Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il cervello può dimenticare volutamente durante la fase REM (sogni) del sonno

anatomy of sleep parts of brain involvedLe parti del cervello coinvolte nel sonno (Fonte: National Institute of Neurological Disorders and Stroke)

Il sonno REM (rapid eye movement, movimento rapido oculare), è quel periodo affascinante in cui facciamo la maggior parte dei sogni. Ora, in uno studio su topi, un team di ricercatori giapponesi e statunitensi ha dimostrano che può anche essere un momento in cui il cervello dimentica volutamente.


I loro risultati suggeriscono che dimenticare durante il sonno può essere il compito di neuroni presenti in profondità nel cervello, che in precedenza si sapeva che producono un ormone che stimola l'appetito. Lo studio è stato finanziato dal National Institute of Neurological Disorder and Stroke (NINDS), una parte dei National Institutes of Health.


“Vi siete mai chiesti perché ci dimentichiamo molti dei nostri sogni?”, ha dichiarato Thomas Kilduff PhD, direttore del Centro di Neuroscienze di SRI International di Menlo Park in California, e autore senior dello studio pubblicato su Science. “I nostri risultati suggeriscono che lo sparo di un particolare gruppo di neuroni durante il sonno REM controlla se il cervello ricorda nuove informazioni dopo una buona notte di sonno”.


La fase REM fa parte dei cicli del sonno che il corpo esegue ogni notte. La prima volta avviene circa 90 minuti dopo essersi addormentati ed è caratterizzata da occhi guizzanti, frequenze cardiache più alte, arti paralizzati, onde cerebrali risvegliate e sogni.


Sleep patternDa più di un secolo, gli scienziati stanno esplorando il ruolo del sonno nella conservazione dei ricordi. Mentre molti hanno dimostrato che il sonno aiuta il cervello a immagazzinare nuovi ricordi, altri, compreso Francis Crick, co-scopritore della doppia elica del DNA, hanno sollevato la possibilità che il sonno - in particolare il sonno REM - può essere un momento in cui il cervello elimina attivamente, o dimentica, le informazioni in eccesso.


Inoltre, recenti studi effettuati su topi hanno dimostrato che durante il sonno - compreso quello REM - il cervello taglia selettivamente delle connessioni sinaptiche create tra neuroni che sono coinvolti in alcuni tipi di apprendimento. Tuttavia, fino a questo studio, nessuno aveva mostrato come questo potrebbe accadere.


“Comprendere il ruolo del sonno nella dimenticanza può aiutare i ricercatori a capire meglio una vasta gamma di malattie relative alla memoria come il disturbo da stress post-traumatico e il morbo di Alzheimer”, ha detto Janet He PhD, direttrice di programma al NINDS. “Questo studio fornisce la prova più diretta che il sonno REM può avere un ruolo nel modo in cui il cervello decide quali memorie immagazzinare”.


Il laboratorio del Dott. Kilduff e quello del suo collaboratore Akihiro Yamanaka PhD alla Nagoya University in Giappone, hanno messo anni a esaminare il ruolo di un ormone chiamato ipocretina/orexina nel controllo del sonno e della narcolessia. La narcolessia è un disturbo che induce le persone a sentirsi eccessivamente sonnolenti di giorno e, talvolta, a sperimentare cambiamenti che ricordano il sonno REM, come la perdita del tono muscolare degli arti e allucinazioni. I loro laboratori, e altri, hanno contribuito a dimostrare che la narcolessia può essere legata alla perdita di neuroni che producono ipocretina/orexina nell'ipotalamo, una zona delle dimensioni di un arachide in profondità nel cervello.


In questo studio, il Dott. Kilduff ha lavorato con il laboratorio del Dott. Yamanaka e di quello di Akira Terao PhD della Hokkaido University di Sapporo in Giappone, per esaminare le cellule vicine che producono l'ormone che concentra la melanina (MCH, melanin concentrating hormone), una molecola nota per essere coinvolta nel controllo sia del sonno che dell'appetito.


In accordo con studi precedenti, i ricercatori hanno scoperto che la maggioranza (52,8%) delle cellule MCH ipotalamiche sparava quando i topi erano nel sonno REM, mentre circa il 35% sparava solo quando i topi erano svegli e circa il 12% sparava entrambe le volte.


Hanno anche trovato indizi che suggeriscono che queste cellule possono avere un ruolo nell'apprendimento e nella memoria. Le registrazioni elettriche e gli esperimenti di tracciamento hanno dimostrato che molte delle cellule MCH ipotalamiche inviavano messaggi inibitori (tramite lunghi assoni filamentosi) verso l'ippocampo, il centro di memoria del cervello.


“Da studi precedenti fatti in altri laboratori, sapevamo già che le cellule MCH sono attive durante il sonno REM. Dopo aver scoperto questo nuovo circuito, abbiamo pensato che queste cellule potrebbero aiutare il cervello a immagazzinare i ricordi“, ha detto il dott. Kilduff.


Per testare questa idea, i ricercatori hanno usato vari strumenti genetici per accendere e spegnere i neuroni MCH nei topi durante i test di memoria. In particolare, hanno esaminato il ruolo che hanno le cellule MCH nella ritenzione, il periodo che segue l'apprendimento di qualcosa di nuovo, ma prima che la nuova conoscenza sia memorizzata, o consolidata, nella memoria a lungo termine. Gli scienziati hanno usato diversi test di memoria tra cui uno che ha valutato la capacità dei topi a distinguere tra oggetti nuovi e familiari.


Con loro sorpresa, hanno scoperto che “accendere” le cellule MCH durante la ritenzione, peggiorava la memoria, mentre spegnerle migliorava i ricordi. Per esempio, attivando le cellule si riduceva il tempo passato dai topi ad annusare i nuovi oggetti rispetto a quelli familiari, ma spegnendo le cellule si otteneva l'effetto opposto.


Ulteriori esperimenti hanno suggerito che i neuroni MCH svolgono questo ruolo esclusivamente durante il sonno REM. I topi hanno ottenuto risultati migliori nei test di memoria quando i neuroni MCH sono stati spenti durante il sonno REM. Al contrario, spegnendo i neuroni mentre i topi erano svegli, o in altre fasi del sonno, non si ha avuto alcun effetto sulla memoria.


“Questi risultati suggeriscono che i neuroni MCH aiutano il cervello a dimenticare attivamente le informazioni nuove, forse senza importanza”, ha detto il dott. Kilduff. “Dal momento che si ritiene che i sogni si verifichino soprattutto durante il sonno REM, la fase del sonno in cui le cellule MCH sono accese, l'attivazione di queste cellule può impedire di memorizzare il contenuto di un sogno nell'ippocampo. Di conseguenza, si dimentica rapidamente il sogno”.


In futuro, i ricercatori prevedono di esplorare se questo nuovo circuito ha un ruolo nei disturbi del sonno e della memoria, come l'Alzheimer.

 

 

 


Fonte: NINDS (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Shuntaro Izawa, Srikanta Chowdhury, Toh Miyazaki, Yasutaka Mukai, Daisuke Ono, Ryo Inoue, Yu Ohmura, Hiroyuki Mizoguchi, Kazuhiro Kimura, Mitsuhiro Yoshioka, Akira Terao, Thomas S. Kilduff, Akihiro Yamanaka. REM sleep–active MCH neurons are involved in forgetting hippocampus-dependent memories. Science, 2019, DOI

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Fruttosio prodotto nel cervello può essere un meccanismo che guida l'Alzh…

29.09.2020 | Ricerche

Una nuova ricerca rilasciata dalla University of Colorado propone che il morbo di Alzhei...

Il ruolo sorprendente delle cellule immunitarie del cervello

21.12.2020 | Ricerche

Una parte importante del sistema immunitario del cervello, le cellule chiamate microglia...

Districare la tau: ricercatori trovano 'obiettivo maneggiabile' per …

30.01.2019 | Ricerche

L'accumulo di placche di amiloide beta (Aβ) e grovigli di una proteina chiamata tau nel ...

Identificata nuova forma di Alzheimer ad esordio molto precoce

16.06.2020 | Ricerche

Ricercatori della Mayo Clinic hanno definito una forma di morbo di Alzheimer (MA) che co...

LATE: demenza con sintomi simili all'Alzheimer ma con cause diverse

3.05.2019 | Ricerche

È stato definito un disturbo cerebrale che imita i sintomi del morbo di Alzheimer (MA), ...

Nessuna cura per l'Alzheimer nel corso della mia vita

26.04.2019 | Esperienze & Opinioni

La Biogen ha annunciato di recente che sta abbandonando l'aducanumab, il suo farmaco in ...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Malato di Alzheimer: la casa di cura la paga lo Stato?

25.05.2023 | Normativa

Chi si fa carico delle spese per un malato di Alzheimer ricoverato in una casa di riposo? Scopriamo ...

Proteine grumose induriscono i capillari del cervello: nuovo fattore di rischi…

11.09.2020 | Ricerche

I depositi di una proteina chiamata 'Medin', che è presente in quasi tutti gli anziani, ...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Perché la tua visione può prevedere la demenza 12 anni prima della diagnosi

24.04.2024 | Ricerche

 

Gli occhi possono rivelare molto sulla salute del nostro cervello: in effetti, i p...

Rivelato nuovo percorso che contribuisce all'Alzheimer ... oppure al canc…

21.09.2014 | Ricerche

Ricercatori del campus di Jacksonville della Mayo Clinic hanno scoperto...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

Chiarito il meccanismo che porta all'Alzheimer e come fermarlo

30.08.2017 | Ricerche

Nel cervello delle persone con Alzheimer ci sono depositi anomali di proteine ​​amiloide-beta e ​...

Convalidare il sentimento aiuta meglio di criticare o sminuire

30.03.2020 | Ricerche

Sostenere i tuoi amici e la famiglia può aiutarli a superare questi tempi di incertezza...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.