I ricercatori del Karolinska Institutet in Svezia hanno ripreso con scansioni la proteina tau nel cervello dei pazienti con morbo di Alzheimer (MA), dimostrando che la quantità e la diffusione della tau sono un predittore della perdita di memoria futura.
Le scansioni cerebrali per misurare la tau possono essere utili sia per migliorare la diagnosi che per sviluppare trattamenti più efficaci, dicono i ricercatori, il cui studio è pubblicato sulla rivista Molecular Psychiatry.
Il MA, la causa più comune di demenza, può essere causato da accumuli di proteine nel cervello che danneggiano i neuroni e causano perdite di memoria. Tuttavia, la malattia tende ad assumere un decorso individuale, il che rende difficile prevedere quali sintomi svilupperà un paziente. Per circa il 30/50% dei pazienti, la condizione può rimanere stabile per molti anni, soprattutto nelle prime fasi della malattia; per altri, il deterioramento è rapido.
“Le moderne tecniche di scansione cerebrale offrono nuove possibilità di prevedere come si svilupperà la malattia”, dice il primo autore Konstantinos Chiotis, medico e ricercatore del Dipartimento di Neurobiologia, Scienze dell'Assistenza e Società del Karolinska Institutet. “Questo è importante sia come ausilio alla diagnosi che come mezzo per ottimizzare l'intervento del singolo paziente, e per lo sviluppo di farmaci”.
I ricercatori del KI, sotto la supervisione della prof.ssa Agneta Nordberg, avevano dimostrato in precedenza che si possono usare le scansioni PET (tomografia ad emissione di positroni) per visualizzare nel cervello di individui viventi la distribuzione della proteina tau, il cui accumulo è collegato al MA.
Monitorati per più di quattro anni
In questo studio, 20 pazienti sono stati sottoposti ad un esame approfondito usando tutti i marcatori esistenti per il MA presso la clinica cognitiva del Karolinska University Hospital. Hanno anche avuto una scansione PET della proteina tau nel cervello.
I ricercatori li hanno poi tenuti monitorati per più di quattro anni in modo da poter valutare nel tempo il loro decadimento cognitivo, e scoprire se la quantità di tau poteva prevedere la velocità del deterioramento.
I ricercatori hanno scoperto che i pazienti che avevano inizialmente quantità basse di proteina tau hanno avuto una funzione stabile durante il corso dello studio, mentre i pazienti con elevate quantità di proteina tau hanno mostrato un deterioramento rapido delle funzioni cognitive.
La quantità e la distribuzione delle proteine tau nel cervello hanno permesso di differenziare i gruppi di pazienti con una precisione di oltre il 95%, mentre la precisione dei marcatori clinici esistenti era al massimo del 77%.
La quantità esatta di tau coincideva bene anche con l'esatto grado di deterioramento sulla scala clinica che viene usata di routine nella maggior parte delle cliniche per misurare la funzione cognitiva dei pazienti con perdita di memoria.
Può essere utile per lo sviluppo di farmaci
“I nostri risultati suggeriscono che la proteina tau ha una grande influenza sulla cognizione”, dice la prof.ssa Nordberg, che ha guidato lo studio. “Questo significa che farmaci che puntano gli accumuli di tau possono avere una migliore possibilità di cambiare il corso della malattia, rispetto ai trattamenti che sono stati testati finora e che hanno fallito”.
Fonte: Karolinska Institutet (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Konstantinos Chiotis, Irina Savitcheva, Konstantinos Poulakis, Laure Saint-Aubert, Anders Wall, Gunnar Antoni, Agneta Nordberg. [18F]THK5317 imaging as a tool for predicting prospective cognitive decline in Alzheimer’s disease. Molecular Psychiatry, 3 July 2020, DOI
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