I disturbi del sonno possono essere un primo segno del morbo di Alzheimer (MA). Molte persone, che alla fine avranno la diagnosi di MA, iniziano a provare difficoltà ad addormentarsi e a dormire anni prima che emergano problemi cognitivi, come la perdita di memoria e la confusione. È un ciclo vizioso: il MA comporta cambiamenti nel cervello che interrompono il sonno, e il cattivo sonno accelera i cambiamenti dannosi nel cervello. I ricercatori della Washington University di St. Louis hanno identificato un possibile modo per rompere quel ciclo.
Un piccolo studio di due notti, pubblicato il 20 aprile su Annals of Neurology, ha dimostrato che le persone che hanno preso un sonnifero prima di andare a letto hanno avuto un calo dei livelli delle proteine chiave di MA, che è un buon segno, perché livelli più alti di tali proteine si accompagnano al peggioramento della malattia. Lo studio, che ha comportato un aiuto al sonno chiamato suvorexant (Belsomra), già approvato dalla FDA per l'insonnia, suggerisce il potenziale dei farmaci per il sonno di rallentare o fermare la progressione del MA, sebbene sia necessario molto più lavoro per confermare la fattibilità di tale approccio.
“Questo è uno studio piccolo di concetto, e quindi sarebbe prematuro per le persone che sono preoccupate di sviluppare il MA interpretarlo come un motivo per iniziare a prendere il suvorexant ogni notte", ha dichiarato l'autore senior Brendan Lucey MD, professore associato di neurologia e direttore del Sleep Medicine Center della Washington University. "Non sappiamo ancora se l'uso a lungo termine è efficace per evitare il declino cognitivo, e se lo è, a quale dose e per chi. Tuttavia, questi risultati sono molto incoraggianti. Questo farmaco già disponibile ha dimostrato di essere sicuro, e ora abbiamo prove che influenza i livelli di proteine che sono fondamentali per guidare il MA".
Il suvorexant appartiene a una classe di farmaci per l'insonnia noti come dual orexin receptor antagonists (antagonisti del recettore di entrambe le orexine). L'orexina è una biomolecola naturale che promuove la veglia: quando si blocca, le persone si addormentano. Tre inibitori dell'orexina sono stati approvati dalla FDA e altri sono in cantiere.
Il MA parte quando nel cervello si accumulano placche della proteina amiloide-beta; dopo anni di tale accumulo, una seconda proteina cerebrale, la tau, forma grovigli tossici per i neuroni. Le persone con MA iniziano a sperimentare sintomi cognitivi come la perdita di memoria più o meno nel momento che diventano rilevabili i grovigli di tau.
Lucey e colleghi sono stati tra i primi a mostrare nelle persone che la carenza di sonno è legata a livelli più alti di amiloide e tau nel cervello. Resta la domanda se il buon sonno abbia l'effetto opposto (riduzione dei livelli di amiloide/tau e blocco o inversione della progressione del MA) ma gli studi sui topi con gli inibitori dell'orexina sono promettenti.
Come primo passo per valutare l'effetto degli inibitori dell'orexina sulle persone, Lucey e colleghi hanno reclutato 38 persone da 45 a 65 anni di età senza deterioramento cognitivo per partecipare a uno studio sul sonno di due notti. Alle ore 21 è stata somministrata a 13 partecipanti una dose bassa (10 mg) di suvorexant, a 12 persone una più elevata (20 mg) e ai rimanenti 13 un placebo, e poi tutti sono andati a dormire in un'unità di ricerca clinica della Washington University.
I ricercatori hanno prelevato una piccola quantità di liquido cerebrospinale attraverso un prelievo spinale ogni 2 ore per 36 ore, iniziando un'ora prima che fosse somministrato il sonnifero o il placebo, per misurare come cambiavano i livelli di amiloide e tau nel giorno e mezzo successivo.
Nel fluido cerebrospinale delle persone che avevano ricevuto la dose elevata di suvorexant, i livelli di amiloide sono scesi dal 10% al 20% e quelli della tau iperfosforilata sono scesi dal 10% al 15%, rispetto alle persone che avevano ricevuto il placebo. Entrambe le differenze sono statisticamente significative. Non c'era una differenza significativa tra le persone che hanno ricevuto una dose bassa di suvorexant e coloro che hanno ricevuto il placebo.
Nelle 24 ore dopo la prima dose, i livelli di tau iperfosforilata erano aumentati mentre i livelli di amiloide sono rimasti bassi nel gruppo di dose alta rispetto al gruppo placebo. Una seconda dose di suvorexant, somministrata la seconda notte, ha abbassato di nuovo i livelli di entrambe le proteine nelle persone nel gruppo di dose alta.
"Se riuscissimo ad abbassare l'amiloide ogni giorno, crediamo che l'accumulo di placche amiloidi nel cervello diminuirà nel tempo", ha detto Lucey. "E la tau iperfosforilata è molto importante nello sviluppo del MA, perché è associata alla formazione di grovigli tau che uccidono i neuroni. Se riesci a ridurre la fosforilazione della tau, potenzialmente si formerebbero meno grovigli, e morirebbero meno neuroni".
Lo studio è preliminare, poiché ha esaminato solo l'effetto di due dosi del farmaco in un piccolo gruppo di partecipanti. Lucey sta eseguendo studi per valutare gli effetti più a lungo termine degli inibitori dell'orexina nelle persone a maggior rischio di demenza:
"Gli studi futuri devono comprendere persone che assumono questi farmaci per mesi, almeno, e misurare l'effetto su amiloide e tau nel tempo. Studieremo anche partecipanti che sono più anziani e potrebbero essere ancora cognitivamente sani, ma che hanno già placche di amiloide nel cervello. Questo studio ha coinvolto partecipanti sani di mezza età; i risultati possono essere diversi in una popolazione anziana.
"Spero che alla fine svilupperemo farmaci che sfruttano il legame tra sonno e MA per prevenire il declino cognitivo. Non siamo ancora del tutto lì. A questo punto, il miglior consiglio che posso dare è di dormire bene la notte se si può, e se non si può, vedere uno specialista del sonno e far trattare i problemi del sonno".
Fonte: Tamara Bhandari in Washington University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: BP Lucey, ...[+10], RJ Bateman. Suvorexant Acutely Decreases Tau Phosphorylation and Aβ in the Human CNS. Annals of Neurology, 2023, DOI
Copyright: Tutti i diritti di testi o marchi inclusi nell'articolo sono riservati ai rispettivi proprietari.
Liberatoria: Questo articolo non propone terapie o diete; per qualsiasi modifica della propria cura o regime alimentare si consiglia di rivolgersi a un medico o dietologo. Il contenuto non rappresenta necessariamente l'opinione dell'Associazione Alzheimer OdV di Riese Pio X ma solo quella dell'autore citato come "Fonte". I siti terzi raggiungibili da eventuali collegamenti contenuti nell'articolo e/o dagli annunci pubblicitari sono completamente estranei all'Associazione, il loro accesso e uso è a discrezione dell'utente. Liberatoria completa qui.
Nota: L'articolo potrebbe riferire risultati di ricerche mediche, psicologiche, scientifiche o sportive che riflettono lo stato delle conoscenze raggiunte fino alla data della loro pubblicazione.