Iscriviti alla newsletter



Registrati alla newsletter (giornaliera o settimanale):
Ricevi aggiornamenti sulla malattia, gli eventi e le proposte dell'associazione. Il tuo indirizzo email è usato solo per gestire il servizio, non sarà mai ceduto ad altri.


Studio su "Big Data" scopre il primo segnale dello sviluppo dell'Alzheimer

Studio su Questo studio ha impiegato diverse tecniche di scansione per misurare la concentrazione di amiloide, il metabolismo del glucosio, il flusso ematico cerebrale, l'attività funzionale e l'atrofia cerebrale in 78 aree del cervello, coprendo tutta la materia grigia.

 


Gli scienziati del Montreal Neurological Institute and Hospital hanno usato un potente strumento per capire meglio la progressione dell'Alzheimer a insorgenza tardiva (loAD), identificando i suoi primi segnali fisiologici.


Lo studio, guidato dal Dr. Alan Evans, professore di neurologia, neurochirurgia e ingegneria biomedica del Neuro, ha analizzato più di 7.700 immagini cerebrali di 1.171 persone nelle varie fasi dell'Alzheimer, con varie tecniche che comprendono la risonanza magnetica (MRI) e la tomografia ad emissione di positroni (PET). Ha analizzato anche il sangue e il liquido cerebrospinale, così come il livello di cognizione dei soggetti.


I ricercatori hanno scoperto che, contrariamente alla comprensione precedente, il primo segno fisiologico dell'Alzheimer è una diminuzione del flusso di sangue al cervello. Finora ad essere considerato il primo segnale rilevabile dell'Alzheimer era l'aumento della proteina amiloide. Anche se è certo che l'amiloide ha un ruolo, questo studio rileva che i cambiamenti nel flusso di sangue sono il primo segnale di avvertimento conosciuto dell'Alzheimer. Lo studio ha anche riscontrato che i cambiamenti nella cognizione iniziano prima di quanto si credesse nella progressione.


L'Alzheimer ad esordio tardivo è una malattia estremamente complessa ma altrettanto importante da capire. Non è causata da un meccanismo neurologico, ma è il risultato di diversi meccanismi associati nel cervello. Il loAD è la causa più comune di demenza umana ed è importante capire le interazioni tra i vari meccanismi per sviluppare dei trattamenti.


Le ricerche precedenti sui molteplici meccanismi che compongono il loAD avevano avuto una portata limitata e non hanno fornito un quadro completo di questa complessa malattia. Questo studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications il 21 giugno, è entrato nel modello della concentrazione di amiloide, del metabolismo del glucosio, del flusso ematico cerebrale, dell'attività funzionale e dell'atrofia cerebrale di 78 aree del cervello, che coprono tutta la materia grigia.


"La mancanza di comprensione integrativa della patologia loAD e dei suoi meccanismi multifattoriali, è un ostacolo fondamentale allo sviluppo di agenti terapeutici efficaci che modificano la malattia", dice Yasser Iturria Medina, borsista post-dottorato dell'MNI e il primo autore dello studio.


I ricercatori hanno registrato la traiettoria di ciascun fattore biologico usando i dati di ogni paziente per un periodo di 30 anni. Questo processo è stato poi ripetuto 500 volte per migliorare la robustezza delle stime e la stabilità dei risultati. La compilazione e l'analisi dei dati hanno richiesto migliaia di ore di calcolo, e non sarebbe stato possibile senza software sofisticati e terabyte di spazio su disco rigido. Un tale approccio data-driven [guidato dai dati] alla neurologia sta diventando sempre più importante, secondo Evans.


"Abbiamo molti modi per catturare i dati del cervello, ma che cosa ne facciamo di tutti questi dati?", dice. "Sempre più spesso la neurologia è limitata dalla capacità di mettere insieme tutte queste informazioni e dare loro un senso. Questo crea complesse sfide matematiche e statistiche, ma quello è il futuro della ricerca clinica nel cervello".


Questa ricerca sottolinea anche l'importanza della condivisione dei dati tra istituzioni, noto come modello Open Science. I dati dei pazienti dello studio provenivano dall'Alzheimer's Disease Neuroimaging Initiative (ADNI), una collaborazione tra oltre 30 istituzioni in tutto il Canada e gli Stati Uniti. La conoscenza che questo studio ha aggiunto alla comprensione del loAD sarebbe ancora ignota se non ci fosse stata la condivisione dei dati. Evans fa notare che questo è solo uno tra le centinaia di lavori scientifici che nascono dal dataset ADNI: "Questa di per sé giustifica l'esistenza di ADNI e la condivisione dei dati. Ciò che va, torna. Noi beneficiamo dei dati aggiunti da altri, e contribuiamo con nostri dati".


Anche se questo studio è uno dei più approfonditi mai pubblicati sul tema della progressione dell'Alzheimer, Evans dice che vorrebbe andare oltre, non solo registrando, ma determinando le cause di ogni meccanismo, fatto che potrebbe essere la chiave per sbloccare trattamenti migliori. E' una cosa limitata solo dalla quantità di potenza di calcolo che Big Data è in grado di fornire.


"Questa è una sfida computazionale e matematica che va al di là di tutto ciò che abbiamo fatto finora", spiega Evans. "Il nostro obiettivo è salire al modelli causali di alto livello delle interazioni tra tutti i fattori della malattia, ma è necessaria una enorme potenza di calcolo per farlo. Il nostro lavoro è essere pronti con il software, gli algoritmi e i dati, mentre aspettiamo che appaia l'hardware".


"Abbiamo bisogno di altri studi integrativi data-driven, che possano prendere in considerazione tutti i possibili fattori biologici coinvolti, nonché di chiarire le interazioni dirette tra questi fattori", dice Medina. "Senza questo, non possiamo che sognare trattamenti efficaci: continueremmo a lavorare al buio".

 

********
Lo studio è stato reso possibile dal finanziamento e il sostegno operativo di Brain Canada, Canadian Institutes for Health Research, CANARIE, Compute Canada, Canadian Foundation for Innovation e da una borsa di studio della McGill University.

 

 

 


Fonte: McGill University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: Y. Iturria-Medina et al. Early role of vascular dysregulation on late-onset Alzheimer’s disease based on multifactorial data-driven analysis. Nature Communications, 2016; 7: 11934 DOI: 10.1038/ncomms11934

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

Notizie da non perdere

Perché il diabete tipo 2 è un rischio importante per lo sviluppo dell'Alz…

24.03.2022 | Ricerche

Uno studio dell'Università di Osaka suggerisce un possibile meccanismo che collega il diabete all'Al...

Orienteering: un modo per addestrare il cervello e contrastare il declino cogn…

27.01.2023 | Ricerche

Lo sport dell'orienteering (orientamento), che attinge dall'atletica, dalle capacità di ...

L'esercizio fisico dà benefici cognitivi ai pazienti di Alzheimer

29.06.2015 | Ricerche

Nel primo studio di questo tipo mai effettuato, dei ricercatori danesi hanno dimostrato che l'ese...

Laser a infrarossi distrugge le placche di amiloide nell'Alzheimer

7.08.2020 | Ricerche

L'aggregazione di proteine ​​in strutture chiamate 'placche amiloidi' è una caratteristi...

Sciogliere il Nodo Gordiano: nuove speranze nella lotta alle neurodegenerazion…

28.03.2019 | Ricerche

Con un grande passo avanti verso la ricerca di un trattamento efficace per le malattie n...

Zen e mitocondri: il macchinario della morte rende più sana la vita

20.11.2023 | Ricerche

Sebbene tutti noi aspiriamo a una vita lunga, ciò che è più ambito è un lungo periodo di...

Capire l'origine dell'Alzheimer, cercare una cura

30.05.2018 | Ricerche

Dopo un decennio di lavoro, un team guidato dal dott. Gilbert Bernier, ricercatore di Hô...

Dosi basse di radiazioni possono migliorare la qualità di vita nell'Alzhe…

6.05.2021 | Ricerche

Individui con morbo di Alzheimer (MA) grave hanno mostrato notevoli miglioramenti nel co...

Che speranza hai dopo la diagnosi di Alzheimer?

25.01.2021 | Esperienze & Opinioni

Il morbo di Alzheimer (MA) è una malattia che cambia davvero la vita, non solo per la pe...

Le donne possono vivere meglio con una dieta migliore

22.07.2022 | Ricerche

Mangiare frutta e verdura di colori più brillanti può aiutare i problemi di salute delle donne.

...

Sintomi visivi bizzarri potrebbero essere segni rivelatori dell'Alzheimer…

1.02.2024 | Ricerche

Un team di ricercatori internazionali, guidato dall'Università della California di San F...

Le cellule immunitarie sono un alleato, non un nemico, nella lotta all'Al…

30.01.2015 | Ricerche

L'amiloide-beta è una proteina appiccicosa che si aggrega e forma picco...

Meccanismo neuroprotettivo alterato dai geni di rischio dell'Alzheimer

11.01.2022 | Ricerche

Il cervello ha un meccanismo naturale di protezione contro il morbo di Alzheimer (MA), e...

Marito riferisce un miglioramento 'miracoloso' della moglie con Alzh…

28.09.2018 | Annunci & info

Una donna di Waikato (Nuova Zelanda) potrebbe essere la prima persona al mondo a miglior...

Rete nascosta di enzimi responsabile della perdita di sinapsi nell'Alzhei…

8.12.2020 | Ricerche

Un nuovo studio sul morbo di Alzheimer (MA) eseguito da scienziati dello Scripps Researc...

Demenze: forti differenze regionali nell’assistenza, al Nord test diagnostici …

30.01.2024 | Annunci & info

In Iss il Convegno finale del Fondo per l’Alzheimer e le Demenze, presentate le prime linee guida...

Con l'età cala drasticamente la capacità del cervello di eliminare le pro…

31.07.2015 | Ricerche

Il fattore di rischio più grande per l'Alzheimer è l'avanzare degli anni. Dopo i 65, il rischio r...

Lavati i denti, posticipa l'Alzheimer: legame diretto tra gengivite e mal…

4.06.2019 | Ricerche

Dei ricercatori hanno stabilito che la malattia gengivale (gengivite) ha un ruolo decisi...

L'invecchiamento è guidato da geni sbilanciati

21.12.2022 | Ricerche

Il meccanismo appena scoperto è presente in vari tipi di animali, compresi gli esseri umani.

LipiDiDiet trova effetti ampi e duraturi da intervento nutrizionale all'i…

9.11.2020 | Ricerche

Attualmente non esiste una cura nota per la demenza, e le terapie farmacologiche esisten...

Logo AARAssociazione Alzheimer OdV
Via Schiavonesca 13
31039 Riese Pio X° (TV)