Una nuova scoperta può aiutare a spiegare i legami sorprendentemente forti tra i disturbi del sonno e le malattie neurodegenerative come l'Alzheimer. La perdita di sonno aumenta il rischio di Alzheimer, e gli schemi di sonno interrotto sono tra i primi segnali di questa malattia devastante.
Gli scienziati della School of Medicine della Washington University di St. Louis e della University of Pennsylvania hanno dimostrato che i danni alle cellule del cervello simili a quelli osservati nell'Alzheimer e in altri disturbi, sono il risultato della disattivazione di un gene che controlla il ciclo sonno-veglia e altri ritmi corporei.
I ricercatori hanno trovato prove che la disattivazione di un gene dell'orologio circadiano, che controlla i ritmi quotidiani di molti processi corporei, blocca una parte del ciclo di pulizia del cervello che neutralizza le sostanze chimiche pericolose, note come radicali liberi.
“Normalmente nelle ore che precedono il mezzogiorno, il cervello aumenta la produzione di alcuni enzimi antiossidanti, che aiutano a ripulire i radicali liberi”, ha detto il primo autore Erik Musiek, MD, PhD, assistente professore di neurologia alla Scuola di Medicina. “Quindi, quando i geni dell'orologio sono disabilitati, questo aumento non avviene più, e i radicali liberi possono indugiare nel cervello e causare più danni”.
Musiek ha condotto la ricerca nei laboratori di Garret FitzGerald, MD, preside di farmacologia all’Università della Pennsylvania, e di David Holtzman, MD, professore Andrew B. e Gretchen P. Jones, e capo del Dipartimento di Neurologia alla Scuola di Medicina dell’Università di Washington, che sono co-autori senior dello studio apparso il 25 Novembre in The Journal of Clinical Investigation.
Musiek ha studiato topi privi di un gene dell'orologio principale, chiamato Bmal1. Senza questo gene, le attività che normalmente avvengono in particolari momenti della giornata, risultano interrotte. “Per esempio, i topi sono di norma attivi di notte e dormono durante il giorno, ma quando manca il Bmal1 dormono ugualmente di giorno e di notte, senza ritmo circadiano”, ha detto Musiek. “Dormono per lo stesso tempo, ma distribuito su tutta la giornata. Perdono il ritmo dell'espressione dei geni”.
FitzGerald utilizza i topi privi di Bmal1 per studiare se le cellule dell’orologio hanno legami con diabete e le malattie cardiache. Egli ha dimostrato che i geni dell'orologio influenzano la pressione arteriosa, la glicemia e il livello dei lipidi. Diversi anni fa, Musiek, che all’epoca insegnava neurologia all’Università della Pennsylvania, e FitzGerald, hanno deciso di studiare come la rimozione del Bmal1 colpisca il cervello. Holtzman, che ha pubblicato un lavoro pionieristico sul sonno e l'Alzheimer, ha incoraggiato Musiek a continuare e ad espandere questi studi quando è arrivato alla Washington University come borsista postdottorato.
Nel nuovo studio, Musiek ha scoperto che, quando i topi invecchiano, molte delle loro cellule cerebrali diventano danneggiate e non funzionano più normalmente. I modelli di danno sono simili a quelli osservati nell'Alzheimer e in altre patologie neurodegenerative. “Il danno alle cellule cerebrali di questi topi è di gran lunga superiore a quello normalmente presente nei topi che invecchiano”, ha detto Musiek. “Molte delle lesioni sembrano essere causate dai radicali liberi, che sono sottoprodotti del metabolismo. Se i radicali liberi vengono a contatto con le cellule del cervello o di altri tessuti, possono causare reazioni chimiche dannose”.
Ciò ha portato Musiek ad esaminare la produzione dei principali enzimi antiossidanti, che di solito neutralizzano ed aiutano ad eliminare i radicali liberi dal cervello, limitando così i danni. Ha trovato che il livello di diverse proteine antiossidanti raggiungono un picco nel mezzo della giornata nei topi sani.
“Stiamo cercando di trovare maggiori specifiche sul modo in cui i problemi ai geni dell'orologio contribuiscono alla neurodegenerazione, con e senza influenze sul sonno”, ha detto Musiek. “Questa è una distinzione difficile da fare, ma deve essere fatta perché i geni dell’orologio sembrano controllare molte altre funzioni nel cervello, oltre al sonno e alla veglia”.
Questa ricerca è stata finanziata dal National Institutes of Health, dalla Ellison Medical Foundation, dal Cure Alzheimer's Fund e dalla AAN.
Fonte: Washington University in St. Louis.
Riferimenti: Erik S. Musiek, Miranda M. Lim, Guangrui Yang, Adam Q. Bauer, Laura Qi, Yool Lee, Jee Hoon Roh, Xilma Ortiz-Gonzalez, Joshua T. Dearborn, Joseph P. Culver, Erik D. Herzog, John B. Hogenesch, David F. Wozniak, Krikor Dikranian, Benoit I. Giasson, David R. Weaver, David M. Holtzman, Garret A. FitzGerald. Circadian clock proteins regulate neuronal redox homeostasis and neurodegeneration. Journal of Clinical Investigation, 2013; DOI: 10.1172/JCI70317
Pubblicato da Michael C. Purdy in news.wustl.edu (> English version) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |