Un importante meccanismo biologico che si ritiene protegga le cellule cerebrali dalle malattie neurodegenerative, come il morbo di Alzheimer (MA) e Parkinson, può essere coinvolto anche nella regolazione del sonno, secondo una nuova ricerca eseguita alla University of Pennsylvania.
I ricercatori hanno scoperto che un percorso di segnalazione, che aiuta a prevenire l'accumulo di aggregati proteici anormali nelle cellule cerebrali, è necessario anche per il sonno, sia nei moscerini della frutta che nel pesce-zebra. Il fatto che questo meccanismo sia presente in due specie evolutivamente distanti suggerisce che possa esserci anche negli esseri umani.
Da tempo ci sono indizi sconcertanti che i disturbi del sonno e la perdita di sonno sono collegati alle malattie neurodegenerative, e i risultati dello studio, pubblicati su Current Biology, rivelano una possibile spiegazione del collegamento. Se i risultati saranno estesi agli esseri umani, potranno indicare la strada verso nuove strategie contro sia i disturbi del sonno che le malattie neurodegenerative.
“Il sonno frammentato, che è caratterizzato da interruzioni brevi e ripetute del sonno, è uno degli scatenanti più comuni dell'eccessiva stanchezza diurna, in particolare nelle persone anziane”, ha detto la ricercatrice senior Nirinjini Naidoo PhD, professoressa associata di ricerca sul Sonno e la Cronobiologia. “Ora che conosciamo un percorso importante coinvolto nella regolazione del sonno, possiamo affrontarlo per migliorare potenzialmente il sonno frammentato”.
Gli studi degli ultimi anni hanno suggerito che la perdita cronica di sonno aumenta il rischio di MA, mentre le persone con MA hanno un rischio più elevato di disturbi del sonno. I disturbi del sonno sono anche caratteristiche comuni del Parkinson, della sclerosi laterale amiotrofica (ALS), della demenza fronto-temporale e di altre malattie neurodegenerative.
Non era però chiaro come i processi sottostanti le malattie neurodegenerative sono collegati ai disturbi del sonno. Ma un indizio proviene dalle scoperte negli animali da laboratorio, secondo le quali il cervello durante il sonno inizia processi di “proteostasi” che eliminano gli aggregati di proteine anomali e potenzialmente dannosi, come quelli che ingombrano il cervello nelle malattie neurodegenerative.
Nel nuovo studio, la Naidoo e i suoi colleghi hanno esaminato un importante processo di proteostasi chiamatao 'percorso di segnalazione PERK' che, in risposta ad un accumulo di aggregati proteici indesiderati, induce le cellule a fermare temporaneamente il loro assemblaggio della maggior parte delle proteine.
Gli scienziati hanno scoperto che quando hanno soppresso la segnalazione PERK nel moscerino della frutta Drosophila o nel pesce-zebra, pur evolutivamente distanti, usando composti a piccola molecola che bloccano una componente chiave del percorso, entrambi i gruppi di animali dormivano molto meno del normale. Il blocco del PERK nei Drosophila anche con tecniche di genetica ha portato a risultati simili, mentre quando è stato fatto il contrario (inducendo una sovrapproduzione di PERK) i moscerini dormivano di più.
La dottoranda Sarah Ly ha esaminato piccoli gruppi di neuroni produttori di un ormone chiave che promuove la veglia nei Drosophila, e ha scoperto che abbattere il PERK di notte, proprio in quei neuroni, è sufficiente per fare dormire meno i moscerini, mentre la sovrapproduzione di PERK li faceva dormire di più.
In un sottogruppo di questi neuroni i ricercatori sono riusciti a verificare che l'incremento o la riduzione del PERK ha avuto l'effetto di sopprimere o di scatenare la produzione dell'ormone della veglia. “Ciò solleva la possibilità che la regolazione PERK del sonno avvenga all'interno di diversi circuiti cerebrali”, ha detto la Ly.
Questa è la prima volta che gli scienziati identificano un meccanismo biologico specifico e bidirezionale che lega il sonno alla proteostasi. I risultati indicano anche la possibilità che la veglia tenda ad aumentare l'accumulo di proteine aggregate nelle cellule cerebrali, portando a maggiore segnalazione PERK. Questo in ultima analisi aiuta a invertire lo stress delle cellule cerebrali forzando il sonno e permettendo che avvenga un efficace servizio di pulizia delle proteine.
“I nostri risultati suggeriscono che una delle funzioni conservate del sonno può essere mitigare lo stress cellulare provocato dalla veglia”, ha detto la Naidoo.
Gli autori ritengono che ulteriori ricerche su questo nesso tra il sonno e la proteostasi avrebbero il potenziale di scoprire nuove e importanti strategie terapeutiche per migliorare la qualità del sonno, ridurre il rischio di MA e di altre malattie neurodegenerative, e di rallentare efficacemente l'invecchiamento del cervello.
Fonte: University of Pennsylvania (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Sarah Ly, Daniel A. Lee, Ewa Strus, David A. Prober, Nirinjini Naidoo. Evolutionarily Conserved Regulation of Sleep by the Protein Translational Regulator PERK. Current Biology, 12 Mar 2020, DOI
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