Dei ricercatori dell'Imperial College London hanno impedito lo sviluppo dell'Alzheimer nei topi usando un virus modificato per trasportare un gene specifico nel cervello.
Lo studio, pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, è stato finanziato da Alzheimer's Research UK e dal Consiglio Europeo della Ricerca.
Studi precedenti dello stesso team avevano suggerito che questo gene, chiamato PGC1-alfa, può impedire la formazione di una proteina chiamata peptide amiloide-beta nelle cellule in laboratorio. Il peptide amiloide-beta è il componente principale delle placche amiloidi, i ciuffi appiccicosi di proteina che si trovano nel cervello di persone con Alzheimer. Si ritiene che queste placche scatenino la morte delle cellule cerebrali.
La Dott.ssa Magdalena Sastre, del Dipartimento di Medicina all'Imperial e autrice senior della ricerca, spera che le nuove scoperte possano uno giorno favorire lo sviluppo di un metodo per prevenire la malattia, o arrestarla nelle fasi iniziali: "Anche se questi risultati sono molto preliminari, essi suggeriscono che questa terapia genica potrebbe avere potenzialmente un uso terapeutico per i pazienti. Ci sono molti ostacoli da superare, e al momento l'unico modo per portare il gene è tramite una iniezione diretta nel cervello. Tuttavia questo studio prova-di-concetto dimostra che questo approccio merita ulteriori indagini".
Il virus modificato usato negli esperimenti è chiamato «vettore lentivirus», ed è usato correntemente nella terapia genica, secondo il professor Nicholas Mazarakis, co-autore dello studio: "Gli scienziati sfruttano il modo in cui il lentivirus infetta le cellule, per produrre una versione modificata del virus che trasporta i geni in cellule specifiche. Esso viene usato negli esperimenti per trattare varie condizioni, dall'artrite al cancro. Abbiamo già usato con successo il vettore lentivirus in studi clinici per portare i geni nel cervello di pazienti con Parkinson".
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno iniettato il virus, contenente il gene PGC-1-alfa, in due aree del cervello di topi suscettibili all'Alzheimer:
- I danni all'ippocampo influenzano la memoria a breve termine, e inducono una persona a dimenticare gli eventi recenti, come ad esempio una conversazione o che cosa ha mangiato a colazione. L'ippocampo è anche responsabile dell'orientamento, e danni qui implicano che una persona si perde in luoghi familiari, come tornare a casa dal negozio.
- La corteccia, nel frattempo, è responsabile della memoria a lungo termine, del ragionamento, del pensiero e dell'umore. I danni possono scatenare sintomi come la depressione, la fatica a capire quanti soldi dare quando si paga, come vestirsi o come cucinare una ricetta familiare.
Gli animali sono stati trattati nelle fasi iniziali dell'Alzheimer, quando non avevano ancora sviluppato le placche amiloidi. Dopo quattro mesi, il team ha scoperto che i topi che hanno ricevuto il gene avevano pochissime placche amiloidi, rispetto ai topi non trattati. Inoltre, nei compiti di memoria, i topi trattati hanno ottenuto risultati simili ai topi sani. I compiti includevano sfide come sostituire un oggetto familiare nella gabbia del topo con uno nuovo. I topi con una memoria sana esplorano il nuovo oggetto più a lungo.
Il team ha anche scoperto non c'era alcuna perdita di cellule cerebrali nell'ippocampo dei topi che hanno ricevuto la terapia genica. Oltre a questo, i topi trattati avevano una riduzione del numero di cellule gliali, che nell'Alzheimer possono rilasciare sostanze infiammatorie tossiche che causano ulteriori danni cellulari.
La proteina PGC1-alfa, che è codificata dal gene, è coinvolta nei processi metabolici del corpo, compresa la regolazione del metabolismo degli zuccheri e dei grassi.
La dott.ssa Sastre ha aggiunto che altri studi di diversi istituti suggeriscono che l'esercizio fisico e il composto resveratrolo, presente nel vino rosso, possono aumentare i livelli di proteina PGC1-alfa. Tuttavia, si è scoperto che il resveratrolo ha vantaggi solo in pillola, piuttosto che nel vino, perché l'alcol annulla qualsiasi beneficio.
Il team suggerisce che le iniezioni del gene sarebbero più vantaggiose nelle prime fasi della malattia, quando compaiono i primi sintomi. Ora spera di esaminare come tradurre questi risultati in trattamenti umani, ha detto il dottor Sastre: "Siamo ancora lontani anni dall'uso di questa tecnica nella clinica. Tuttavia, in una malattia che ha urgente bisogno di nuove opzioni per i pazienti, questo lavoro fornisce la speranza di terapie future".
Fonte: Kate Wighton su Imperial College London (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Loukia Katsouri, Yau M. Lim, Katrin Blondrath, Ioanna Eleftheriadou, Laura Lombardero, Amy M. Birch, Nazanin Mirzaei, Elaine E. Irvine, Nicholas D. Mazarakis and Magdalena Sastre. PPAR{gamma}-coactivator-1{alpha} gene transfer reduces neuronal loss and amyloid-{beta} generation by reducing {beta}-secretase in an Alzheimer’s disease model. PNAS 2016; published ahead of print October 10, 2016, doi:10.1073/pnas.1606171113
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