Il sodio è essenziale per l'equilibrio dei fluidi e per l'omeostasi cellulare, il mantenimento di un ambiente interno stabile di un organismo. Ma la quantità di sale necessaria per mantenere l'omeostasi negli adulti è piuttosto bassa: circa 500 mg al giorno.
Al contrario, la maggior parte degli americani consuma più di sei volte tanto, determinando un'alta pressione in molte persone.
Ma cosa succede se si è uno dei fortunati che possono mangiare tutti gli spuntini salati e i cibi pronti che desiderano e fare comunque registrare numeri bassi sul bracciale della pressione arteriosa?
Una nuova ricerca suggerisce che potrebbero NON essere così fortunati, dopo tutto.
Una ricerca di revisione, scritta a più mani da due docenti della University of Delaware e da due medici del Christiana Care Health System, fornisce la prova che, anche in assenza di un aumento della pressione arteriosa, l'eccesso di sodio nella dieta può influenzare negativamente diversi organi, compresi i vasi sanguigni, il cuore, i reni e il cervello.
Gli autori della ricerca includono William Farquhar e David Edwards del Dipartimento di Kinesiologia e Fisiologia Applicata della UD, William Weintraub, direttore di cardiologia al Christiana Care, e Claudine Jurkovitz, epidemiologa nefrologa e scienziata senior nel Value Institute Center for Outcomes Research del Christiana Care.
Il documento è stato pubblicato in 17 marzo sul Journal of American College of Cardiology.
"Le risposte della pressione arteriosa alle alterazioni del sodio nella dieta variano ampiamente, fatto che ha portato al concetto di pressione arteriosa «sensibile al sale»", spiega Farquhar. "Non ci sono linee guida standard per classificare gli individui con pressione sensibile al sale, ma se la pressione del sangue aumenta nel corso di un periodo con molto sodio nella dieta o diminuisce in un periodo di basso contenuto di sodio, la persona è considerata sensibile al sale. Se non c'è alcun cambiamento della pressione arteriosa con una restrizione del sodio, un individuo è considerato resistente al sale".
Tuttavia, la ricerca punta all'evidenza degli effetti negativi su più organi e tessuti esaminati, anche per le persone che sono resistenti al sale.
Cattive notizie per il corpo
I potenziali effetti sulle arterie comprendono una funzione ridotta dell'endotelio, che è il rivestimento interno dei vasi sanguigni. Le cellule endoteliali mediano una serie di processi, comprese coagulazione, adesione piastrinica e funzione immunitaria. Molto sodio nella dieta può anche aumentare la rigidità arteriosa.
Farquhar e Edwards hanno fatto lavori precedenti in questo settore, con uno studio che dimostra che l'assunzione eccessiva di sale negli esseri umani ostacola la dilatazione dipendente dall'endotelio e un altro che dimostra che il carico di sodio nella dieta altera la funzione microvascolare. In entrambi i casi, gli effetti sono indipendenti dalle variazioni della pressione sanguigna.
Essi hanno rivisto, in un documento pubblicato su Current Opinion in Nephrology and Hypertension, il loro lavoro e il crescente corpo di prove che supporta l'effetto deleterio sulla funzione vascolare del sale nella dieta, indipendentemente dalla pressione del sangue. "Molto sodio nella dieta può anche portare a ipertrofia del ventricolo sinistro, l'allargamento del tessuto muscolare che costituisce la parete della principale camera di pompaggio del cuore", dice Edwards. "Con l'ispessimento, le pareti della camera diventano meno reattive e infine diventano incapaci di pompare con forza come un cuore sano".
Riguardo i reni, l'evidenza suggerisce che molto sodio è associato ad una funzione renale ridotta, un calo osservato con un aumento anche minimo della pressione sanguigna. Infine, il sodio può interessare anche il sistema nervoso simpatico, che attiva quella che viene spesso definita come la «risposta di lotta o fuga».
"Un eccesso cronico di sodio nella dieta può «rendere sensibili» i neuroni simpatici nel cervello, causando una maggiore risposta a vari stimoli, compresa la contrazione dei muscoli scheletrici", spiega Farquhar. "Ancora una volta, anche se la pressione arteriosa non è aumentata, un efflusso simpatico cronicamente più alto può avere effetti nocivi sugli organi puntati".
Lavoro investigativo difficile
La Jurkovitz sottolinea che non è facile studiare gli effetti della restrizione del sale sugli esiti clinici. Le sfide comprendono la valutazione accurata dell'assunzione, la capacità di restare per molto tempo con un regime definito di sale, la necessità di un gran numero di pazienti da esaminare e un lungo periodo di studio per ottenere risultati sufficienti per un'analisi significativa. Tuttavia lei dice che "una grande quantità di prove conferma la plausibilità biologica dell'associazione tra assunzione alta di sodio e aumento della pressione sanguigna e di eventi cardiovascolari".
Questa evidenza ha portato alla raccomandazione dell'American Heart Association di consumare meno di 1.500 mg di sodio al giorno.
Scuotere l'abitudine al sale
Togliere la saliera dal tavolo è un buon modo per iniziare, ma probabilmente non è sufficiente, dice Weintraub, il cui lavoro si concentra sugli esiti cardiologici.
"Circa il 70 per cento del sodio nella nostra dieta proviene da cibi trasformati, inclusi quelli che in genere non consideriamo salati, come il pane e i cereali", dice. "Inoltre, il cibo del ristorante contiene di solito più sale rispetto ai piatti preparati in casa, e quindi mangiare meno fuori può aiutare a ridurre l'assunzione di sale, specialmente se si usano erbe e spezie - invece del sale - per aggiungere sapore ai pasti cucinati in casa".
Ma gli autori riconoscono che scuotere l'abitudine del sale non sarà facile, e non accadrà dalla sera alla mattina. "Ridurre il sodio richiede uno sforzo coordinato che coinvolge organizzazioni come l'AHA, i produttori e i trasformatori alimentari, i ristoranti, e la politica pubblica volta all'informazione", dice Weintraub.
Fonte: Diane Kukich in University of Delaware (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: William B. Farquhar, David G. Edwards, Claudine T. Jurkovitz, William S. Weintraub. Dietary Sodium and Health. Journal of the American College of Cardiology, 2015; 65 (10): 1042 DOI: 10.1016/j.jacc.2014.12.039
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