer compare più avanti negli anni e il rischio di malattia aumenta con l' età.
È la più comune forma di demenza tutt' oggi inguaribile, in Italia interessa 450 mila persone (6 milioni in Europa) ma la cifra è destinata più che a raddoppiare entro il 2050 a causa dell' atteso aumento del numero di anziani, che ne sono i più colpiti.
«Quando l'Alzheimer è familiare - racconta Fabrizio Tagliavini dell' Istituto Neurologico Besta di Milano che ha firmato il lavoro in uscita su Science con ricercatori del Mario Negri e dell' Università - si incontrano, nell'albero genealogico, diverse persone malate e il gene che viene trasmesso è "dominante", cioè basta ereditarlo da un solo genitore e ci si ammala».
Finora sono stati scoperti tre geni ereditari le cui anomalie producono proteine alterate: una di queste è un precursore della proteina beta amiloide, la sostanza che poi forma le placche nel cervello e provoca i sintomi dell' Alzheimer. «Noi invece abbiamo scoperto la mutazione di un gene - continua Tagliavini - che fa ammalare soltanto quando viene ereditata da entrambi i genitori: loro sono sani, anzi, abbiamo osservato che chi ha una sola copia del gene mutato può arrivare a tarda età con un cervello che funziona benissimo».
Proprio qui sta la «curiosità» che ha stupito gli stessi ricercatori: quando si ha un solo gene alterato (quello appena scoperto che produce la proteina anomala), mentre l' altro gene è sano (e fabbrica una proteina normale), la proteina normale «neutralizza» quella malata. E l' individuo non si ammala. «Ma abbiamo anche visto che è vero il contrario - continua Tagliavini - la proteina malata può interferire con quella sana, bloccandola».
Che cosa significa tutto questo? Per capirlo dobbiamo ritornare alle forme di Alzheimer sporadiche, quelle cioè che non si ereditano e che rappresentano la maggioranza dei casi: anche in questi casi una proteina beta amiloide normale comincia ad alterarsi e forma le placche.
«Abbiamo osservato in laboratorio - aggiunge Tagliavini - che se aggiungiamo a questa proteina normale che comincia ad alterarsi la proteina "anormale" fabbricata dal gene mutato che noi abbiamo identificato, si arresta il processo di degenerazione».
Si può pensare, in altre parole, di costruire una proteina amiloide sintetica da usare come terapia dell' Alzheimer. «Tutto questo è ancora da verificare - conclude Tagliavini - e abbiamo pronti i modelli animali, ma è un grande passo avanti se si pensa che i farmaci hanno un' efficacia limitata e che i vaccini finora non hanno dato buoni risultati».
Articolo di Adriana Bazzi, Corriere della Sera, 13 marzo 2009, Archivio storico.