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Percorso sull'Everest spiega come nasce il diabete di tipo II

Gli scienziati hanno acquisito nuove conoscenze sul processo molecolare che fa acquisire ad alcune persone il diabete di tipo II, informazioni che potrebbero portare a nuovi modi di impedire l'insorgenza della malattia.


La ricerca, guidata dall'Università di Southampton e dalla University College London, ha avuto luogo sul monte Everest e ha valutato i meccanismi con cui i bassi livelli di ossigeno nel corpo (ipossia) sono associati allo sviluppo dell'insulino-resistenza.


L'insulino-resistenza avviene quando le cellule non rispondono all'insulina nel corpo; essa permette al corpo di regolare i livelli di zucchero. Troppo zucchero può essere tossico e condurre al diabete di tipo II.


La ricerca, pubblicata su PLoS ONE, ha scoperto che diversi marcatori di resistenza all'insulina risultano aumentati in seguito all'esposizione prolungata (6-8 settimane) all'ipossia in alta quota e che questo cambiamento è correlato ad un aumento dei livelli ematici di marcatori di infiammazione e di stress ossidativo. I dati provengono da uno studio denominato Caudwell Xtreme Everest, che ha avuto luogo nel 2007, coordinato dal «Centre for Altitude, Space and Extreme environment medicine» (CASE Medicine) dell'UCL.


Lo studio è stato condotto da Mike Grocott, Professore di Anestesia e Terapia Intensiva dell'Università di Southampton, co-fondatore di CASE Medicine dell'UCL, che ora guida la Critical Care Research Area all'interno della Respiratory Research Biomedical Unit del National Institute for Health Research di Southampton (NIHR). Egli afferma: "Questi risultati ci hanno dato indicazioni utili sul problema clinico dell'insulino-resistenza. Si crede che il tessuto grasso nelle persone obese esista in uno stato cronico di ipossia lieve, perché i piccoli vasi sanguigni non sono in grado di fornire sufficiente ossigeno al tessuto grasso. Il nostro studio è unico in quanto ci ha permesso di vedere le cose nelle persone sane in quota, ciò che si può di norma vedere solo nelle persone obese a livello del mare. I risultati suggeriscono possibili interventi per ridurre la progressione verso il diabete conclamato, incluse misure per ridurre lo stress ossidativo e l'infiammazione nel corpo".


Durante lo studio, 24 persone sono salite al monte Everest e si sono sottoposte a valutazioni di controllo del glucosio, di variazioni di peso corporeo e dei biomarcatori dell'infiammazione, all'Everest Base Camp, che si trova ad un'altitudine di 5.300 m. La metà del gruppo è rimasta al campo base, mentre l'altra metà è salita sul monte a un massimo di 8.848 m. Le misure sono state prese in ciascun gruppo alla sesta e ottava settimana del tragitto.

Può essere rilevante perché:

Il diabete e l'obesità con i fattori metabolici correlati (es. il colesterolo) sono fattori di rischio per la demenza e l'Alzheimer.


L'obiettivo era aumentare la comprensione dei pazienti critici. Il team ha anche fatto la prima misura di sempre del livello di ossigeno nel sangue umano a 8.400 m, sulla terrazza dell'Everest. Questo è il fulcro di un vasto e continuo programma di ricerca sull'ipossia e le prestazioni umane in estrema altitudine, volto a migliorare la cura dei pazienti critici e degli altri per cui l'ipossia è un problema fondamentale. Il più recente esperimento dallo stesso team, Xtreme Everest 2, ha avuto luogo nella primavera del 2013.


Il Dr. Daniel Martin, Professore e Consulente Onorario alla Divisione di Chirurgia e Scienze Interventistica dell'UCL e Direttore di UCL CASE Medicine, aggiunge: "Questi risultati entusiasmanti ci danno una visione unica del possibile meccanismo di insulino-resistenza nel diabete e suggeriscono alcuni indizi sull'area dove concentrare ulteriore ricerca per nuovi trattamenti per questa malattia. Viene inoltre dimostrato il valore per i pazienti a livello del mare dato dall'utilizzo di volontari sani in studi condotti in alta quota. La nostro modello sperimentale di alta quota per lo studio di malattie comuni che coinvolgono l'ipossia tissutale è un modo fantastico per verificare ipotesi che altrimenti sarebbero molto difficili da esplorare".

 

 

 

 

 


FonteUniversity of Southampton via AlphaGalileo  (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti:  Mario Siervo, Heather L. Riley, Bernadette O. Fernandez, Carl A. Leckstrom, Daniel S. Martin, Kay Mitchell, Denny Z. H. Levett, Hugh E. Montgomery, Monty G. Mythen, Michael P. W. Grocott, Martin Feelisch. Effects of Prolonged Exposure to Hypobaric Hypoxia on Oxidative Stress, Inflammation and Gluco-Insular Regulation: The Not-So-Sweet Price for Good Regulation. PLoS ONE, 2014; 9 (4): e94915 DOI: 10.1371/journal.pone.0094915

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