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Alzheimer e malattie cardiovascolari condividono la genetica in alcuni pazienti

La genetica può predisporre alcune persone sia al morbo di Alzheimer (MA) sia ad alti livelli di lipidi nel sangue come il colesterolo, una caratteristica comune delle malattie cardiovascolari, secondo un nuovo studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori guidati dagli scienziati della University of California di San Francisco e della Washington University di St. Louis.


La ricerca ha analizzato dati dell'intero genoma di oltre 1,5 milioni di individui, rendendola una delle più grandi mai fatta sulla genetica del MA. Gli autori sperano che i risultati portino a una migliore diagnosi precoce e potenzialmente a nuove strategie preventive per il MA, che attualmente colpisce 35 milioni di persone nel mondo e non ha cura.


Evidenze cliniche ed epidemiologiche montanti hanno evidenziato un legame tra cardiopatia e MA, ma una relazione biologica tra le due condizioni era finora controversa. Molti pazienti con diagnosi di MA mostrano anche segni di malattie cardiovascolari, e gli studi post mortem rivelano che il cervello di molti malati di MA ha segni di malattia vascolare, che alcuni scienziati ipotizzano potrebbe guidare l'insorgenza della demenza.


Queste osservazioni hanno portato alla speranza di prevenire il MA trattando i sintomi cardiovascolari, ma gli studi genetici iniziali e gli studi clinici falliti di farmaci cardiovascolari chiamati statine per il MA hanno messo in dubbio questa possibilità.


Il nuovo studio, pubblicato il 9 novembre 2018 in Acta Neuropathologica, mostra che il MA e le malattie cardiovascolari condividono la genetica comune in alcuni individui, sollevando nuove domande sul fatto che si possa puntare questa biologia condivisa per rallentare o prevenire entrambe le malattie.


"Questi risultati implicano che, indipendentemente da cosa causa una delle due, la patologia cardiovascolare e il MA insorgono perché sono collegati geneticamente. Cioè, se sei portatore di questa manciata di varianti genetiche potresti essere a rischio non solo per le malattie cardiache ma anche per il MA", ha detto il ricercatore sulle neurodegenerazioni Rahul Desikan MD/PhD dell'UCSF, scienziato clinico il cui laboratorio è noto per lo sviluppo del 'punteggio di rischio poligenico' per il MA, che predice l'età alla quale è probabile che un individuo inizi a manifestare sintomi di demenza, in base al suo patrimonio genetico.


Per identificare le varianti genetiche che conferiscono il rischio di malattie cardiovascolari e di MA, i ricercatori hanno usato tecniche statistiche sperimentate dal laboratorio di Desikan in collaborazione con Ole Andreassen MD/PhD, dell'Università di Oslo, e Anders Dale PhD, dell'UC San Diego, che ha permesso loro di combinare diversi studi di associazione sull'intero genoma su larga scala (GWAS), un tipo di studio genetico che crea legami statistici tra vari stati patologici e variazioni ampiamente condivise nel codice genetico.


Alla fine il team di Desikan è riuscito ad analizzare l'impatto combinato di tali marcatori genetici sul rischio di malattia cardiovascolare - in base a 5 studi GWAS su più di un milione di individui - e sul rischio di MA - in base a 3 studi GWAS su quasi 30.000 pazienti con MA e oltre 50.000 controlli in base all'età. "Il nostro approccio funziona combinando e sfruttando questi studi GWAS massicci, per fare scoperte che sarebbero altrimenti invisibili", ha detto Desikan. "Stiamo essenzialmente prendendo in prestito il potere statistico".


Questa analisi ha consentito ai ricercatori di identificare 90 punti nel genoma in cui specifiche varianti del DNA aumentano la probabilità combinata dei pazienti di sviluppare sia il MA che i livelli ematici di molecole lipidiche, compresi colesterolo HDL e LDL e trigliceridi, che sono fattori di rischio comuni per le malattie cardiovascolari.


I ricercatori hanno confermato che sei di queste 90 regioni avevano effetti 'genome-wide' (sull'intero genoma) molto forti sul MA e sui livelli elevati di lipidi nel sangue, compresi diversi geni che non erano mai stati collegati al rischio di demenza. Questi includevano diversi siti all'interno della regione CELF1 / MTCH2 / SPI1 sul cromosoma 11, che erano stati precedentemente collegati alla biologia del sistema immunitario.


Al contrario, sebbene i pazienti con diagnosi di MA presentino anche altri fattori di rischio cardiovascolare, come livelli di grasso della pancia, diabete di tipo 2 e dolore toracico o altri sintomi di coronaropatia, gli autori non hanno trovato alcuna chiara genetica sovrapposta tra il MA e questi fattori di rischio.

Iris Broce-Diaz PhD, ricercatrice postdottorato nel laboratorio di Desikan e prima autrice dello studio, ha detto:

"Questi risultati suggeriscono che il MA e le malattie cardiovascolari potrebbero essere entrambi influenzati da difetti genetici che compromettono la capacità del corpo di trattare correttamente i lipidi. Ma suggeriscono anche che il legame tra MA e altri fattori di rischio cardiovascolare non è probabile a causa della genetica comune, anche se potrebbero essere collegati da dieta o altri fattori di stile di vita".

"Questo è eccitante perché sappiamo che i livelli di colesterolo e di altri lipidi nel sangue sono altamente modificabili attraverso i cambiamenti nella dieta o con i farmaci. Ciò solleva la possibilità che potremmo essere in grado di ritardare o addirittura prevenire l'insorgenza del MA in questi pazienti, anche se avremo bisogno di più dati prima di poterlo dire con certezza".


Il team di Desikan ha quindi esaminato se le persone attualmente in buona salute con una storia familiare di MA avevano maggiori probabilità di essere portatori di queste nuove varianti genetiche, un metodo relativamente nuovo per studiare i fattori di rischio precoci del MA chiamato 'Alzheimer's by proxy'.


Approfittando di una grande coorte inglese di ricerca chiamata UK Biobank, i ricercatori hanno scoperto che queste varianti avevano molto più probabilità di essere presenti nei genomi di 50.000 individui che avevano uno o più genitori con diagnosi di MA che in quasi 330.000 individui senza una storia familiare della malattia.


"È straordinario che tra questi adulti sani con una storia familiare di MA, un sottogruppo di geni di rischio cardiovascolare sembri influenzare fortemente il rischio di sviluppare infine il MA", ha detto Desikan. "Questa è esattamente la popolazione che dovremmo studiare per vedere se ridurre il rischio di malattie cardiovascolari attraverso lo stile di vita o i farmaci possa ritardare o prevenire l'insorgenza della demenza più tardi nella vita".


I ricercatori hanno inoltre confermato le loro scoperte in collaborazione con Celeste M. Karch PhD, esperta di MA della Washington University di St. Louis e autrice corrispondente del nuovo studio. Il team della Karch ha dimostrato che i nuovi geni legati più strettamente al rischio di MA / cardiovascolare del nuovo studio erano espressi in modo diverso nel cervello dei malati di MA rispetto ai cervelli di controllo.


"Questo studio sottolinea che dovremmo pensare al MA in modo olistico", ha detto la Karch. "C'è molto da imparare su come i geni che stanno guidando il rischio di MA stanno guidando anche cambiamenti in tutto il corpo. Questa è anche un'opportunità entusiasmante perché sappiamo già molto su questi tratti cardiovascolari e su come affrontarli".


Desikan e la Broce-Diaz stanno ora integrando questi risultati nel 'punteggio di rischio poligenico' sviluppato in laboratorio, che consentirà ai medici di calcolare, sulla base del genoma di un paziente, il suo rischio combinato per le malattie cardiovascolari e il MA. I ricercatori sperano che il loro lavoro contribuisca a lanciare un approccio di medicina di precisione per verificare se il controllo dei livelli lipidici nei soggetti con i fattori di rischio appena scoperti, attraverso la dieta o farmaci consolidati (come le statine), possa ritardare o prevenire l'insorgenza del MA.


"Questo è davvero l'obiettivo", ha detto la Broce-Diaz. "Se saremo in grado di identificare il sottoinsieme di individui la cui salute cardiovascolare e cerebrale è collegata geneticamente, pensiamo che ci sia la possibilità che la riduzione dei livelli lipidici nel sangue possa ridurre il rischio di sviluppare demenza in età avanzata. Tali trattamenti non hanno funzionato finora negli studi clinici, ma questo potrebbe essere perché non c'era un buon metodo di selezionare chi è più propenso a beneficiare in base alla sua genetica".

 

 

 


Fonte: Nicholas Weiler in University of California San Francisco (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Iris J. Broce, Chin Hong Tan, Chun Chieh Fan, Iris Jansen, Jeanne E. Savage, Aree Witoelar, Natalie Wen, Christopher P. Hess, William P. Dillon, Christine M. Glastonbury, Maria Glymour, Jennifer S. Yokoyama, Fanny M. Elahi, Gil D. Rabinovici, Bruce L. Miller, Elizabeth C. Mormino, Reisa A. Sperling, David A. Bennett, Linda K. McEvoy, James B. Brewer, Howard H. Feldman, Bradley T. Hyman, Margaret Pericak-Vance, Jonathan L. Haines, Lindsay A. Farrer, Richard Mayeux, Gerard D. Schellenberg, Kristine Yaffe, Leo P. Sugrue, Anders M. Dale, Danielle Posthuma, Ole A. Andreassen, Celeste M. Karch, Rahul S. Desikan. Dissecting the genetic relationship between cardiovascular risk factors and Alzheimer’s disease. Acta Neuropathologica, 2018; DOI: 10.1007/s00401-018-1928-6

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