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5 cose che probabilmente non sapevi dell'Alzheimer

Nel libro «The End of Memory: A Natural History of Aging and Alzheimer's», lo scrittore scientifico pluripremiato Jay Ingram condivide la storia della malattia debilitante, dalla sua scoperta nel 20esimo secolo, fino al punto in cui si trova oggi la ricerca di trattamenti migliori e, si spera, di una cura.


Ecco 5 fatti scovati da Ingram che hanno suscitato il nostro interesse.

 

  1. La prima cosa che succede a un cervello con Alzheimer non è quello che pensi. Noi associamo l'Alzheimer a due modifiche principali nel cervello: l'accumulo di placche amiloidi tra i neuroni e i grovigli di proteina tau all'interno dei neuroni. Ma il primo segno della malattia nel cervello è in realtà la perdita di sinapsi che passano le informazioni da un neurone all'altro. Una volta che le sinapsi se ne vanno, i neuroni seguono l'esempio (una drastica riduzione nei neuroni è anche un segno distintivo della malattia).
    E' anche possibile avere un cervello pieno di placche e grovigli ed essere comunque acuti. In uno studio, chiamato giustamente «Nun Study» (nun=suora), un gruppo di suore ha permesso a dei ricercatori di monitorare la loro salute, i comportamenti, lo stato mentale e, alla fine, di fare l'autopsia al loro cervello. Una delle partecipanti, in particolare, si è distinta: Suor Mary ha vissuto fino alla veneranda età di 101 anni e sembrava essere intelligente, vigile e attenta fino alla fine. Ma quando i ricercatori hanno esaminato il suo cervello, hanno scoperto che era traboccante di placche e grovigli.

  2. "Dear Abby" ha contribuito a portare la malattia sotto i riflettori. Nel 1906, quando il dottor Alois Alzheimer ha parlato ad un gruppo di psichiatri della prima paziente con diagnosi di ciò che oggi chiamiamo Morbo di Alzheimer, non uno gli ha fatto una domanda. Il presidente della riunione ha osservato: "E' chiaro che non c'è desiderio di discussione". E' solo negli anni '70 che l'Alzheimer è stata riconosciuta come una malattia e non, come si pensava, solo uno dei rischi legati all'invecchiamento.
    Nel 1980, una lettera alla rubrica di consigli 'Dear Abby' ha suscitato l'interesse del pubblico. Il lettore o lettrice 'Desperate in New York' ha scritto per chiedere se Abby aveva mai sentito parlare del Morbo di Alzheimer, e se sì, se aveva qualche idea su come gestire la cosa. La giornalista ha chiesto ai lettori con domande simili a inviarle alla neonata Alzheimer's Association, e in poco tempo sono arrivate più di 20.000 lettere.

  3. Il tuo stile di scrittura può dire ai ricercatori qualcosa sul tuo rischio. Un'altra scoperta del Nun Study suggerisce che i tuoi diari giovanili potrebbero offrire un indizio sulle possibilità di sviluppare la malattia. Nel 1930, a delle suore 20enni è stato chiesto di scrivere alcune frasi a proposito del luogo di nascita, dei genitori, dell'istruzione, degli eventi della vita e perché erano entrate in convento. 60 anni dopo i ricercatori hanno analizzato la densità di idee (quante informazioni diverse, in media, erano inserite in ogni frase) ed hanno trovato che minore è la densità di idee, maggiore era la probabilità che l'autrice avrebbe infine sviluppato l'Alzheimer. Il 90 per cento delle suore che hanno sviluppato l'Alzheimer avevano avuto una bassa densità di idee in gioventù, rispetto al 13 per cento di coloro che sono rimaste indenni dalla malattia.

  4. Rita Hayworth è stata la prima celebrità a combatterla in pubblico. La scena pettegola di New York mormorava la notizia che il condominio della Hayworth minacciava di cacciarla via perché secondo gli altri residenti era sempre ubriaca. Quando uno scrittore del Daily News ha avuto sentore che il problema della Hayworth avrebbe potuto essere l'Alzheimer, non l'alcolismo, ha parlato con un ricercatore di Alzheimer, e poi ha rimproverato il consiglio del condominio (sul giornale, ovviamente) per i pasticci che stava combinando. La Hayworth ha avuto la diagnosi nel 1979 ed è morta per le complicazioni della malattia nel 1987.

  5. C'è una correlazione tra la sindrome di Down e l'Alzheimer. E ha a che fare con i geni. Nel 1940, un medico ha trovato un minor numero di neuroni, più placche e grovigli nel cervello di tre pazienti con sindrome di Down, come in coloro che soffrono di Alzheimer. Anni dopo, un ricercatore dell'Università del Minnesota ha scoperto che i malati di Alzheimer avevano un numero insolitamente elevato di parenti con sindrome di Down; si aspettava di trovare una di tali connessioni per ogni paziente, ma molti nel gruppo che ha studiato ne avevano 6. E' saltato fuori che un gene che porta al rilascio di amiloide-beta (la sostanza che compone le placche), quando avviene una mutazione, è posizionato sul cromosoma 21, lo stesso cromosoma di cui i pazienti con sindrome di Down hanno una copia in più.

 

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Le informazioni contenute in questo articolo provengono dal libro The End of Memory: A Natural History of Aging and Alzheimer's.

 

 

 


Fonte: Emma Haak/Oprah.com in Huffington Post (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

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Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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