Josef Priller |
Per la prima volta un gruppo di ricerca è riuscito a documentare come il sistema immunitario può contrastare l'avanzamento dell'Alzheimer.
Questa ricerca ha attirato la mia attenzione per una serie di motivi. Primo, si tratta di un approccio terapeutico nuovo e diverso. Secondo, si tratta di una terapia a base cellulare. Terzo, i ricercatori ci hanno lavorato per dieci anni. E quarto, i risultati dello studio sono stati riportati nel Journal of Neuroscience, che aggiunge credibilità reale alla ricerca stessa.
Per la prima volta un gruppo di ricerca della Charité (Universitätsmedizin Berlino e Universitätsklinik Friburgo), guidato dal Prof. Josef Priller, direttore di Neuropsichiatria al Campus Charité Mitte, è riuscito a documentare come il sistema immunitario può contrastare l'avanzamento dell'Alzheimer. Nell'ambito del loro studio di neuroscienze hanno dimostrato che certe cellule-spazzino del sistema immunitario, i cosiddetti macrofagi, svolgono un ruolo chiave in questo contesto. Inoltre, sono stati in grado di dimostrare quanto speciali proteine di segnalazione della cellula, cosiddetti chemochine, mediano il processo di difesa.
Per dieci anni gli scienziati hanno indagato il ruolo esatto dei macrofagi nelle malattie neurodegenerative. "I macrofagi possono ridurre i depositi dannosi nel cervello che sono la causa dell'Alzheimer", spiega il Prof. Priller. In un modello animale il team di ricerca è ora in grado di dimostrare che un determinato sottoinsieme dei macrofagi è responsabile per la riduzione dei depositi. Contrariamente a precedenti pareri accademici, questa reazione di difesa non può essere gestita da parte delle cellule immunitarie del cervello, la microglia, perché essi stessi sono danneggiati dal processo patologico. Sono invece dei macrofagi specializzati derivati dal midollo osseo che vengono attivati e diretti al cervello per rimuovere i depositi tossici. Le cellule vettrici ricevono il comando di specializzarsi e di infiltrarsi nel cervello sotto forma di determinate proteine di segnalazione cellulare.
I ricercatori sono riusciti a identificare per la prima volta una chemochina specifica.
Ciò si traduce in un approccio terapeutico completamente nuovo per l'Alzheimer. Il Prof. Josef Priller ha detto: "In futuro speriamo di poter introdurre sistematicamente le cellule-spazzino specializzate nel cervello e quindi accelerare la riduzione dei depositi di Alzheimer". I ricercatori sono convinti di aver trovato il metodo per una terapia cellulare con relativamente pochi effetti collaterali.
Lo studio è stato promosso dal Ministero Federale Tedesco dell'Istruzione e della Ricerca (BMBF) e dalla German Research Foundation (DFG).
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce?
Puoi usare il modulo dei commenti sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica. Non tenerla per te, non farci perdere l'occasione di conoscerla.
Riferimento: *Mildner et al.: Distinct and non-redundant roles of microglia and myeloid subsets in mouse models of Alzheimer`s disease. Journal of Neuroscience, August 2011, 11159 –11171.
Pubblicato in Alzheimer's Reading Room il 19 agosto 2011 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi, eventualmente citati nell'articolo, sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non si propone come terapia o dieta; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer Riese. I siti terzi raggiungibili dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente; in particolare si segnala la presenza frequente di una istituzione medica con base in Germania (xcell-Center) che propone la cura dell'Alzheimer con cellule staminali; la Società Tedesca di Neuroscienze ha più volte messo in guardia da questa proposta il cui effetto non è dimostrato. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione, una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e a informarti: |