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Svelare la proteostasi, nuova frontiera nella lotta alle neurodegenerazioni come l'Alzheimer

proteostasis Image by Freepik

Degli scienziati hanno scoperto un potente alleato nella lotta contro le malattie neurodegenerative: un complesso nucleolare con un ruolo fondamentale nel mantenere la salute cellulare attraverso l'omeostasi delle proteine ​​(proteostasi), che permette alle cellule di mantenere l'equilibrio e il corretto funzionamento delle loro proteine.


Sopprimendo questo complesso, i ricercatori hanno dimostrato che è possibile ridurre drasticamente gli effetti tossici delle proteine ​​che causano il morbo di Alzheimer (MA), aumentando le difese naturali della cellula attraverso una degradazione migliore delle proteine ​​pericolose.


Questo meccanismo regola la proteostasi nei vari tessuti modulando la segnalazione TGF-β, un percorso coinvolto nella crescita cellulare, nella differenziazione e nell'omeostasi dei tessuti. Questa svolta apre nuove entusiasmanti possibilità per lo sviluppo di nuove terapie che potrebbero rallentare o addirittura prevenire malattie come il MA, offrendo speranza per un futuro di sano invecchiamento.


Con l'età, inizia a vacillare l'intricato equilibrio dell'omeostasi delle proteine ​​(proteostasi), il sistema che mantiene la salute cellulare assicurando che le proteine ​​si pieghino correttamente. Questo declino porta all'accumulo di aggregati proteici tossici, un segno distintivo e una causa sottostante di malattie neurodegenerative come il MA.


Un nuovo studio guidato dai ricercatori della Hebrew University di Gerusalemme (Israele), il prof. Ehud Cohen e il dottorando Huadong Zhu del Dipartimento di Biochimica e Biologia Molecolare dell'Institute for Medical Research Israel - Canada (IMRIC), in collaborazione con il laboratorio del dott. Yonatan Tzur dell'Alexander Silberman Institute of Life Science, ha fatto luce su un nuovo modo promettente per affrontare questo problema, con implicazioni che si estendono ben oltre la ricerca di base.


Lo studio ha scoperto che il complesso nucleolare FIB-1-NOL-56 è un attore centrale nella regolazione della proteostasi a livello di cellula e di organismo. Sopprimendo l'attività di questo complesso in organismi modello (nematodi = vermi), il team ha osservato una marcata riduzione degli effetti tossici del peptide amiloide-beta (Aβ) associato al MA e di un'altra proteina che causa la malattia.


Questa scoperta non solo approfondisce la nostra comprensione di come il corpo gestisce lo stress cellulare, ma offre anche speranza per trattamenti futuri che potrebbero ritardare o prevenire una miriade di malattie neurodegenerative devastanti.


"I nostri risultati vanno oltre il banco di laboratorio", spiega il prof. Cohen. “Le malattie neurodegenerative colpiscono milioni di persone in tutto il mondo, con un impatto su famiglie e caregiver. Scoprendo come le cellule comunicano per mantenere l'integrità delle proteine, apriamo le porte allo sviluppo di approcci terapeutici preventivi che potrebbero ritardare l'insorgenza della malattia e migliorare significativamente la qualità della vita degli anziani".


Questa ricerca ha una rilevanza del mondo reale che è difficile da ignorare. Le malattie neurodegenerative come il MA toccano quasi ogni famiglia, colpendo non solo i pazienti ma anche i loro cari. La capacità di rallentare o prevenire queste condizioni potrebbe dare momenti più significativi insieme ai genitori che invecchiano, meno crisi sanitarie e un periodo di indipendenza più lungo per milioni di anziani.


Mentre il team guarda avanti alla traduzione di queste scoperte in trattamenti, il potenziale per migliorare la vita di innumerevoli persone diventa sempre più chiaro. Con una ricerca continua, questo approccio potrebbe portare a un futuro in cui l'invecchiamento non si identifica più con lo spettro della malattia neurodegenerativa.

 

 

 


Fonte: Hebrew University of Jerusalem via EurekAlert! (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.

Riferimenti: H Zhu, [+6], E Cohen. A nucleolar mechanism suppresses organismal proteostasis by modulating TGFβ/ERK signalling. Nat Cell Biol, 2025, DOI

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Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.


 

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