Uno studio di ricercatori della Columbia University riferisce che il cervello di un piccolo campione di pazienti morti di COVID mostra alcuni degli stessi cambiamenti molecolari presenti nel cervello delle persone con morbo di Alzheimer (MA).
I risultati, pubblicati il 3 febbraio in Alzheimer's & Dementia, potrebbero aiutare a spiegare i problemi di memoria segnalati dai malati di 'Long COVID', sebbene i ricercatori avvertano che lo studio è piccolo, con dati di soli 10 pazienti, e deve essere replicato da altri.
I primi rapporti di 'nebbia cerebrale' e di sintomi cardiaci persistenti nei sopravvissuti COVID hanno spinto i ricercatori della Columbia a indagare su come certe molecole, chiamate recettori della rianodina, sono colpite in questa nuova malattia.
I recettori rianodinici difettosi sono stati implicati in diversi processi patogeni, che vanno dalle malattie cardiache e polmonari alla risposta del cervello allo stress e al MA, come riferito nella ricerca guidata da Andrew Marks MD, preside del Dipartimento di Fisiologia e Biofisica Cellulare della Columbia, che ha guidato il nuovo studio:
"Quando è iniziata la pandemia COVID, come tutti gli altri ero interessato ad aiutare e fare ciò che si poteva. Quello che abbiamo trovato penso davvero che sia abbastanza inaspettato: non solo abbiamo trovato recettori rianodinici difettosi nel cuore e nei polmoni dei pazienti con COVID defunti, li abbiamo trovati anche nel loro cervello".
Cambiamenti molecolari
I recettori rianodinici difettosi dentro i neuroni erano stati collegati in precedenza ad un aumento della tau fosforilata, un segno distintivo noto di MA. Nel nuovo studio, i ricercatori della Columbia hanno trovato livelli elevati di tau fosforilata nel cervello dei pazienti con COVID, oltre ai recettori rianodinici difettosi.
La tau fosforilata è stato trovata nelle aree in cui è in genere presente nei pazienti di MA, oltre che in aree diverse che non vedono la presenza di tau nei pazienti con MA. Ciò suggerisce che la tau fosforilata nei pazienti con COVID potrebbe essere un segno precoce di MA e contribuire anche ad altri sintomi neurologici osservati nei pazienti COVID-19.
Si ritiene che i livelli aumentati di tau fosforilata nel cervello siano collegati ai problemi di memoria nel MA e potrebbero causare problemi simili nelle persone con 'Long COVID', dice Marks.
Sulla base dei risultati, insieme a ulteriori cambiamenti trovati nel cervello, gli investigatori teorizzano che la caratteristica della risposta immunitaria del COVID grave causa infiammazione nel cervello, che a sua volta provoca la disfunzionalità dei recettori della rianodina e poi aumenta nella tau fosforilata. Non sono stati trovati cambiamenti nei percorsi che portano alla formazione di amiloide-beta, un altro segno distintivo del MA.
Direzioni future
"Un'interpretazione di questi risultati è che il 'Long COVID' potrebbe essere una forma atipica di MA e/o che i pazienti che avevano COVID grave potrebbero essere predisposti allo sviluppo del MA in seguito nella vita", afferma Marks, "ma dobbiamo fare molta più ricerca prima di trarre conclusioni definitive".
Se la memoria e i problemi neurologici del 'Long COVID' possono essere rintracciati nei recettori rianodinici difettosi, un aiuto può venire da un farmaco che sta sviluppando Marks. Il farmaco è ora nelle prime fasi di uno studio clinico per trattare una malattia muscolare causata da un difetto ereditato nel recettore rianodinico. Il farmaco è riuscito a riparare il difetto rianodinico quando è stato applicato al tessuto cerebrale dei pazienti COVID.
"La mia più grande speranza è che altri laboratori possano esaminare i nostri risultati, e se convalidati, generare interesse per uno studio clinico per il Long COVID", afferma Marks.
Fonte: Columbia University (> English) - Traduzione di Franco Pellizzari.
Riferimenti: Steve Reiken, Leah Sittenfeld, Haikel Dridi, Yang Liu, Xiaoping Liu, Andrew Marks. Alzheimer's‐like signaling in brains of COVID‐19 patients. Alzheimer's & Dementia, 2022, DOI
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