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In effetti, studi hanno trovato che la nostra mente vaga per metà del tempo, distraendosi in pensieri estranei a quello che stiamo facendo: mi sono ricordato di spegnere la luce? Cosa fare per cena?
Un nuovo studio, che ha indagato sui processi mentali alla base di una mente che vaga, riferisce il ruolo della memoria di lavoro, una specie di spazio di lavoro mentale che permette di manipolare vari pensieri contemporaneamente.
Immagina di vedere il tuo vicino che arriva a casa un giorno e programmi un appuntamento a pranzo. Prima di riuscire ad aggiungerlo al calendario, ti fermi a chiudere il rubinetto gocciolante, a dare da mangiare al gatto, e ad aggiungere il latte alla lista della spesa. La capacità che ti consente di conservare le informazioni sul pranzo, nonostante quei compiti estranei, è data dalla memoria di lavoro.
Il nuovo studio, pubblicato online il 14 marzo nella rivista Psychological Science da Daniel Levinson e Richard Davidson dell'Università del Wisconsin-Madison (UW-Madison) e da Jonathan Smallwood del Max Planck Institute for Human Cognitive and Brain Science, riferisce che la capacità della memoria di lavoro di una persona è relativa alla tendenza della sua mente di vagare nel mezzo di un incarico di routine. Levinson, l'autore principale, è studente laureato con Davidson, professore di psicologia e psichiatria, al Center for Investigating Healthy Minds del Waisman Center alla UW-Madison.
I ricercatori hanno chiesto ai volontari di eseguire delle operazioni semplici (premere un pulsante in risposta alla comparsa di una certa lettera su uno schermo, o semplicemente marcare il tempo con il respiro) e hanno confrontato la loro propensione a distrarsi, perdere la concentrazione. "Abbiamo volutamente utilizzato attività che non usano tutta la loro attenzione", spiega Smallwood, "e poi ci siamo chiesti: come impiegano le persone le loro risorse inutilizzate?". Durante lo svolgimento dei compiti, i ricercatori hanno tenuto sotto controllo periodicamente i partecipanti, chiedendo loro se la loro mente era sul compito o stava vagando. Alla fine, hanno misurato la capacità di memoria di lavoro di ciascun partecipante, calcolata in base alla loro capacità di ricordare una serie di lettere sentite, intervallate con domande facili di matematica.
In entrambi i compiti, c'era una chiara correlazione. "Le persone con una maggiore capacità di memoria di lavoro hanno segnalato una mente che vagava di più nel corso di questi semplici compiti", dice Levinson, anche se la loro prestazione nel test non era compromessa. Il risultato è la prima correlazione positiva riscontrata tra la memoria di lavoro e la mente che si distrae e suggerisce che la memoria di lavoro può effettivamente consentire pensieri fuori contesto. "Questo studio sembra suggerire che, quando le circostanze dell'attività non sono molto difficili, le persone che dispongono di ulteriori risorse di memoria di lavoro, le impiegano per pensare a cose diverse da quello che stianno facendo", afferma Smallwood.
È interessante notare che, nelle persone alle quali era stato affidato un compito relativamente semplice ma pieno di distrazioni sensoriali (ad esempio molte lettere di forma simile), è scomparso il legame tra memoria di lavoro e mente che vaga. "Dare la massima attenzione all'esperienza percettiva ha effettivamente equiparato le persone, come se nel passaggio fosse impedito alla mente di vagare", dice Levinson.
La capacità della memoria di lavoro è già stata correlata a misurazioni generali dell'intelligenza, come la lettura e il punteggio di QI. Il presente studio sottolinea quanto sia importante nelle situazioni quotidiane e offre una finestra sul regno dei pensieri, promossi dall'interno, onnipresente ma misterioso. "I nostri risultati suggeriscono che il tipo di pianificazione che la gente fa molto spesso nella vita quotidiana (sul bus, in bicicletta verso il lavoro, sotto la doccia) sono probabilmente supportati dalla memoria di lavoro", dice Smallwood. "Il cervello cerca di allocare le risorse per i problemi più urgenti".
In sostanza, la memoria di lavoro può aiutare a rimanere concentrati, ma, se la mente inizia a vagare, tali risorse sono inviate nella direzione sbagliata e si può perdere di vista l'obiettivo. Molte persone hanno avuto l'esperienza di arrivare a casa senza alcun ricordo del viaggio reale, o di rendersi conto che improvvisamente hanno girato diverse pagine in un libro senza comprendere una qualsiasi delle parole. "E' come se l'attenzione fosse così assorbita dalla mente errante che non ne era rimasta per ricordare l'obiettivo di leggere", dice Levinson. "Dove vaga la mente può essere una indicazione delle priorità di fondo contenute nella memoria di lavoro, consapevolmente o meno. La linea di fondo è che la memoria di lavoro è una risorsa e tutto dipende da come la si usa. Se la priorità è quella di mantenere l'attenzione sull'attività, è possibile utilizzare la memoria di lavoro per fare anche quello".
Levinson sta ora studiando come la formazione attenzionale per aumentare la memoria di lavoro puà interessare i pensieri vaganti, per comprendere meglio la connessione e come si può controllare. "La mente che vaga non lo fa gratis - impiega risorse", dice. "Bisogna decidere come si desidera utilizzare le risorse".
Il lavoro è stato finanziato dall'Istituto Fetzer, dal National Institutes of Health, e dalla Fondazione Roke.
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Fonte: Materiale della University of Wisconsin-Madison, via Newswise.
Riferimento: DB Levinson, J. Smallwood, RJ Davidson. The Persistence of Thought: Evidence for a Role of Working Memory in the Maintenance of Task-Unrelated Thinking. Psychological Science, 2012; DOI: 10.1177/0956797611431465.
Pubblicato in ScienceDaily il 15 marzo 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
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