Scienziati dei Gladstone Institutes hanno migliorato la nostra comprensione di come una proteina legata all'Alzheimer mantiene sano il cervello giovane, ma può danneggiarlo più tardi nella vita - suggerendo nuovi percorsi di ricerca per il trattamento di questa malattia devastante.
Nel Journal of Neuroscience, disponibile online, i ricercatori del laboratorio di Yadong Huang (foto), MD, PhD, hanno scoperto i ruoli distinti che la proteina apoE gioca nel cervello giovane e in quello che invecchia.
Questi risultati, che potrebbero dirigere nel futuro lo sviluppo dei farmaci di Alzheimer, arrivano in un momento di sfida e di necessità senza precedenti. "Per il 2030, più di 60 milioni di persone in tutto il mondo avranno probabilmente la diagnosi di Alzheimer, ma siamo ancora alle prese con i meccanismi biologici sottostanti alla malattia", ha detto il dottor Huang, esperto di Alzheimer ai Gladstone, organizzazione di ricerca biomedica indipendente e senza scopo di lucro. "Tuttavia, con questa ricerca abbiamo gettato nuova luce su questi processi complessi - e come potremmo modificarli per combattere questa malattia".
I meccanismi molecolari alla base dell'Alzheimer sono da molto tempo sconosciuti agli scienziati. Studi precedenti hanno scoperto che diversi tipi, o varianti, del gene apoE (compresi l'apoE3 e l'apoE4) influenzano il rischio genetico di sviluppo della malattia. La variante apoE4 è il principale fattore di rischio genetico della malattia, mentre l'apoE3 è meno rischioso, e molto più comune. Tra queste varianti, tutti noi ne ereditiamo due (uno per ciascun genitore) che danno la base per cui la proteina è conosciuta semplicemente come apoE. Precedenti risultati hanno rivelato una complessa interazione tra l'apoE e un'altra proteina chiamata beta-amiloide (Aβ), che è presente in quantità maggiori nel cervello dei malati di Alzheimer, ma l'esatta natura di questo rapporto complesso rimane poco chiaro.
Una recente ricerca di un altro gruppo ha scoperto che un farmaco che aumenta i livelli della proteina apoE, inverte anche l'accumulo di Aβ nel topi geneticamente modificati per imitare l'Alzheimer. Quindi alcuni scienziati hanno teorizzato che aumentare i livelli di apoE potrebbe essere utile per rallentare la progressione della malattia negli esseri umani, e molti gruppi hanno iniziato ad esplorare questa strategia terapeutica. In questo studio, il dottor Huang e il suo team hanno testato questa idea. Hanno modificato geneticamente dei topi per avere apoE3 o apoE4 umane e poi li hanno monitorati nell'accumulo successivo di Aβ nel cervello tossici quando invecchiavano. "Abbiamo pensato che esistesse un rapporto diretto tra i livelli di proteina apoE e l'Aβ, e che aumentando i livelli di apoE in questi topi si sarebbe aumentato - non fermato - l'accumulo di Aβ", ha spiegato l'autore Nga Bien-Ly, PhD, assegnista postdottorato ai Gladstone.
Gli esperimenti del team hanno rivelato entrambi i ruoli sorprendenti e intricati dell'apoE. Nei topi giovani, le proteine apoE prodotte da tutte le varianti del gene apoE (compresa la variante rischiosa apoE4) sono essenziali perchè la proteina che producono consente di eliminare l'eccesso di Aβ. Ma, con l'invecchiamento dei topi, questo processo ha iniziato a malfunzionare - specialmente in quei topi con due copie del gene apoE4, ma anche nei topi con due copie di apoE3. Con 'aumento dei livelli di proteina apoE, l'Aβ ha iniziato ad accumularsi. Ma nei topi mutati per avere una sola copia del gene apoE (apoE3 o apoE4) i livelli di proteina apoE si sono dimezzati e l'accumulo di Aβ si è ridotto.
Questi risultati indicano che l'accumulo di Aβ non è associato solo con una variante specifico di apoE, ma è anche legato alla quantità complessiva di proteine apoE prodotte con l'invecchiamento del cervello. "I nostri risultati suggeriscono che la chiave per ridurre l'accumulo di Aβ nel cervello potrebbe essere la riduzione (non l'aumento) dei livelli di proteine prodotte dall'apoE3 o dall'apoE4", ha detto il dottor Huang, che è anche professore associato di neurologia all'Università di California, San Francisco, con la quale è affiliato il Gladstone. "Ci auguriamo che la nostra ricerca possa stimolare nuove terapie che combattono con successo l'Alzheimer a livello molecolare, portandoci un passo avanti in questa malattia mortale".
Altri scienziati che hanno partecipato a questa ricerca a Gladstone comprendono Anna Gillespie, David Walker e Seo Yeon Yoon. Il finanziamento proviene da una varietà di fonti, tra cui il National Institutes of Health.
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Fonte: Materiale dei Gladstone Institutes.
Pubblicato in ScienceDaily il3 aprile 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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