Le microglia sono cellule immunitarie specializzate nel cervello. Sebbene di norma proteggano il nostro cervello, possono anche contribuire a malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer (MA). Il meccanismo esatto alla base di questo contributo non è ancora del tutto chiaro a causa delle complessità coinvolte nel loro studio nei campioni di cervello umano.
Ora, un gruppo di ricerca guidato dal Prof. Bart de Strooper (UK-DRI@UCL e VIB-KU Leuven) e dal Prof. Renzo Mancuso (Vib-UAntwerp) ha realizzato un modello di xenotraptianto, topi con microglia umane derivate da cellule staminali nel loro cervello per osservare come le microglia umane rispondono all'ambiente della malattia. Le loro scoperte, pubblicate su Nature Neuroscience, aiuteranno gli scienziati a comprendere meglio i complessi meccanismi coinvolti nel MA.
Il MA è un disturbo neurodegenerativo complesso e progressivo che colpisce milioni di persone in tutto il mondo. L'OMS prevede il triplo dei casi entro il 2050, evidenziando l'urgente necessità di nuovi trattamenti. Le microglia, le cellule immunitarie del nostro cervello, sono responsabili della pulizia dei detriti e della risposta all'infiammazione nel cervello.
Gli scienziati studiano queste cellule nel MA, perché hanno un ruolo centrale nella malattia, specialmente nell'accumulo e nella risposta iniziale alle placche di amiloide-β (Aβ), un segno distintivo della malattia. Le microglia reagiscono alle placche in quanto sono percepite come estranee al cervello, rendendole guide principali della neuroinfiammazione che caratterizza il MA.
Studiare queste cellule nei campioni di cervello umano post-mortem può essere difficile a causa delle differenze genetiche tra le persone, del tempo tra morte ed esame e per la presenza di altri disturbi cerebrali. In effetti, studi sui campioni di cervello post mortem umani hanno mostrato risultati contrastanti sulla reazione delle microglia. Inoltre, non è possibile testare gli effetti dei farmaci sul cervello post mortem.
Questo è il motivo per cui i primi autori dello studio, il dott. Nicola Fattorelli e la dott.ssa Anna Martinez Muriana, insieme ai loro colleghi del Center for Brain & Disease Research (VIB-KU Leuven), del Center for Molecular Neurology (VIB-UAntwerp) e dell'UK Dementia Research Institute, hanno sviluppato un modello unico di topo.
Questo modello di xenotrapianto è geneticamente progettato per imitare gli accumuli di placca Aβ osservati nell'uomo con MA e può ricevere il trapianto di microglia umane derivate da cellule staminali. In precedenza, un modello simile era in grado di mostrare come muoiono i neuroni umani trapiantati nel MA. Ora, questo approccio ha permesso ai ricercatori di indagare sulla risposta delle microglia umane alle placche amiloidi nel corso della malattia.
Risposte microgliali al MA
Gli scienziati hanno scoperto che le microglia umane hanno una risposta immunitaria molto più complessa all'Aβ rispetto alle loro controparti dei roditori. Le microglia umane hanno anche una diversa transizione genetica dallo stato normale a quello reattivo.
"Ciò potrebbe avere implicazioni per lo sviluppo di trattamenti", afferma il professor Renzo Mancuso, primo autore dello studio e leader di gruppo al Centro Neurologia Molecolare del VIB-UAntwerp. "I ricercatori devono essere cauti nell'usare modelli di topo per lo studio del MA in sistemi preclinici per il potenziale puntamento terapeutico delle microglia, perché le risposte delle microglia umane potrebbero essere diverse da quelle del topo".
Genetica e intervento precoce
Lo studio ha anche rivelato che diversi fattori di rischio genetico per il MA influenzano il modo in cui le microglia umane rispondono alla malattia. Inoltre, il rischio genetico di MA si è diffuso su diversi stati reattivi delle microglia, dimostrando ulteriormente l'importanza delle microglia nel processo della malattia.
Ciò suggerisce che le future terapie che puntano le microglia devono essere implementate con cura poiché i fattori genetici potrebbero influenzare in modo differenziato i loro stati cellulari e modificare il decorso della malattia in modi imprevedibili. Inoltre, i dati hanno accennato a una possibile interazione tra microglia e forme solubili di Aβ, che appaiono all'inizio della malattia, ben prima della formazione di placche.
Questa interazione potrebbe verificarsi nelle prime fasi del MA e potrebbe potenzialmente influenzare il modo in cui la malattia progredisce. Rimane la domanda se questa risposta microgliale influisce sui neuroni o su altre cellule cerebrali, inducendo le risposte cellulari nel MA che alla fine provoca la neurodegenerazione e cosa significhi per possibili trattamenti. Nel frattempo, questo modello offre una possibilità unica di testare nuovi farmaci contro le microglia umane per il trattamento del MA.
“Nel complesso, questa ricerca è un passo importante verso la comprensione dei meccanismi alla base del MA. Lo studio fornisce nuove intuizioni sui modi complessi in cui le microglia umane rispondono al MA, che potrebbe aiutare i ricercatori a sviluppare migliori trattamenti per la malattia", conclude il professor de Strooper. "I nostri risultati convalidano questo modello di xenotrapianto come potente strumento per studiare la genetica alla base della risposta microgliale nel MA".
Fonte: Vlaams Instituut voor Biotechnologie (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: R Mancuso, [+15], B De Strooper. Xenografted human microglia display diverse transcriptomic states in response to Alzheimer’s disease-related amyloid-β pathology. Nature Neuroscience, 2024, DOI
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