Gli scienziati del cervello credono da lungo tempo che gli anziani abbiano meno flessibilità neurale (plasticità) necessaria per imparare cose nuove. Un nuovo studio dimostra che gli anziani apprendono un compito visivo altrettanto bene dei giovani, ma quelli che dimostrano una forte propensione all'apprendimento esibiscono la plasticità in un'area diversa del cervello rispetto a quella dei giovani.
Un problema largamente presunto dell'invecchiamento è che il cervello diventa meno flessibile - meno plastico - e che l'apprendimento può quindi diventare più difficile. Un nuovo studio condotto da ricercatori della Brown University contraddice tale nozione constatando che la neuroplasticità è presente negli anziani che apprendono bene un compito, ma è localizzata in una parte diversa del cervello rispetto a quella delle persone più giovani.
Quando, nello studio, molti anziani hanno imparato un nuovo compito visivo, secondo i ricercatori, essi hanno mostrato inaspettatamente un significativo cambiamento associato nella sostanza bianca del cervello. La sostanza bianca è composta dall'insieme dei «cavi» (assoni) del cervello, rivestiti di un materiale chiamato mielina, che può rendere più efficiente la trasmissione dei segnali. Quelli più giovani che imparavano, invece, hanno dimostrato la plasticità nella corteccia, dove secondo i neuroscienziati dovrebbe essere.
"Pensiamo che il grado di plasticità della corteccia diventi sempre più limitato negli anziani", ha detto Takeo Watanabe, il professore della Brown University e co-autore dello studio pubblicato su Nature Communications."Tuttavia, essi mantengono la capacità di apprendere, almeno visivamente, cambiando la struttura della materia bianca".
Gli autori principali dello studio sono Yuko Yotsumoto dell'Università di Tokyo e Li-Hung Chang della Brown University e della National Yang Ming University di Taiwan. L'autore corrispondente è Yuka Sasaki, professore associato di ricerca in scienze cognitive, linguistiche e psicologiche alla Brown University.
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Il team dello studio ha arruolato 18 volontari di età compresa tra 65 a 80 anni e 21 volontari dai 19 ai 32, per apprendere ed eseguire un compito di percezione visiva astratta in laboratorio per circa una settimana. Essi hanno guardato lo schermo che mostrava una struttura di fondo con linee orientate in una direzione particolare. A volte una piccola zona dello schermo mostrava rapidamente linee che puntavano in due direzioni diverse nello stesso fondo. I soggetti dovevano semplicemente premere un pulsante per indicare se avevano visto una macchia con un particolare orientamento.
I soggetti più anziani avevano altrettanto probabilità, in media, di quelli più giovani di compiere progressi sostanziali nel discriminare la conformazione diversa della piccola macchia. Ma i ricercatori non erano interessati a sapere solo se avveniva l'apprendimento. Hanno anche analizzato il cervello dei volontari all'inizio e alla fine della settimana con la risonanza magnetica, che può indicare la plasticità della corteccia, e con la scansione a tensore di diffusione, che può indicare i cambiamenti nella sostanza bianca.
Le scansioni si sono concentrate sulla sezione del cervello responsabile dell'apprendimento visivo, la corteccia visiva iniziale (sostanza grigia), e la sostanza bianca sottostante. Inoltre, i ricercatori hanno posizionato strategicamente le macchie di linee nella stessa parte del campo visivo del soggetto. Questo per assicurarsi che sarebbe stata addestrata una parte specifica della corteccia visiva (e della sostanza bianca sottostante) che gestisce i segnali per quella sezione del campo visivo, al contrario delle altre sezioni.
Analizzando insieme i risultati delle scansioni ed le prestazioni di apprendimento, i ricercatori hanno trovato varie associazioni importanti:
- Quelli più giovani che apprendevano hanno mostrato una quantità significativamente maggiore di modifiche nella corteccia, rispetto agli anziani. Il contrario per i cambiamenti nella sostanza bianca.
- Nei volontari di entrambi i gruppi di età, i cambiamenti del cervello si sono verificati solo nelle sezioni corrispondenti con la parte specifica del campo visivo in cui veniva mostrata la chiazza.
Lo studio ha prodotto un'altra curiosa scoperta. Guardando più in profondità l'associazione tra i cambiamenti della sostanza bianca e le prestazioni di apprendimento dei soggetti più anziani, i ricercatori hanno scoperto che erano divisi in due gruppi ben distinti: «chi apprendeva bene» e «chi apprendeva male».
Nel gruppo che imparava molto bene (l'accuratezza nel discriminare la chiazza è aumentata di oltre il 20 per cento), i componenti hanno mostrato un'associazione positiva tra le alterazioni della sostanza bianca e il miglioramento del loro apprendimento. Ma nel gruppo di chi «imparava male» (miglioramento inferiore al 20 per cento), la tendenza era che il miglioramento dell'apprendimento diminuiva all'aumentare dei cambiamenti della sostanza bianca.
Lo studio non dice che cosa induce i soggetti anziani a far parte di un gruppo o dell'altro. I risultati, inoltre, non spiegano definitivamente perché la plasticità della sostanza bianca consentirebbe a chi «imparava bene» di farlo, anche se una delle ipotesi può essere la maggiore efficienza di trasmissione dei segnali.
Ma per molti anziani, può essere incoraggiante sapere che la plasticità non diminuisce necessariamente con l'età, può solo passare lo sbiancamento dai capelli alla sostanza bianca del cervello.
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Oltre a Watanabe, Sasaki, Yostumoto e Chang, gli altri autori sono Rui Ni della Wichita State University, e Russell Pierce e George Andersen della University of California di Riverside. I National Institutes of Health hanno sostenuto la ricerca.
Fonte: Brown University (> English text) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Yuko Yotsumoto, Li-Hung Chang, Rui Ni, Russell Pierce, George J. Andersen, Takeo Watanabe, Yuka Sasaki. White matter in the older brain is more plastic than in the younger brain. Nature Communications, 2014; 5: 5504 DOI: 10.1038/ncomms6504
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