Saskia Sivananthan, Responsabile della ricerca per l'Alzheimer Society of Canada (ASC), di recente ha affermato che, senza cambiamenti nelle tendenze attuali, il numero di persone con demenza e il numero di persone che si prendono cura di loro "sarà enorme. Investendo nell'affrontare i fattori di rischio modificabili che migliorano la salute del cervello, possiamo iniziare a cambiare e sostituire alcuni di questi numeri".
Non scommettere su queso scenario. Sfortunatamente, gli esperti dell'ASC sembrano parlare solo agli scienziati della vecchia scuola con la loro stessa mentalità, in gran parte inconsapevoli della ricerca sui disturbi neurodegenerativi condotti al di fuori della loro bolla. Secondo il rapporto dell'ASC Navigating the Path Forward for Dementia in Canada (navigare sulla rotta oltre la demenza in Canada), "alcuni fattori di rischio come l'età e la genetica non sono modificabili".
Anche se tutti noi invecchiamo, il modo in cui lo facciamo è modificabile. Conosciamo tutti persone che sembrano e agiscono come se fossero 10 anni più giovani della loro età cronologica e viceversa. Essere attivi, avere molti interessi, seguire una dieta adeguata, dormire bene, visitare il medico per controlli annuali e non trascurare l'igiene orale sono solo alcune delle cose che tutti possiamo fare per invecchiare bene.
Ci sono anche alcune nuove ricerche davvero entusiasmanti sul ringiovanimento. Uno studio dell'Università della California di San Francisco ha dimostrato che esporre un animale anziano al sangue giovane può contrastare e invertire gli effetti preesistenti dell'invecchiamento cerebrale, ringiovanendo la plasticità sinaptica e migliorando la funzione cognitiva.
Questo mi ricorda la pratica grottesca di solito attribuita alla figura storica di Elizabeth Bathory, contessa ungherese e serial killer che ha vissuto dal 1560 al 1614. La Bathory credeva di poter mantenere eterne la giovinezza e la bellezza facendo il bagno nel sangue delle vergini. Macabro, sì, ma forse aveva capito qualcosa?
Tal Iram, una giovane neuroscienziata della Stanford University, ha infuso, anziché sangue, liquido cerebrospinale prelevato da topi giovani in quelli vecchi. Per confronto, un gruppo separato di topi vecchi ha avuto infusioni di liquido cerebrospinale artificiale. Alcune settimane dopo, i topi sono stati esposti a segnali - un tono e una luce lampeggiante - che avevano precedentemente imparato ad associare a una scossa ai piedi. Gli animali che avevano ricevuto l'infusione di liquido cerebrospinale giovane tendevano a restare immobili più a lungo, suggerendo di aver preservato ricordi più forti della scossa originale al piede.
Il rapporto dell'ASC menziona l'isolamento sociale come fattore di rischio, ma non discute la connessione tra isolamento sociale e batteri nel nostro intestino, chiamato microbioma intestinale, al centro di molte ricerche in tutto il mondo. Ad esempio, gli scienziati dell'Università della California-La Jolla hanno scoperto che la solitudine era associata alla mancanza di diversità nel microbioma intestinale.
Dall'altra parte, la saggezza e la compassione erano associate a un microbioma diversificato. Viceversa, i ricercatori hanno affermato che il supporto sociale, la compassione e la saggezza potrebbero conferire protezione dall'instabilità del microbioma intestinale legata alla solitudine. La relazione tra solitudine e diversità microbica era particolarmente forte negli anziani.
La microflora intestinale sana e diversificata può limitare gli effetti negativi dello stress cronico o aiutare a modellare i comportamenti sociali che promuovono la saggezza o la solitudine. È possibile che la solitudine possa comportare una stabilità ridotta del microbioma intestinale e, di conseguenza, resistenza e resilienza ridotte ai disturbi legati allo stress, portando a infiammazione e malattia.
Altre ricerche nuove e sorprendenti della Stanford mostrano che l'accumulo di grovigli neurofibrillari della proteina tau all'interno dei neuroni nel morbo di Alzheimer (MA), nel Parkinson e in altre malattie cerebrali, che è stata considerata il colpevole principale, avviene in realtà in tutte le cellule anziane, non solo in quelle cerebrali.
L'aggregazione delle proteine può essere un fenomeno universale nelle cellule che invecchiano e potrebbe essere coinvolta in molte più malattie dell'invecchiamento di quanto si sospetta. La scoperta indica un nuovo modo di pensare a ciò che va storto nelle cellule mentre invecchiano e, potenzialmente, a nuovi modi per prevenire alcune conseguenze sgradite dell'invecchiamento.
Nel cervello del MA, livelli anormali di proteina amiloide-beta, una proteina naturale, si raggruppano per formare placche che si raccolgono tra i neuroni e interrompono la funzione delle cellule. Le aziende farmaceutiche e i neuroscienziati hanno passato milioni di ore e speso miliardi di dollari cercando di liberare il cervello di queste placche amiloidi.
Ora un nuovo studio apparso su PLOS Biology, di John Mamo della Curtin University di Bentley, in Australia, ha scoperto che le proteine amiloidie prodotte nel fegato, quando sono trasportate nel cervello, possono contribuire in modo significativo alla neurodegenerazione nel cervello. Di conseguenza, sembra logico supporre che il fegato può svolgere un ruolo importante nell'insorgenza o nella progressione della malattia. Qualcuno all'ASC ha sentito parlare di questo?
Il rapporto già citato ci consiglia di avere un sonno di qualità da sei a otto di notte. Buon Consiglio. Ma cosa succede se non è possibile? La maggioranza degli anziani soffre di insonnia. Il motivo potrebbe nascondersi nel loro intestino. Diana Rogulja, assistente prof.ssa di neurobiologia alla Harvard Medical School, ha recentemente scoperto che la privazione del sonno provoca la morte nei moscerini della frutta e nei topi. I cambiamenti letali non si verificano nel cervello ma nell'intestino, attraverso una preponderanza di specie reattive dell'ossigeno (ROS), i radicali liberi. Se i ROS non sono spazzati via dagli enzimi antiossidanti, possono causare danni al DNA, all'RNA e alle proteine e possono portare alla morte delle cellule.
In conclusione, sembra che ci siano molte strade aperte per migliorare la vita delle persone che soffrono di disturbi neurodegenerativi e, a lungo termine, per impedire anche che insorgano. Sfortunatamente, molti scienziati che si occupano di malattie neurodegenerative sono coinvolti troppo profondamente nel loro attuale modello per avviare il cambiamento. Perché ci sia una vera trasformazione il messaggio deve arrivare al pubblico direttamente. La pressione per una riforma deve provenire sia dall'interno che dall'esterno della medicina.
Fonte: Thomas R. Verny MD, ha insegnato alle Università di Harvard, di Toronto, di Yorky e alla St. Mary del Minnesota.
Pubblicato su Psychology Today (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti:
- A Vaccaro et al. Sleep loss can cause death through accumulation of reactive oxygen species in the gut. Cell, 2020, DOI
- TT Nguyen et al. Association of loneliness and wisdom with gut microbial diversity and composition: an exploratory study. Frontiers in psychiatry, 2021, DOI
- Navigating the Path Forward for Dementia in Canada: The Landmark Study Report #1 link
- V Lam et al. Synthesis of human amyloid restricted to liver results in an Alzheimer disease–like neurodegenerative phenotype. PLoS Biology, 2021, DOI
- The buildup of neurofibrillary tangles of tau protein inside neurons in Alzheimer’s, Parkinson’s and other brain diseases which has been assumed was the culprit actually occurs in all aging cells, not just brain cells. link.
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