Uno studio pubblicato su Communications Biology ha esplorato le interazioni molecolari che avvengono quando invecchiamo nella nostra risposta a diversi livelli di nutrienti, chiamati 'percorsi nutrient-sensing' (percorsi che rilevano i nutrienti).
Usando una combinazione di tecniche di laboratorio e l'analisi dei dati sulla memoria, l'alimentazione e il livello di attività fisica di oltre 2.000 individui, i ricercatori hanno identificato una serie di geni che sono attivi nei percorsi nutrient-sensing e hanno dimostrato che questi geni mostrano anche associazioni con le prestazioni nei compiti di memoria.
Lo studio ha scoperto che i geni ABTB1 e GRB10 erano entrambi influenti nei percorsi di rilevamento dei nutrienti e ha mostrato le associazione con la memoria.
I progressi della medicina e dell'assistenza sanitaria dell'ultimo secolo hanno portato ad un aumento dell'aspettativa di vita, e tuttavia, l'invecchiamento è ancora accompagnato da fragilità e dal declino dei nostri processi di pensiero. Questo livello di declino varia enormemente tra gli individui, e quindi comprendere meglio ciò che influenza questi meccanismi di invecchiamento potrebbe aiutare a sviluppare strategie per aumentare l'«healthspan» (∼“vita in salute”), che è il periodo di tempo senza malattie debilitanti.
Precedenti studi avevano indicato che le cellule staminali neurali (NSC, neural stem cells) nella parte dell'ippocampo del cervello hanno un ruolo importante nel declino del nostro processo di pensiero e di memoria nel tempo. Le NSC sono cellule che continuano a dividersi finché sono vive e producono altre NSC oppure cellule che hanno una funzione specializzata nel cervello.
La manutenzione di queste NSC è importante nella memoria ed è influenzata da fattori ambientali come l'alimentazione e l'esercizio fisico, spiegando potenzialmente alcune delle varianti nel modo in cui l'invecchiamento influenza persone diverse.
Anche se il ruolo dei percorsi che rilevano i nutrienti nell'invecchiamento e nella manutenzione delle cellule staminali nel cervello è stato studiato in modelli animali, nessun studio umano ha finora esaminato il loro ruolo nelle NSC nell'ippocampo.
Lo studio mirava ad esplorare se i percorsi nutrient-sensing possono fornire le basi molecolari per l'associazione tra stile di vita e invecchiamento. Questi percorsi sono implicati nella manutenzione delle cellule staminali, suggerendo che potrebbero anche essere coinvolti nell'interazione tra stile di vita, NSC e cognizione.
Usando un nuovo approccio a traslazione inversa (che usa esperimenti di laboratorio sulle NSC per informare le analisi dei dati epidemiologici, e non viceversa), i ricercatori hanno dimostrato che le varianti di ABTB1 sono associate alle prestazioni in un compito memoria standard e che la variante nel gene GRB10 è un giocatore importante nel determinare l'associazione tra dieta mediterranea e le prestazioni della memoria.
Lo studio ha anche identificato un'interazione tra i livelli di esercizio e il genotipo SIRT1, interazione che sembra avere un ruolo nelle prestazioni della memoria.
Chiara de Lucia, dell'Istituto di Psichiatria, Psicologia e Neuroscienze (IoPPN) del King College di Londra, prima autrice dello studio, ha scritto:
"Il nostro studio mostra che i percorsi nutrient-sensing hanno un ruolo importante nella memoria e suggerisce che i geni ABTB1 e GRB10 probabilmente sono legami molecolari dell'associazione tra l'alimentazione, l'invecchiamento delle cellule staminali neurali e la nostra capacità di memoria.
"Aver identificato questi geni come i collegamenti mancanti tra queste tre variabili importanti, potrebbe informare nuovi approcci per contribuire a migliorare il processo di invecchiamento, attraverso cambiamenti mirati all'alimentazione e all'esercizio fisico e, infine, con lo sviluppo di nuovi farmaci in futuro".
L'autrice senior, dott.ssa Sandrine Thuret del IoPPN, ha scritto:
"Uno dei grandi sforzi del 21° secolo è trovare i mezzi per prevenire o rallentare i processi che guidano il declino dei nostri processi di pensiero durante l'invecchiamento. Per quanto ne sappiamo questo è uno dei primi studi ad aver esaminato queste relazioni con i dati umani e ad adottare questo approccio di traslazione inversa, che usa esperimenti di laboratorio per informare la ricerca su grandi insiemi di dati, consentendo un approccio più mirato.
"I nostri risultati suggeriscono che i cambiamenti nello stile di vita possono ritardare un declino della memoria e del pensiero, ma che l'efficacia di questi approcci dipende dal corredo genetico di ogni persona. Ad esempio, seguire un'alimentazione come la dieta mediterranea può essere più vantaggioso per le persone con una specifica mutazione GRB10, mentre fare più esercizio fisico può essere un approccio migliore per chi ha varianti specifiche SIRT1.
"La ricerca futura dovrebbe cercare di replicare questi risultati su un set di dati più grande, consentendo di sperimentare le interazioni a tre vie tra dieta, esercizio fisico e memoria, per capire meglio come ognuna si collega all'altra".
I ricercatori hanno analizzato i meccanismi molecolari e genetici esponendo NSC umane al siero di individui giovani o vecchi e a prodotti chimici i cui effetti imitano il processo di invecchiamento. I geni identificati dall'analisi in vitro come importanti nei percorsi nutrient-sensing sono stati poi associati con i dati genetici di oltre 2.000 individui della coorte TwinsUK e alle prestazioni sul compito Paired Associates Learning (PAL) che valuta la memoria visiva e l'apprendimento, un'alimentazione sana, la dieta mediterranea, l'assunzione di calorie e l'attività fisica.
Fonte: King’s College London (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Chiara de Lucia, Tytus Murphy, Claire J. Steves, Richard J. B. Dobson, Petroula Proitsi & Sandrine Thuret. Lifestyle mediates the role of nutrient-sensing pathways in cognitive aging: cellular and epidemiological evidence. Communications Biology, 2 Apr 2020, DOI
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