Il cervello ha un talento per conservare i nostri ricordi più preziosi, dal primo bacio alla nascita di un bambino. In un nuovo studio su cellule di topo, neuroscienziati della Columbia University hanno mappato alcuni dei meccanismi molecolari che aiutano il cervello a conservare questo tipo di ricordi a lungo termine.
Osservando l'attività delle cellule nervose del cervello, chiamate neuroni, estratte dal centro di memoria del cervello, i ricercatori hanno delineato come la proteina CPEB3 induce i neuroni a immagazzinare ricordi che resistono alla prova del tempo.
Questi risultati, pubblicati questa settimana in Proceedings of the National Academy of Sciences, danno una visione inedita su una delle funzioni cellulari più universali e di base del cervello. Suggeriscono anche nuovi obiettivi contro le malattie neurodegenerative caratterizzate da perdita di memoria, in particolare il morbo di Alzheimer.
“La memoria è ciò che ci rende ciò che siamo. Permea le nostre vite ed è fondamentale per la nostra stessa esistenza", ha affermato Eric Kandel MD, co-autore senior dello studio, condirettore del Mortimer B. Zuckerman Mind Brain Behavior Institute della Columbia e professore di scienze cerebrali alla Columbia. “Ma al suo interno, la memoria è un processo biologico, non dissimile da un battito cardiaco. Con lo studio di oggi, abbiamo gettato nuova luce sulle basi molecolari che sottendono la capacità del nostro cervello di creare, conservare e richiamare ricordi nel corso della vita".
Tutti i ricordi, anche quelli fugaci, vengono creati quando si collegano tra loro i minuscoli rami, chiamati assoni, che si dipartono dai neuroni. Questi punti di connessione, chiamati sinapsi, sono come una stretta di mano: possono essere forti o deboli. Quando si indeboliscono, i ricordi svaniscono. Ma quando si rafforzano, i ricordi possono resistere alla prova del tempo. Il rafforzamento di una sinapsi, hanno riferito recentemente i ricercatori, provoca un cambiamento osservabile nell'anatomia dei neuroni.
Nel 2015, il Dr. Kandel e il suo team hanno identificato una proteina nei topi, CPEB3, che ha un ruolo cruciale in questo cambiamento anatomico. Hanno scoperto che, quando i ricordi si formano e vengono richiamati, la CPEB3 è presente nelle sinapsi del cervello. Quando i ricercatori hanno impedito ai topi di produrre CPEB3, gli animali potevano formare un nuovo ricordo ma non potevano mantenerlo intatto.
"Senza CPEB3, le connessioni sinaptiche crollano e la memoria svanisce", ha dichiarato Luana Fioriti PhD, responsabile di laboratorio all'Istituto di Ricerca Farmacologica Mario Negri, Assistente Telethon Scientist al Dulbecco Telethon Institute di Milano e ricercatrice associata aggiunta in anno sabbatico del Kandel lab, nonché co-autrice senior della ricerca. "La scoperta della funzione precisa della CPEB3 all'interno dei neuroni è stata la spinta per lo studio di oggi".
All'interno dell'ippocampo, il centro della memoria del cervello, la CPEB3 viene prodotta a intervalli regolari nel centro dei neuroni. Nello studio odierno, il team della Columbia ha scoperto che una volta prodotta, la CPEB3 viene trasferita ai 'corpi P', camere di isolamento che tengono la CPEB3 dormiente e pronta per l'uso.
"I corpi P non hanno una barriera fisica, come una membrana, per contenere la CPEB3", ha dichiarato Lenzie Ford PhD, ricercatore post-dottorato nel laboratorio di Kandel e primo co-autore dello studio. “Al contrario, i corpi P sono più densi dei loro dintorni. Questa differenza di densità tiene insieme i corpi P, creando una sorta di campo di forza biofisico che tiene la CPEB3 all'interno e lontano dalle altre parti della cellula".
I ricercatori hanno scoperto che, una volta carichi di CPEB3 dormiente, i corpi P lasciano il centro di un neurone e viaggiano lungo i suoi rami verso le sinapsi. Quando un animale ha un'esperienza e inizia a formare un ricordo, i corpi P si dissolvono. La CPEB3 viene rilasciata nelle sinapsi per aiutare a creare quella memoria. Nel tempo, con il rilascio di altre CPEB3, queste sinapsi si rafforzano. Ciò altera l'anatomia dei neuroni e, di conseguenza, stabilizza quel ricordo.
"I nostri risultati sottolineano il ruolo centrale che la sintesi proteica svolge nel mantenimento della memoria", ha affermato il dott. Kandel, ricercatore dell'Howard Hughes Medical Institute il cui lavoro pionieristico sulla base molecolare della memoria gli è valso il premio Nobel 2000 in fisiologia o medicina. "E anche se ci sono probabilmente ulteriori processi coinvolti che dobbiamo ancora scoprire, questo studio, che incorporava strumenti biochimici, genetici e microscopici all'avanguardia, rivela un elegante meccanismo biologico di memoria con dettagli senza pari".
Oltre a quello che rivela sulla memoria, questa ricerca fornisce anche informazioni sulle malattie neurodegenerative caratterizzate dalla sua perdita. A causa della dimostrata importanza della CPEB3 nell'archiviazione della memoria e poiché una versione di CPEB3 è presente anche nel cervello umano, questa proteina rappresenta un'area promettente su cui concentrarsi.
"La scienza che spiega come si formano le sinapsi, e come si rafforzano nel tempo, è importante per decifrare qualsiasi disturbo in cui le sinapsi - e i ricordi ad esse associati - si degradano e muoiono, come nel morbo di Alzheimer", ha affermato la Fioriti. "Continuando a sviluppare questa comprensione, un giorno potremmo arrivare a metodi utili per potenziare la CPEB3 in un modo che prevenga il degrado sinaptico, rallentando così la perdita di memoria".
Un'altra area di interesse riguarda la proteina SUMO, il cui ruolo centrale in questo processo è stato scoperto dal team della Columbia. “Una delle nostre scoperte più intriganti è che la CPEB3 non si sposta da sola nei corpi P; un'altra proteina chiamata SUMO la guida lì", ha detto il dott. Ford. "Questo processo, chiamato SUMOilazione, rappresenta un'altra strada promettente per l'ulteriore studio della memoria, sia in salute che in malattia".
Fonte: Columbia University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Lenzie Ford, Emi Ling, ..., Luana Fioriti, Eric Kandel. CPEB3 inhibits translation of mRNA targets by localizing them to P bodies. PNAS, 2019, DOI
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