Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Il trapianto di cellule cerebrali umane offre approfondimenti sull'Alzheimer

Transplanted human cells green and nuclei purpleCellule del cervello umano trapiantate (verde) e nuclei (viola)

Degli scienziati hanno creato una "finestra" nel cervello, che consente ai ricercatori di osservare in dettaglio come le cellule del cervello umano si connettono tra loro.


Nel nuovo studio, ci ricercatori dell'Imperial College di Londra in collaborazione con un gruppo dell'Università di Cambridge, hanno trapiantato per la prima volta con successo delle cellule cerebrali umane in un cervello di topo, e hanno osservato come sono cresciute e si sono collegate tra loro.


Ciò ha permesso al team di studiare il modo in cui le cellule del cervello umano interagiscono in un ambiente più naturale di quanto fosse possibile in precedenza.


Il team, finanziato dal Medical Research Council, ha usato quella tecnica per modellare la sindrome di Down, impiegando cellule donate da due individui con questa condizione. Gli scienziati dicono che la tecnica potrebbe essere usata in futuro per studiare una serie di condizioni cerebrali, compresa la schizofrenia, la demenza o l'autismo.


Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, descrive come i ricercatori hanno visto differenze nelle cellule cerebrali dagli individui con la sindrome di Down rispetto alle cellule cerebrali di una persona senza la condizione. Sebbene alcune delle connessioni formate tra le cellule cerebrali degli individui con la sindrome di Down fossero più stabili e abbondanti, esse comunicavano in modo leggermente meno coordinato.


Il dott. Vincenzo De Paola, autore senior della ricerca, dell'Istituto Scienze Cliniche dell'Imperial, ha dichiarato: "È stato un fantastico lavoro di squadra e sono grato ai molti scienziati che hanno partecipato a questo studio, nonché alle persone che hanno donato campioni di tessuto per questa ricerca. I nostri risultati suggeriscono che l'attività meno coordinata e una maggiore stabilità delle connessioni nella sindrome di Down possono essere collegate alla funzione cognitiva. Capirlo sarebbe un pezzo importante del puzzle e speriamo di avere presto una risposta".

 

Collegamenti visti per la prima volta

Il professor Rick Livesey, coautore, del Wellcome / Cancer Research UK Gurdon Institute dell'Università di Cambridge, ha commentato: "Lavorare insieme al team della Imperial ci ha permesso di estendere il nostro precedente lavoro sulla produzione di cellule staminali e cellule nervose di persone con sindrome di Down, per studiare come queste cellule nervose si sviluppano e funzionano quando inserite in un cervello vivente. Siamo molto entusiasti di quanto abbiamo appreso e delle nuove strade aperte per comprendere la sindrome di Down".


La dott.ssa Raquel Real, neurologa del gruppo del dott. De Paola all'Imperial College di Londra e prima autrice di questo studio, ha aggiunto: "Il trapianto di cellule cerebrali umane ci ha permesso di monitorare la loro maturazione nel tempo. In definitiva, abbiamo rilevato che le cellule degli individui con sindrome di Down non sono attive come le cellule normali in una fase cruciale del loro sviluppo e questo potrebbe avere importanti implicazioni per alcuni dei sintomi di questa condizione".


Il dott. De Paola ha aggiunto: "Gli scienziati hanno faticato a sviluppare un modo per monitorare le cellule umane vive e le loro connessioni nel cervello. Questo nuovo approccio potrebbe averci fatto fare un passo in avanti in questo senso".


Fondamentalmente, la tecnica consente agli scienziati di studiare come comunicano le cellule cerebrali, ha spiegato il dott. De Paola:

"Le connessioni tra le cellule cerebrali, che consentono loro di parlare tra loro, sono spesso la prima cosa ad essere danneggiata in condizioni come la demenza e il Parkinson. Questo accade molto prima che le cellule cerebrali stesse inizino a morire.

"Ma le connessioni sono così piccole che nessun tipo di strumento di scansione che abbiamo attualmente, come le scansioni MRI o PET, può vederle. Ma la tecnica di microscopia rivoluzionaria utilizzata in questo studio - chiamata microscopia in vivo a 2 fotoni - ci consente non solo di vedere singole cellule cerebrali vive, ma anche le connessioni tra di loro".

 

Produrre cellule cerebrali da cellule della pelle

Nello studio, il dott. Manuel Peter dell'Istituto Gurdon ha creato cellule cerebrali umane mediante l'ingegneria inversa delle cellule della pelle. Questo processo ha comportato il prelievo di alcune cellule della pelle di volontari con sindrome di Down e poi riprogrammarle in laboratorio per generare cellule cerebrali.


Quindi ha progettato quei neuroni in modo che la loro attività potesse essere monitorata nel cervello del topo vivo, usando la microscopia a 2 fotoni. I primi autori congiunti, la dott.ssa Raquel Real e il dr. Antonio Trabalza del gruppo dell'Imperial College di Londra, sono riusciti a impiantare questi neuroni umani nel cervello dei topi vivi.


Il dott. De Paola ha spiegato: "Le cellule del cervello umano non solo hanno formato reti complesse, ma hanno anche iniziato a comunicare in un modo molto simile alle normali cellule cerebrali. Speravamo che alcune cellule del cervello umano si sviluppassero all'interno del cervello del topo, ma siamo rimasti sbalorditi nel vedere prosperare le cellule del cervello umano e presto parlare e lavorare insieme. Alla fine le cellule umane costituivano una vasta area nel cervello del topo".


Tuttavia, ha ammonito: "Non è ancora chiaro fino a che punto le cellule cerebrali umane trapiantate assomiglino all'organizzazione e alla complessità delle loro controparti nel cervello umano. Ora dobbiamo indagare su questo con ulteriori esperimenti".


Il team ora spera di perfezionare questa tecnica e usare potenzialmente questo approccio per studiare altre condizioni neurologiche.

 

 

 


Fonte: Kate Wighton in Imperial College London (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Raquel Real, Manuel Peter, Antonio Trabalza, Shabana Khan, Mark A. Smith, Joana Dopp, Samuel J. Barnes, Ayiba Momoh, Alessio Strano, Emanuela Volpi, Graham Knott, Frederick J. Livesey, Vincenzo De Paola. In vivo modeling of human neuron dynamics and Down syndrome. Science, 2018; eaau1810 DOI: 10.1126/science.aau1810

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Cibo per pensare: come la dieta influenza il cervello per tutta la vita

7.10.2024 | Esperienze & Opinioni

Una quantità di ricerche mostra che ciò che mangiamo influenza la capacità del corpo di ...

Gas xeno potrebbe proteggere dall'Alzheimer, almeno nei topi; previsti te…

30.01.2025 | Ricerche

Molti dei trattamenti perseguiti oggi per proteggere dal morbo di Alzheimer (MA) sono co...

È lo scopo o il piacere la chiave della felicità mentre invecchiamo?

19.11.2021 | Esperienze & Opinioni

I benefici di avere un senso di scopo nella vita sono davvero incredibili. Le persone co...

Un nuovo modello per l'Alzheimer: fenotipi di minaccia, stati di difesa e…

23.04.2021 | Esperienze & Opinioni

Che dire se avessimo concettualizzato erroneamente, o almeno in modo incompleto, il morb...

Smontata teoria prevalente sull'Alzheimer: dipende dalla Tau, non dall�…

2.11.2014 | Ricerche

Una nuova ricerca che altera drasticamente la teoria prevalente sull'or...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Colpi in testa rompono i 'camion della spazzatura' del cervello acce…

5.12.2014 | Ricerche

Un nuovo studio uscito ieri sul Journal of Neuroscience dimostra che un...

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Alzheimer, Parkinson e Huntington condividono una caratteristica cruciale

26.05.2017 | Ricerche

Uno studio eseguito alla Loyola University di Chicago ha scoperto che delle proteine ​​a...

Effetti della carenza di colina sulla salute neurologica e dell'intero si…

23.01.2023 | Ricerche

Assorbire colina a sufficienza dall'alimentazione è cruciale per proteggere il corpo e il cervello d...

Qualità della vita peggiora quando l'Alzheimer è complicato dal cancro

28.04.2023 | Esperienze & Opinioni

Che considerazioni si possono fare per una persona con Alzheimer che riceve anche la diagnosi di can...

Ecco perché alcune persone con marcatori cerebrali di Alzheimer non hanno deme…

17.08.2018 | Ricerche

Un nuovo studio condotto all'Università del Texas di Galveston ha scoperto perché alcune...

Vecchio farmaco per l'artrite reumatoide suscita speranze come cura per l…

22.09.2015 | Ricerche

Scienziati dei Gladstone Institutes hanno scoperto che il salsalato, un farmaco usato per trattar...

Scienziati dicono che si possono recuperare i 'ricordi persi' per l…

4.08.2017 | Ricerche

Dei ricordi dimenticati sono stati risvegliati nei topi con Alzheimer, suggerendo che la...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Immagini mai viste prima delle prime fasi dell'Alzheimer

14.03.2017 | Ricerche

I ricercatori dell'Università di Lund in Svezia, hanno utilizzato il sincrotrone MAX IV ...

Il 'Big Bang' dell'Alzheimer: focus sulla tau mortale che cambi…

11.07.2018 | Ricerche

Degli scienziati hanno scoperto un "Big Bang" del morbo di Alzheimer (MA) - il punto pre...

Cosa rimane del sé dopo che la memoria se n'è andata?

7.04.2020 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è caratterizzato da una progressiva perdita di memoria. Nelle...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

L'esercizio fisico genera nuovi neuroni cerebrali e migliora la cognizion…

10.09.2018 | Ricerche

Uno studio condotto dal team di ricerca del Massachusetts General Hospital (MGH) ha scop...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)

Seguici su

 
enfrdeites

We use cookies

We use cookies on our website. Some of them are essential for the operation of the site, while others help us to improve this site and the user experience (tracking cookies). You can decide for yourself whether you want to allow cookies or not. Please note that if you reject them, you may not be able to use all the functionalities of the site.