Analizzando i cambiamenti nell'espressione epigenomica e genica che avvengono nell'Alzheimer, dei ricercatori hanno identificato percorsi cellulari che potrebbero diventare nuovi bersagli farmacologici.
Nella speranza di scoprire nuovi obiettivi per potenziali trattamenti del morbo di Alzheimer (MA), ricercatori del MIT di Boston hanno eseguito la più ampia analisi dei cambiamenti genomici, epigenomici e trascrittomici che avvengono in ogni tipo di cellula del cervello dei pazienti.
Lavorando su oltre 2 milioni di cellule di oltre 400 campioni cerebrali post mortem, i ricercatori hanno analizzato il modo in cui l'espressione genica si interrompe durante il progredire del MA. Hanno anche monitorato i cambiamenti nelle modifiche epigenomiche delle cellule, che aiutano a determinare quali geni si attivano o si disattivano in una particolare cellula. Insieme, questi approcci offrono il quadro più dettagliato delle basi genetiche e molecolari del MA.
I ricercatori riferiscono le loro scoperte in una serie di 4 studi apparsi su Cell, guidati da Li-Huei Tsai, direttrice del Picower Institute for Learning and Memory del MIT, e da Manolis Kellis, professore di informatica nel laboratorio di informatica e intelligenza artificiale del MIT e membro del Broad Institute of MIT e di Harvard.
"Quello che abbiamo deciso di fare è stato mettere insieme la nostra esperienza computazionale e biologica e dare uno sguardo imparziale al MA su una scala senza precedenti di centinaia di individui, una cosa mai fatta prima", afferma Kellis.
I risultati suggeriscono che un'interazione di cambiamenti genetici ed epigenetici si alimentano l'uno con l'altro per guidare le manifestazioni patologiche della malattia.
"È un processo multifattoriale", afferma la Tsai. "Questi studi insieme usano approcci diversi che ci danno un quadro convergente del MA in cui i neuroni colpiti hanno difetti nel loro genoma 3D, e questo è causa di molti dei fenotipi della malattia che vediamo".
Molti sforzi per sviluppare farmaci per il MA si sono concentrati sulle placche amiloidi che si sviluppano nel cervello dei pazienti. Nel nuovo gruppo di studi, il team del MIT ha cercato di scoprire altri possibili approcci, analizzando le guide molecolari della malattia, i tipi di cellule che sono i più vulnerabili e i percorsi biologici sottostanti che guidano la neurodegenerazione.
A tal fine, i ricercatori hanno eseguito analisi trascrittomiche ed epigenomiche su 427 campioni cerebrali del Religious Orders Study/Memory and Aging Project, uno studio longitudinale che monitora i cambiamenti della memoria, motori e altri legati all'età fin dal 1994. Questi campioni includevano 146 persone senza declino cognitivo, 102 con lieve compromissione cognitiva e 144 con diagnosi di demenza legata al MA.
1. Una interazione complessa
Nel 1° studio su Cell, focalizzato sui cambiamenti di espressione genica, i ricercatori hanno usato il sequenziamento dell'RNA a cella singola per analizzare i modelli di espressione genica di 54 tipi di cellule cerebrali di questi campioni e hanno identificato le funzioni cellulari che sono state maggiormente colpite nei pazienti di MA. Tra i più importanti, hanno trovato disabilità nell'espressione dei geni coinvolti nella funzione mitocondriale, nella segnalazione sinaptica e nei complessi proteici necessari per mantenere l'integrità strutturale del genoma.
Questo studio di espressione genica, che è stato condotto da Hansruedi Mathys (ex postodottorato del MIT), dalla dottoranda Zhuyu (Verna) Peng e dall'ex dottorando Carles Boix, hanno scoperto anche che i percorsi genetici legati al metabolismo lipidico erano altamente interrotti. In un lavoro pubblicato su Nature lo scorso anno, i laboratori di Tsai e Kellis avevano mostrato che il rischio genetico più forte per il MA (l'ApoE4) interferisce con il normale metabolismo lipidico, e può quindi portare a difetti in molti altri processi cellulari.
Nello studio guidato da Mathys, i ricercatori hanno anche confrontato i modelli di espressione genica nelle persone che hanno alterazioni cognitive e in coloro che non le hanno, inclusi alcuni che sono rimasti acuti nonostante avessero un certo grado di accumulo di amiloide nel cervello, un fenomeno noto come resilienza cognitiva. Tale analisi ha rivelato che le persone cognitivamente resilienti avevano popolazioni più grandi di 2 sottoinsiemi di neuroni inibitori nella corteccia prefrontale. Nelle persone con demenza legata al MA, quelle cellule sembrano essere più vulnerabili alla neurodegenerazione e alla morte cellulare.
"Questa scoperta suggerisce che popolazioni specifiche di neuroni inibitori potrebbero essere cruciali per mantenere la funzione cognitiva anche in presenza della patologia di MA", afferma Mathys. "Il nostro studio individua questi specifici sottotipi di neuroni inibitori come bersaglio cruciale per la ricerca futura e ha il potenziale di facilitare lo sviluppo di interventi terapeutici volti a preservare le capacità cognitive nelle popolazioni che invecchiano".
2. Epigenomica
Nel 2° studio su Cell, guidato da Xushen Xiong, Benjamin James e Carles Boix, i ricercatori hanno esaminato alcuni dei cambiamenti epigenomici che si sono verificati in 92 persone, 48 sani e 44 con MA in fase iniziale o avanzata. I cambiamenti epigenomici sono alterazioni delle modifiche chimiche o dell'imballaggio del DNA che influenzano l'uso di un particolare gene all'interno di una data cellula.
Per misurare tali cambiamenti, i ricercatori hanno usato una tecnica chiamata ATAC-Seq, che misura l'accessibilità dei siti in tutto il genoma con risoluzione a cellula singola. Combinando questi dati con quelli del sequenziamento dell'RNA a cellula singola, i ricercatori hanno collegato le informazioni su quanto un gene è espresso con i dati su quanto è accessibile. Hanno anche iniziare a raggruppare i geni in circuiti regolatori che controllano funzioni cellulari specifiche come la comunicazione sinaptica - il modo principale in cui i neuroni trasmettono i messaggi in tutto il cervello.
Usando questo approccio, i ricercatori hanno tracciato i cambiamenti nell'espressione genica e nell'accessibilità epigenomica che si verificano nei geni che in precedenza sono stati collegati con il MA. E hanno identificato i tipi di cellule che avevano più probabilità di esprimere questi geni legati alla malattia, scoprendo che molti di essi sono presenti più spesso nelle microglia, le cellule immunitarie responsabili della pulizia dei detriti dal cervello.
Questo studio ha anche rivelato che, quando Il MA progredisce, ogni tipo di cellula nel cervello subisce un fenomeno noto come erosione epigenomica, il che implica che si perde il modello normale delle cellule di siti genomici accessibili, contribuendo così alla perdita di identità cellulare.
3. Il ruolo delle microglia
Nel 3° studio su Cell, guidato da Na Sun e da Matheus Victor, i ricercatori si sono concentrati principalmente sulle microglia, che rappresentano il 5-10% delle cellule nel cervello. Oltre a eliminare i detriti dal cervello, queste cellule immunitarie rispondono anche a lesioni o infezioni e aiutano i neuroni a comunicare tra loro.
Questo studio si basa su uno precedente del 2015 di Tsai e Kellis dove avevano scoperto che molte delle varianti dello studio di associazione del genoma (GWAS) associate al MA sono più attive nelle cellule immunitarie come le microglia, rispetto ai neuroni e ad altri tipi di cellule cerebrali.
Nel nuovo studio, i ricercatori hanno usato il sequenziamento dell'RNA per classificare le microglia in 12 stati diversi, sulla base di centinaia di geni che sono espressi a livelli diversi durante ogni stato. Hanno anche dimostrato che man mano che la malattia avanza, sempre più microglia entrano in uno stato infiammatorio. Il laboratorio della Tsai ha anche dimostrato che quando c'è più infiammazione nel cervello, la barriera emato-encefalica inizia a degradarsi e i neuroni iniziano ad avere difficoltà a comunicare tra loro.
Allo stesso tempo, un minor numero di microglia nel cervello di MA passano in uno stato che promuove l'omeostasi e aiutano il cervello a funzionare normalmente. I ricercatori hanno identificato i fattori di trascrizione che attivano i geni che mantengono le microglia in quello stato omeostatico e il laboratorio della Tsai sta ora esplorando i modi per attivare quei fattori, nella speranza di trattare il MA programmando le microglia che inducono infiammazione a tornare allo stato omeostatico.
4. Danno al DNA
Nel 4° studio su Cell, guidato dal ricercatore del MIT Vishnu Dileep e da Boix, i ricercatori hanno esaminato come il danno al DNA contribuisce allo sviluppo del MA. Precedenti lavori del laboratorio di Tsai avevano dimostrato che il danno al DNA può apparire nei neuroni molto prima che appaiano i sintomi della malttia. Questo danno è in parte una conseguenza del fatto che durante la formazione della memoria, i neuroni creano molte rotture del DNA a doppio filamento. Queste rotture vengono prontamente riparate, ma il processo di riparazione può diventare difettoso quando i neuroni invecchiano.
Questo 4° studio ha scoperto che più danni si accumulano al DNA nei neuroni, più diventa difficile per loro riparare il danno, portando a rimaneggiamenti del genoma e a difetti di piegatura 3D.
"Quando hai molti danni al DNA nei neuroni, nel tentativo di rimettere insieme il genoma, le cellule commettono errori che causano rimaneggiamenti", afferma Dileep. "L'analogia che mi piace usare è se hai una crepa in un'immagine, puoi facilmente rimetterla insieme, ma se la mandi in frantumi e provi a rimetterla insieme, commetterai errori".
Questi errori di riparazione portano anche a un fenomeno noto come fusione genica, che si verifica quando ci sono rimaneggiamenti tra i geni, e che porta alla loro disregolazione. Accanto a difetti nella piegatura del genoma, questi cambiamenti sembrano avere un impatto prevalente sui geni relativi all'attività sinaptica, che probabilmente contribuisce al declino cognitivo osservato nel MA.
I risultati aumentano le possibilità di trovare modi per migliorare le capacità di riparazione del DNA dei neuroni, e rallentare la progressione del MA, affermano i ricercatori. Inoltre, il laboratorio di Kellis ora spera di usare algoritmi di intelligenza artificiale come modelli di linguaggio proteico, reti neurali grafiche e modelli di grandi dimensioni per scoprire farmaci che potrebbero puntare alcuni dei geni chiave che i ricercatori hanno identificato in questi studi.
I ricercatori sperano anche che altri scienziati usino i loro dati genomici ed epigenomici. "Vogliamo che il mondo usi questi dati", afferma Kellis. "Abbiamo creato depositi online in cui le persone possono interagire con i dati, possono accedervi, visualizzarli e condurre analisi al volo".
Fonte: Anne Trafton in Massachusetts Institute of Technology (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti:
- H Mathys, [+29], M Kellis, Li-Huei Tsai. Single-cell atlas reveals correlates of high cognitive function, dementia, and resilience to Alzheimer’s disease pathology. Cell, 28 Sep 2023, DOI
- X Xiong, [+14], Li-Huei Tsai, M Kellis. Epigenomic dissection of Alzheimer’s disease pinpoints causal variants and reveals epigenome erosion. Cell, 28 Sep 2023, DOI
- N Sun, [+17], M Kellis. Human microglial state dynamics in Alzheimer’s disease progression. Cell, 2023, DOI
- V Dileep, [+9], M Kellis, Li-Huei Tsai. Neuronal DNA double-strand breaks lead to genome structural variations and 3D genome disruption in neurodegeneration. Cell, 28 Sep 2023, DOI
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