Un fatto comune tra i soldati che tornano a casa dall'Afghanistan è che esteriormente appaiono in forma. Ma ben presto, è evidente che i loro ricordi non sono buoni come quelli di una volta.
Hanno mal di testa, non riescono a concentrarsi, sono irritabili e spesso depressi. Ben presto, tali sintomi stressano i loro rapporti e la loro vita comincia a cadere a pezzi.
Questa è l'immagine di una persona con lesione cerebrale traumatica (TBI - Traumatic Brain Injury), conosciuta anche come male caratteristico dei soldati di ritorno dall'Afghanistan e dall'Iraq. Ma la cosa ancora più preoccupante è che un nuovo studio dimostra che questi soldati hanno un rischio doppio di insorgenza precoce di demenza e di altre malattie che attaccano il cervello.
Lo studio, condotto dal Dr. Kristine Yaffe (foto) della University of California San Francisco (UCSF), ha analizzato i dati di 281,540 veterani di 55 anni o più. Tra i veterani che hanno riportato un trauma cranico tra il 1997 e il 2000, nel 15 per cento è insorta la demenza sette anni più tardi. Da confrontare con il mero 6,8 per cento dei veterani non-TBI che hanno avuto la demenza.
Le implicazioni sono enormi. Secondo il Pentagono, più di 200 mila soldati hanno subito una lesione cerebrale nel corso degli ultimi 10 anni. Altre fonti citano un numero maggiore. Infatti, si consideri che tra l'intera popolazione americana 1,7 milioni soffrono di qualche forma di trauma cranico ogni anno. La lesione cerebrale traumatica si verifica quando un trauma improvviso provoca danni al cervello; succede quando la testa colpisce improvvisamente e violentemente un oggetto, o quando qualcosa perfora il cranio e entra nel cervello. I soldati subiscono TBI da bombe ed esplosioni, che rappresentano il 59 per cento degli infortuni in questi attacchi.
Un numero crescente di studi mostrano che le lesioni alla testa sono un fattore di rischio per l'Alzheimer e altre forme di demenza. Ad esempio, una singola lesione cerebrale grave da incidente stradale o da caduta raddoppia il rischio di Alzheimer. Entro ore dalla lesione, una proteina chiamata beta-amiloide inizia ad accumularsi nel cervello, creando la caratteristica placca della malattia. Nelle autopsie di soldati con lesioni cerebrali catastrofiche, un terzo ha mostrato questo accumulo. Dall'altra parte, lievi traumi cranici ripetuti portano alla formazione di una diversa proteina chiamata tau. Questa proteina anomala si accumula nelle cellule nervose, intasandole e alla fine uccidendole. Col tempo, distruggono la capacità del cervello di funzionare normalmente, e questa forma di demenza è chiamato encefalopatia traumatica cronica o CTE. Proprio di recente, un giocatore famoso della NFL che soffriva di CTE si è suicidato a causa dei suoi sintomi.
In questo ultimo studio con i veterani, i soldati con trauma cranico potrebbero avere il rischio di sviluppare entrambi i tipi di demenza. Solo negli ultimi due anni l'esercito americano è diventato sensibile ad affrontare e trattare le TBI. Fino ad allora, i soldati hanno condiviso storie di non essere creduti e non essere curati. Lo studio della Yaffe è in grado di stimolare gli scienziati a verificare se un trattamento precoce dopo un trauma cranico può prevenire l'insorgenza di demenza in futuro. E possono anche studiare perché le lesioni cerebrali inducono un accumulo di proteine dannose. Lo studio risponde a uno altro scopo importante: creare una maggiore consapevolezza sulle TBI in modo che i soldati di ritorno non debbano combattere per il trattamento di cui hanno bisogno.
*************************
Cosa pensi di questo articolo? Ti è stato utile? Hai rilievi, riserve, integrazioni? Conosci casi o ti è successo qualcosa che lo conferma? o lo smentisce? Puoi usare il modulo dei commenti qui sotto per dire la tua opinione. Che è importante e unica.
************************
Scritto da Norbert Herzog & David Niesel, scenziati biomedici del Medical Branch dell'University of Texas di Galveston; curatori del programma settimanale radio e in stampa Medical Discovery News che diffonde i progressi medici e scientifici.
Pubblicato in GalvestonDailyNews il 13 marzo 2012 - Traduzione di Franco Pellizzari.
Copyright: Tutti i diritti di eventuali testi o marchi citati nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non dipende da, nè impegna l'Associazione Alzheimer onlus di Riese Pio X. I siti terzi raggiungibili da eventuali links contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari proposti da Google sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.
Sostieni l'Associazione; una donazione, anche minima, ci aiuterà ad assistere malati e famiglie e continuare ad informarti. Clicca qui a destra: |