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Le persone con demenza hanno una bassa qualità di vita per la mancanza di attività

La qualità di vita delle persone con demenza che vivono in strutture di assistenza a lungo termine spesso è influenzata negativamente dalla scarsa partecipazione alle attività.


Inoltre, il personale e le famiglie restano pessimisti sulla capacità della persona con demenza di essere coinvolta.


Questi sono alcune delle scoperte fatte da uno studio su scala nazionale (Australia) sulla qualità della vita delle persone affette da demenza in strutture per anziani, intrapreso dal Dementia Collaborative Research Centre e dalla Griffith University.


Lo studio sarà presentato questa settimana alla 11a Gold Coast Health and Medical Research Conference dalla prof.ssa Wendy Moyle del Menzies Health Institute Queensland della Griffith.


Lavorando su 53 strutture per anziani residenziali di tutta l'Australia, lo studio ha misurato i livelli di partecipazione a 15 attività ricreative dei residenti con demenza (5 all'interno e 10 all'aperto). Per i 191 residenti che hanno potuto dare un voto alla propria attività, il punteggio medio era di 11,4 su una scala da 0, il tasso di partecipazione più basso, a 30, il più alto.


Tra i 435 membri del personale intervistati nello studio, il punteggio medio era di 9,6, addirittura inferiore alle persone affette da demenza che hanno auto-riferito le loro attività. Le famiglie sono risultate essere le più pessimiste per quanto riguarda il grado di coinvolgimento dei loro familiari nelle attività ricreative, con un punteggio medio di 7.


Lo studio ha anche esaminato i livelli di deficit cognitivo (funzione del cervello) e ha scoperto che questo non era correlato alla valutazione dell'ospite sulla sua partecipazione alle attività.


La prof.ssa Moyle dice:

"E' particolarmente interessante il fatto che il deterioramento cognitivo non è risultato correlato ai punteggi di attività degli ospiti, considerando che il punteggio del personale e dei familiari del livello di attività di un ospite si è correlato in modo fortemente negativo al suo deficit cognitivo, così che quelli con deterioramento più grave erano considerati con il livello più basso di attività.

"Sembra che ci sia un assunto errato da parte del personale e della famiglia che le persone con demenza grave o di fase avanzata non sono in grado di svolgere attività ricreative o che non richiedono la stimolazione delle attività.

"Tuttavia possiamo vedere che, anche se si crede che queste persone abbiano scarse abilità, esse hanno la capacità di fare molto di più.

"Sappiamo già che l'attività è molto importante e, solo perché le persone con demenza sono cognitivamente compromesse, non significa che esse dovrebbero perdere le possibilità di coinvolgimento nelle attività. Perdere queste opportunità può non solo ridurre ulteriormente la capacità cognitiva, ma anche dare potenzialmente il rischio che ci siano bisogni insoddisfatti nella persona.

"Questi problemi possono emergere come sintomi comportamentali e psicologici della demenza, come agitazione e vagabondaggio, che possono anche tradursi in una maggiore necessità di farmaci".


Tutti e tre i gruppi all'interno dello studio hanno valutato chi appariva più depresso come se avesse livelli di attività più bassi.


Continua la prof.ssa Moyle:

"Quando abbiamo guardato gli auto-rapporti degli ospiti, per esempio, quanto più si classificavano come depressi, tanto più bassa era la loro valutazione del livello di attività generale.

"Tra il personale la differenza era particolarmente grande; ha valutato quelli senza depressione con un voto medio di 10,9 rispetto a un punteggio di 6,4 per quelli che vedevano come gravemente depressi.

"È importante mantenere la qualità di vita delle persone con demenza che vivono in strutture di assistenza a lungo termine, in quanto non esiste una cura per questa condizione diffusa.

"Quando le persone con demenza vanno in assistenza a lungo termine, c'è la convinzione che essi saranno più impegnati nelle attività e sperimenteranno un miglioramento della qualità di vita. Questo purtroppo non è sempre così.

"Dato che le attività ricreative hanno dimostrato di correlarsi alla qualità complessiva della vita di questo gruppo, allora bisogna esaminare di concerto come possiamo migliorarle".


La prof.ssa Moyle conclude che è necessario un aumento del rapporto personale/ospiti nelle case di cura, anche integrando sempre più volontari, per fornire più attività ricreative all'interno dell'ambiente di assistenza.

 

 

 


Fonte: Griffith University via EurekAlert! (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.

Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.

Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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