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Come rimodellare con le arti l'assistenza alla demenza

anne bastingAnne BastingDa bambina, Anne Basting è andata a trovare la nonna nella casa di riposo. 'Impressionante' è la parola che le viene in mente quando descrive l'esperienza. Eppure nei decenni successivi a quella visita infantile, il lavoro della Basting ha contribuito a trasformare le strutture come quella.


Come artista e studiosa, ha infuso l'arte nella demenza e nella cura dell'anziano, usando canzoni, danza, improvvisazione e teatro per suscitare comunicazione e gioia. Le sue idee si sono diffuse nei centri di cura di tutto il paese e nelle singole famiglie, con la speranza di forgiare connessioni significative con i propri cari.


Con un dottorato nelle arti teatrali, la Basting è professoressa di inglese all'Università del Wisconsin di Milwaukee e fondatrice di TimesLips, una no-profit dedicata alla narrazione. È stata nominata MacArthur Fellow nel 2016 e ha scritto numerosi libri, compreso Creative Care: A Revolutionary Approach to Dementia and Elder Care (Assistenza creativa: un approccio rivoluzionario alla demenza e alla cura dell'anziano). Abbiamo parlato con la Basting dei modi per rinvigorire le relazioni con i propri cari che hanno la demenza.

 

Come ti sei resa conto che le arti possono migliorare la cura della demenza?

Ho sempre amato le arti, perché hanno arricchito completamente la mia vita. Volevo vedere se gli esercizi che mi piaceva fare, che avevo visto trasformare anziani sani, potevano funzionare in un'unità di Alzheimer.

La prima volta che l'ho provato, in realtà non ha funzionato, perché mi sono concentrata sulla memoria. Ma quando mi sono spostata verso l'improvvisazione, tutto è cambiato. Ho portato lì un'immagine e ho detto: "Creiamo una storia. Tutto ciò che dici, lo scrivo". Le persone hanno cominciato a recitare e a esprimere e a cantare in un modo che sembrava miracoloso. Stava emergendo dalla disconnessione totale dalla vita. Erano presenti e condividevano il dono della loro immaginazione con me, e tra di loro.

 

Puoi descrivere in poche parole la 'cura creativa', il tuo approccio alla demenza e alla cura dell'anziano?

La cura creativa è essenzialmente l'atto di invitare un'altra persona a esprimersi e a creare significato. È ascoltare una storia che prende vita e invitare quella persona a connettersi con te e con la vita. Questo è il suo nucleo. Per le persone che sono state spente dalla paura di dire la cosa sbagliata, o a causa della malattia, quell'invito a creare significato e a esprimersi può essere una linea di vita, un invito a tornare nel mondo.

 

Perché una conversazione più convenzionale, il concentrarsi su ricordi o eventi attuali, è un approccio sbagliato?

Quando stai coinvolgendo qualcuno con perdita di memoria, e gli chiedi di ricordare le cose, gli stai chiedendo di andare proprio sulla sua perdita per esprimersi. Sta invitando la persona alla vergogna e al fallimento. Quello che ci chiede la creatività e l'immaginazione è lasciar andare tutto ciò. Di sicuro i ricordi escono, perché non puoi separare completamente memoria e immaginazione. Ma se lasci andare l'aspettativa della memoria, apri così tante altre possibilità.

Se chiedi a una persona con perdita di memoria, "Ti ricordi il mio nome?" o "Ti ricordi quando abbiamo fatto insieme quel viaggio?", c'è solo una risposta, e c'è solo un percorso in cui quella risposta può viaggiare nel cervello. Nove volte su dieci quel percorso è rotto. Se invece inviti la persona nel momento, e le fai una domanda aperta, ci sono mille possibili risposte e mille possibili percorsi per il viaggio di quella risposta. Apri l'opportunità e rendi possibile la connessione e l'espressione.

Siamo ora così a disagio o lontani dalla nostra capacità creativa interiore, che le persone smettono di usare le arti e l'immaginazione come linguaggio. Questo è essenzialmente ciò che stiamo facendo, insegnando alle persone la fiducia creativa.

 

Perché resistiamo così tanto a permettere l'immaginazione e la flessibilità nella comunicazione?

Nella cultura occidentale, la memoria è identità, e l'identità individuale è tutto. Proteggiamo il confine della capacità delle persone di controllare la memoria come i confini della loro identità. Credi che, se perdi la memoria, perdi l'identità. Dal lato caregiving, cerchiamo di cancellare il senso di perdita e ripariamo la persona concentrandoci sulla ricostruzione della sua memoria e identità, cercando di preservarla e proteggerla, il che è fantastico, ma ne provoca anche la disconnessione.

Un esempio classico è quando lavoriamo con le persone in un programma diurno per adulti o in una struttura di vita assistita, il figlio adulto dice: "Mio padre non avrebbe mai partecipato a questo! Era molto serio, e non farà questo gioco sciocco di narrazione". Poi si accorge che il padre canta e trova una gioia totale nel divertirsi, interagire con altre persone e avere l'opportunità di giocare con il linguaggio, il collegamento, esplorare e crescere. Le persone temono che sia poco dignitoso o infantile, ma non potrebbe essere più lontano da ciò. Sta onorando ciò che esce dalle persone e da chi sono proprio adesso.

 

Hai esempi di esercizi specifici che suscitano espressione, connessione e gioia?

Amo lavorare nei micro-momenti del giorno, dove sei con qualcuno e, passando, guardi fuori dalla finestra e immagini qualcosa insieme. Oppure chiedi cosa possiamo considerare una 'bellissima domanda', una domanda aperta, come "Qual è un bel suono nel mondo?". Entrambi possiamo rispondere e quindi provare a riprodurre il suono. Crei questi micro-momenti di gioia e immaginazione.

Adoro anche i progetti a lungo termine come il progetto 'Non crescerò' in Kentucky. Da due anni, realizziamo laboratori creativi basati sull'immaginazione, cercando di reinventare la storia di Peter Pan, in 12 case di riposo rurali. Collaboriamo con il personale, le famiglie, i volontari, i residenti e gli artisti, ricostruendo quella storia in un gioco coinvolgente che abbiamo messo su con i residenti e invitato la comunità a venire a sperimentarlo. Non c'è niente di più potente che sperimentare un luogo stigmatizzato in cui nessuno vuole andare, trasformato in un vivace centro culturale, dove le persone reclamano a gran voce i biglietti. Ti fa capire quanto arti e cultura si sono separate dall'assistenza sanitaria. In definitiva, la mia missione è rimetterle insieme solidamente.

 

Come possono le persone mettere in pratica queste idee a casa?

Fai domande aperte che hanno le chiavi all'espressione creativa per quella persona. "Cosa vedi?", "Dove vuoi che questo avvenga?". Enfatizza che non ci sono risposte giuste, che possono immaginare e controllare loro stessi la storia.

Una volta ho chiesto a un gentiluomo che non riusciva più a parlare: "Puoi mostrarmi come si muove l'acqua?". Ha ballato per circa mezz'ora, mostrando come si muove l'acqua. Non sai cosa c'è dentro le persone alle quali la malattia ha tolto il privilegio di esprimersi, finché non tenti di svelarlo di nuovo.

 

Scrivi nel tuo libro di tua madre che ha problemi di memoria; ci sono stati momenti in cui hai sfruttato il tuo lavoro per connetterti con lei?

Quando eravamo a una grande cena di famiglia, ero seduta accanto a lei e lei si è voltata verso di me e mi ha guardato senza espressione, dicendo "Dov'è Anne?". Era come ... wow, quando formavo centinaia di persone ad affrontare quel momento, a come non reagire, perché la persona non sa che sta facendo male. Così ho fatto una breve pausa. Mia sorella Ellen era andata in bagno così dissi: "Intendi Ellen? Penso che sia andata in bagno". Allora mi ha guardato e sorridendo ha detto: "Sei proprio lì", e io dissi: "Sì! Sono proprio qui e ti amo". Anche nel momento più difficile, quando la persona non ti riconosce, puoi essere ancora presente e farle sapere che l'amore tra voi è lì.

 

In che modo questo approccio aiuta i caregiver come te?

Uno degli altri cambiamenti per creare momenti di significato condivisi, oltre a scambiare la memoria con l'immaginazione, è passare da "Lo sto facendo per te", a darsi reciprocamente dei benefici. Questo processo nutre entrambe le parti coinvolte nella cura, così puoi sentire di ricevere il dono dell'immaginazione di qualcuno e il dono di aprire la porta che qualcuno può usare per incontrarti attraverso l'immaginazione. È nutrire in entrambe le direzioni.

Sappiamo dalla ricerca psicologica che la creatività e la generosità riducono lo stress e migliorano il benessere, e quando metti queste due cose insieme in una situazione di caregiving, che può essere molto stressante, entrambe le parti coinvolte nella cura si sentono meglio.

 

 

 


Fonte: Hara Estroff Marano in Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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