Non ci sono attualmente farmaci che fermano o impediscono il morbo di Alzheimer (MA). Nonostante vari farmaci sperimentali abbiano mostrato una riduzione della placca nel cervello, la funzione cognitiva dei pazienti non è migliorata.
I risultati sarebbero diversi se fosse possibile progettare studi che intervengono molto prima nella malattia, prima che la cognizione sia influenzata? Questo è ciò che ha cercato di capire uno studio internazionale, guidato dalla Lund University in Svezia. I risultati sono stati pubblicati su Neurology.
Mentre negli ultimi anni diversi studi costosi di farmaci per il MA hanno avuto esiti negativi, è migliorata la diagnosi precoce della malattia. Sono in corso ricerche per sviluppare metodi più semplici e meno costosi, come quelli che coinvolgono biomarcatori, per rilevare la malattia in una fase precoce, prima che il paziente mostri qualsiasi sintomo.
Philip Insel, dottorando alla Lund University e primo autore dell'articolo, scrive:
"Un problema è che la maggior parte delle sperimentazioni sui farmaci sono progettate per valutare l'effetto dei trattamenti anti-amiloide sui pazienti nella fase di demenza della malattia. A quel punto, il paziente ha già un grave deterioramento della memoria, con accumulo di amiloide-beta nel cervello che dura da molti anni.
"Comprendere la connessione tra patologia dell'amiloide e cognizione è importante per valutare il declino cognitivo in persone che non mostrano ancora deterioramento cognitivo.
"Poiché la malattia inizia molto prima che un individuo mostri qualsiasi sintomo, è importante osservare il processo in uno stadio preclinico della malattia e osservare anche una coorte più ampia di persone per ottenere un risultato affidabile e riproducibile".
Per oltre sei anni, ricercatori internazionali hanno studiato la cognizione nel MA preclinico in un totale di 1.120 persone senza difficoltà cognitive. In questo gruppo, 350 hanno mostrato segni di MA. I partecipanti allo studio sono stati reclutati in tre continenti, in tre coorti relativamente eterogenee in Svezia (Lund / Malmö), Nord America (ADNI) e Australia (AIBL).
Nonostante le differenze tra gli individui nei gruppi, i ricercatori hanno osservato lo stesso modello di sviluppo cognitivo in coloro che avevano amiloide-beta nel cervello. I ricercatori hanno analizzato attentamente come sono cambiati vari test cognitivi nel corso del tempo nel MA pre-clinico e hanno confrontato questo con i risultati di quelli senza alcun segno di patologia amiloide nel cervello.
Philip Insel afferma:
"Se riusciremo a scoprire quando, nel corso della malattia, la cognizione di una persona comincia ad essere influenzata dal MA, potremo progettare sperimentazioni farmacologiche più efficienti in una fase molto più precoce, molto prima che la demenza emerga, quando crediamo che il trattamento sia più efficace.
"Una possibile spiegazione del fallimento di precedenti farmaci sperimentali potrebbe essere che la malattia era progredita troppo e che i pazienti in questa fase avanzata della malattia sono trattati con un farmaco candidato che punta una proteina presente nel cervello da molti, molti anni.
Niklas Mattsson, capo del team di ricerca alla Lund University, dice:
"I nostri risultati mostrano che i farmaci dovrebbero essere testati su pazienti molto prima, in uno stadio preclinico del MA, almeno sei anni prima che compaiano i sintomi. I progettisti di farmaci futuri devono prepararsi a condurre test più grandi e più lunghi rispetto a prima.
"Se riuscissimo a trovare il modo di rallentare lo sviluppo del MA, ci sarebbero grandi benefici per i pazienti, i loro cari e i fornitori di assistenza sanitaria e si potrebbero anche abbattere significativamente i costi per la società sostenuti nell'assistenza sanitaria pubblica per i pazienti con demenza".
Fonte: Lund University via Science Daily (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Philip Insel, Michael Weiner, R. Scott Mackin, Elizabeth Mormino, Yen Ying Lim, Erik Stomrud, Sebastian Palmqvist, Colin L. Masters, Paul T. Maruff, Oskar Hansson, Niklas Mattsson. Determining clinically meaningful decline in preclinical Alzheimer disease. Neurology, 9 July 2019, DOI: 10.1212/WNL.0000000000007831
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