Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


L'Alzheimer iniziale legato alla presenza di problemi mentali comuni

Neurofibrillary-tangle-in-brainstem.jpgGroviglio neurofibrillare nel tronco cerebrale (Foto: Grinberg Lab / UCSF)

I ricercatori della University of California di San Francisco, in collaborazione con l'eccezionale Biobanca Brasiliana per gli Studi sull'Invecchiamento (BBAS) dell'Università di San Paolo, hanno dimostrato che le prime fasi della degenerazione del cervello associate al morbo di Alzheimer (MA) sono collegate a sintomi neuropsichiatrici, che includono ansia, depressione, perdita di appetito e disturbi del sonno.


I risultati, pubblicati il 15 ottobre 2018 sul Journal of Alzheimer's Disease, potrebbero portare a una diagnosi precoce di MA e dimostrarsi un prezioso biomarcatore nello sviluppo di terapie per rallentare il decorso della malattia, secondo gli autori, ma potrebbe anche avere implicazioni più ampie per capire le basi biologiche dei sintomi psichiatrici negli anziani.


Sebbene sia di solito associata a perdita di memoria e demenza, il MA è in realtà una condizione neurodegenerativa progressiva che può essere rilevata da un'autopsia cerebrale decenni prima che ci siano questi classici sintomi cognitivi. Un 'Santo Graal' della ricerca sul MA è lo sviluppo di trattamenti che potrebbero essere somministrati nelle prime fasi della malattia, per proteggere il tessuto cerebrale da ulteriori perdite e per rallentare o prevenire l'eventuale sviluppo di demenza.


Tuttavia, lo sviluppo di tali farmaci richiede di capire meglio la biologia che guida i primi stadi della malattia e la capacità di diagnosticare i pazienti abbastanza presto da prevenire una perdita estesa del tessuto neurale.

 

Correlazioni, ma relazione oscura

Molti studi hanno trovato correlazioni tra sintomi neuropsichiatrici come depressione, ansia e disturbi del sonno e un'eventuale diagnosi di MA, e alcuni hanno addirittura proposto che questi sintomi potrebbero essere usati come biomarcatori per le prime fasi della malattia.


Ma il rapporto tra i due è rimasto oscuro. In effetti, alcuni ricercatori hanno proposto che la depressione e altre condizioni psichiatriche, o anche i farmaci usati per trattare queste condizioni, possano essere scatenanti che portano alla comparsa della demenza decenni dopo, proprio come le convulsioni occasionali possono contribuire allo sviluppo dell'epilessia cronica.


Ora i membri del laboratorio di Lea Grinberg MD/PhD, del Centro Memoria e Invecchiamento del Weill Institute for Neurosciences della UCSF, lavorando con colleghi brasiliani, hanno dimostrato che i sintomi psichiatrici sono strettamente legati alle prime fasi della patologia cerebrale di MA. Questi risultati suggeriscono con forza che condizioni o trattamenti neuropsichiatrici non causano il MA, ma potrebbero essere i primi segnali di allarme della malattia.


"La scoperta che la base biologica di questi sintomi è la stessa patologia del MA in sé è stata abbastanza sorprendente", ha detto la Grinberg. "Suggerisce che queste persone con sintomi neuropsichiatrici non hanno il rischio di sviluppare il MA, ce l'hanno già".

 

La più grande risorsa di campioni al mondo

La ricerca ha approfittato del servizio secolare unico di autopsie di San Paolo, che è obbligatorio in tutti i decessi e conduce circa 15.000 autopsie all'anno. Nel 2003, nell'ambito della sua ricerca di dottorato, la Grinberg ha co-fondato il BBAS per raccogliere i campioni di tessuto cerebrale di queste autopsie, e da allora il BBAS è diventato la più grande risorsa di questo tipo al mondo.


La maggior parte degli studi di MA post mortem sul cervello usano 'campioni di convenienza' relativamente piccoli, di individui anziani che mostrano già segni di perdita di memoria o demenza. Poiché con l'età possono accumularsi patologie cerebrali multiple, può essere difficile collegare strettamente i sintomi specifici correlati al MA alle anomalie cerebrali rilevate in questi campioni. Grazie alla collaborazione con il BBAS, tuttavia, il team della Grinberg è riuscito a evitare queste potenziali insidie, ​​attingendo da una popolazione molto più ampia, selezionando cervelli da individui più giovani e più sani ed escludendo campioni di tessuto con più patologie in competizione.


Nel nuovo studio, il primo autore Alex Ehrenberg, associato di ricerca in neuropatologia del laboratorio della Grinberg, ha lavorato a stretto contatto con Claudia Suemoto MD/PhD e altri colleghi dell'Università di San Paolo per studiare il cervello di 1.092 over-50 apparentemente sani, che rappresentava da vicino la popolazione generale di San Paolo. I ricercatori hanno escluso 637 cervelli che mostravano segni neurologici di anomalie cerebrali non correlate al MA, e hanno studiato i rimanenti 455 cervelli senza segni di degenerazione o con una serie di patologie correlate al MA.

Progressione della malattia

La patologia MA è caratterizzata dall'accumulo di grovigli neurofibrillari (NF) e placche di amiloide-beta (Aß) rivelatori, parallelamente all'atrofia del tessuto cerebrale nelle regioni associate. La malattia progredisce quasi sempre allo stesso modo: i grovigli NF appaiono per la prima volta nelle regioni del tronco cerebrale associate al sonno, all'appetito e all'elaborazione emotiva, mentre le placche di Aβ appaiono per la prima volta nelle regioni corticali e poi si diffondono in parti più profonde del cervello.


Ehrenberg e colleghi hanno classificato ciascuno dei 455 cervelli usando scale standard di progressione del MA in base all'accumulo di grovigli NF e placche Aβ. Hanno poi usato algoritmi statistici per testare una relazione tra lo stadio di MA e i cambiamenti riferiti nello stato cognitivo ed emotivo del donatore cerebrale prima della sua morte, sulla base di interviste con informatori (in genere parenti e caregiver) che avevano avuto almeno un contatto settimanale con il deceduto nei sei mesi prima della sua morte, il miglior approccio per gli studi neuropatologici sulle malattie degenerative del cervello come il MA.


L'analisi computazionale dei risultati fatta da Ehrenberg ha rilevato che negli individui il cui tronco cerebrale mostrava i primissimi stadi dei NF, ma mancavano i cambiamenti di memoria, i familiari e i caregiver riferivano un aumento dei tassi di uno o più sintomi neuropsichiatrici che includevano agitazione, ansia, cambiamenti dell'appetito, depressione e disturbi del sonno, ma mancavano problemi di memoria evidenti.


Lo stadio successivo della malattia, quando l'accumulo di NF aumenta nel tronco cerebrale e comincia a diffondersi ad altre regioni del cervello, è stato associato a maggiori probabilità di agitazione, mentre solo negli stadi successivi, quando l'accumulo di NF comincia a raggiungere la corteccia esterna del cervello, gli individui iniziano a mostrare segni di allucinazioni simili alla demenza e il declino cognitivo e della memoria associato di solito al MA.


Significativamente, i ricercatori non hanno trovato alcun collegamento tra l'accumulo di placche di Aβ e questi sintomi neuropsichiatrici. I ricercatori del MA stanno da molto tempo discutendo se le placche Aβ o i grovigli NF (costituiti da grumi di una proteina chiamata 'tau') hanno un ruolo precedente o centrale nel guidare la neurodegenerazione del MA e gli autori ritengono che i nuovi risultati aggiungano ulteriore legittimazione a chi si concentra sullo sviluppo di trattamenti che puntano la tau, anche visti i risultati deludenti di molti studi recenti sulle terapie per MA che puntano l'Aβ.


"Questi risultati potrebbero avere importanti implicazioni per gli studi sui farmaci di MA incentrati sui primi cambiamenti degenerativi, in cui i ricercatori stanno cercando esiti clinici rintracciabili da puntare, oltre al declino cognitivo precoce", ha detto Ehrenberg. Aggiungendo che i risultati saranno preziosi anche quando saranno disponibili nuove tecnologie per rilevare le prime fasi della patologia di MA nei pazienti viventi - come le biopsie del sangue o le scansioni cerebrali PET della tau - per aiutare l'implementazione di tali nuovi biomarcatori nella pratica clinica.


Per la Grinberg, la scoperta che i sintomi psichiatrici come la depressione o i disturbi del sonno degli anziani potrebbero essere collegati a uno specifico fenomeno biologico - cioè all'accumulo di proteina tau in grovigli NF nel tronco cerebrale - è interessante come le implicazioni per lo stesso MA.


"Poiché in genere non conosciamo le basi biologiche della maggior parte delle condizioni psichiatriche, non possiamo fare quello che facciamo per altre malattie come il diabete o il cancro, non possiamo dire: 'Hai problemi di depressione o di sonno a causa di questa malattia nel tuo cervello, quindi vediamo se possiamo curare quella malattia' ", ha detto la Grinberg. "Se potessimo usare questa nuova conoscenza per trovare un modo per ridurre il peso di queste condizioni negli anziani, sarebbe assolutamente enorme".

 

 

 


Fonte: Nicholas Weiler in University of California San Francisco (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Alexander J. Ehrenberg, Claudia K. Suemoto, Elisa de Paula França Resende, Cathrine Petersen, Renata Elaine Paraizo Leite, Roberta Diehl Rodriguez, Renata Eloah de Lucena Ferretti-Rebustini, You, Jun Oh, Ricardo Nitrini, Carlos Augusto Pasqualucci, Wilson Jacob-Filho, Joel H. Kramer, Jennifer R. Michelle Gatchel, Lea T. Grinberg. Neuropathologic Correlates of Psychiatric Symptoms in Alzheimer’s Disease. Journal of Alzheimer's Disease, 7 Sep 2018, DOI: 10.3233/JAD-180688

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Infezione cerebrale da funghi produce cambiamenti simili all'Alzheimer

26.10.2023 | Ricerche

Ricerche precedenti hanno implicato i funghi in condizioni neurodegenerative croniche co...

Scoperto un fattore importante che contribuisce all'Alzheimer

22.08.2022 | Ricerche

Una ricerca guidata dai dott. Yuhai Zhao e Walter Lukiw della Luisiana State University ...

'Scioccante': dopo un danno, i neuroni si auto-riparano ripartendo d…

17.04.2020 | Ricerche

Quando le cellule cerebrali adulte sono ferite, ritornano ad uno stato embrionale, secon...

Gli interventi non farmacologici per l'Alzheimer sono sia efficaci che co…

19.04.2023 | Ricerche

Un team guidato da ricercatori della Brown University ha usato una simulazione al computer per di...

Goccioline liquide dense come computer cellulari: nuova teoria sulla causa del…

22.09.2022 | Ricerche

Un campo emergente è capire come gruppi di molecole si condensano insieme all'interno de...

Cerca il tuo sonno ideale: troppo e troppo poco legati al declino cognitivo

28.10.2021 | Ricerche

Come tante altre cose buone della vita, il sonno fa meglio se è moderato. Uno studio plu...

Pensaci: tenere attivo il cervello può ritardare l'Alzheimer di 5 anni

21.07.2021 | Ricerche

Mantenere il cervello attivo in vecchiaia è sempre stata un'idea intelligente, ma un nuo...

Studio rivela dove vengono memorizzati i frammenti di memoria

22.07.2022 | Ricerche

Un momento indimenticabile in un ristorante può non essere esclusivamente il cibo. Gli o...

Livelli di ossigeno nel sangue potrebbero spiegare perché la perdita di memori…

9.06.2021 | Ricerche

Per la prima volta al mondo, scienziati dell'Università del Sussex hanno registrato i li...

Relazioni personali ricche migliorano il funzionamento del cervello

22.06.2020 | Ricerche

Come interagiscono gli individui, come si percepiscono uno con l'altro, e i pensieri e i...

Scoperto perché l'APOE4 favorisce l'Alzheimer e come neutralizzarlo

10.04.2018 | Ricerche

Usando cellule di cervello umano, scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto la ...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Perché dimentichiamo? Nuova teoria propone che 'dimenticare' è in re…

17.01.2022 | Ricerche

Mentre viviamo creiamo innumerevoli ricordi, ma molti di questi li dimentichiamo. Come m...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

La lunga strada verso la demenza inizia con piccoli 'semi' di aggreg…

20.11.2020 | Ricerche

Il morbo di Alzheimer (MA) si sviluppa nel corso di decenni. Inizia con una reazione a c...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Preoccupazione, gelosia e malumore alzano rischio di Alzheimer per le donne

6.10.2014 | Ricerche

Le donne che sono ansiose, gelose o di cattivo umore e angustiate in me...

Come dormiamo oggi può prevedere quando inizia l'Alzheimer

8.09.2020 | Ricerche

Cosa faresti se sapessi quanto tempo hai prima che insorga il morbo di Alzheimer (MA)? N...

I dieci fattori legati a un aumento del rischio di Alzheimer

27.07.2020 | Esperienze & Opinioni

Anche se non c'è ancora alcuna cura, i ricercatori stanno continuando a migliorare la co...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)